Recensione Outlander Episodio 311: Uncharted

La cosa più difficile è la decisione iniziale di agire, il resto è solo tenacia. Le paure sono tigri di carta.” (Amelia Earhart). Tra un tuffo e il successivo siamo in dirittura di arrivo di questa Terza Stagione, così calda e caraibica nella seconda parte. E meno male, so che mi attirerò molte lamentele, ma il freddo, buio, grigio e sonnolento clima della Scozia non è esattamente il mio preferito. Che sia benedetta la Gabaldon per questa incursione tra velieri, spiagge bianche, pericoli esotici e altre chicche proprio nel secolo in cui hanno goduto di massimo splendore. Quello di cui ci occupiamo oggi è l’undecimo episodio “Uncharted”. Il quadro iniziale è uno spicchio di oceano, verde come uno smeraldo in cui nuota magnificamente una tartaruga. Scritto da Karen Campbell e Shannon Goss, ha la regia di Charlotte Brandstrom. Riprendiamo le fila, dopo il grido alla “Geronimo!” in versione Claire Fraser, la Nostra galleggia nell’abbraccio limpido dell’oceano, che la porta, catapultandola con un’onda, su una spiaggia raggiunta a nuoto, bracciata dopo bracciata. L’approdo è fortunato, il sacchetto coi panni ha galleggiato e si è arenato prima di lei, così Claire può recuperare oltre alla stazione eretta pure il prezioso fagotto.  La prima occhiata a giro di orizzonte non è rassicurante, nonostante parecchi di noi darebbero qualcosa di buono per stare al posto di Claire, arrivare su un’isola che non si conosce, con il preciso scopo di raggiungere una nave, stando a piedi su una spiaggia bianca non è rassicurante. Qui vi faccio velocemente notare la prima differenza col libro, in questo episodio ce ne sono moltissime, alcune anche parecchio pesanti. Quando Claire arriva, tempo di lamentarsi della sete e scoppia una tempesta, che la costringe ad un lungo giro tra le mangrovie, sbattuta come un relitto. Nell’episodio, invece, la Nostra dopo aver fatto quello che qualunque donna con un po’ di praticità farebbe, ovverosia far asciugare il contenuto del fagotto, ci dice che raggiungere la terraferma è stato un sollievo. Ma di quale terra si trattasse non ne avevo la minima idea. Quasi certamente non era l’isola di Grand Turk. Era troppo grande e io avevo galleggiato in balia del mare per troppo tempo. La cosa peggiore era che non riuscivo a immaginare dove e come avrei potuto ritrovare Jamie. Il suo unico scopo è salvare suo marito. Per questo ha tentato l’impossibile, scappare dal Focena tuffandosi in pieno oceano ed eccola che si addentra nella vegetazione che, a differenza di come ci aspettiamo siano le spiagge caraibiche, ha sassi e piante affatto mediterranee. Di nuovo vestita, si addentra nell’isola. Ci offre una regola dei Tre che, con buona pace dei malpensanti non ha a che vedere con la wicca, ma dice così: Mi ricordai la regola dei tre. Gli esseri umani posso sopravvivere tre minuti senza ossigeno, tre giorni senz’acqua e tre settimane senza cibo. Teniamola a mente quando ci addentreremo in una spedizione, magari da sole. L’unica acqua che la nostra esploratrice trova è contenuta in alcune foglie, ma nonostante la sua ricerca, accompagnata dal canto dell’oceano e del vento e da quello delle cicale, man mano la possibilità di trovare da bere, nonostante la vegetazione quasi salgariana, si fa sempre più rarefatta. E guardiamola questa donna che addentrandosi nel folto della foresta ci ricorda gli eroi di Salgari. Chi lo ha letto rammenterà le vivide descrizioni dei luoghi inaccessibili pieni di piante enormi, esotiche e minacciose. Non così per Claire, ma il pensiero, lo ammetto, data anche la mia età, è volato allo sceneggiato con Kabir Bedi e un groppo di nostalgia mi ha stretto la gola. La Nostra, antesignana delle Giovani Marmotte, invece, si costruisce un riparo di fortuna con un telo e, lì sotto, controlla lo stato dei piedi, feriti dal calore, dallo sfregamento delle scarpe e dalla mancanza di calze, si spoglia, terge il sudore che le incolla addosso le stoffe e in questo c’è un’attenzione tutta particolare della regista per il primo piano. Ce ne sono molti nell’episodio e ognuno denota l’affacciarsi di un’emozione. In questo momento in cui sentiamo solo i rumori di fondo, Claire ci parla con il viso, con i gesti. La regia ci porta con lei nel vagabondare e, ad un tratto, ci sentiremo smarrite esattamente come la Nostra protagonista. Ma torniamo al momento: il viso, il collo, le mani, la fede, un saltare dell’occhio su quanto Claire ci racconta, il disagio del caldo, la sete, il timore di non trovare in tempo Jamie e quello sguardo che scava dentro di noi, esprimendo ben più che disagio, un profondo e deciso senso di solitudine. Il rumore dei tamburi, adoro le musiche di questa seconda parte di stagione, si fa acceso e mentre l’immagine offre una panoramica meravigliosa della fitta foresta dall’alto, trasmettendo nel verde variegato il senso dello smarrimento e della impossibilità di sentirsi superiori ad una Natura che domina incontrastata, Claire vaga stanca nella radura ancora aperta, trovando due pietre che potrà usare dopo. Sembra proprio che qualcuno le abbia fatto un corso di sopravvivenza e, in fondo, questo è plausibile: ricordiamo che lei è vissuta per parecchi anni come una nomade con lo zio archeologo Quentin Lambert amorevolmente chiamato zio Lamb? Qualche nozione non le manca e la vita alla macchia con gli highlander pre Culloden le ha dato il resto. Da lei stessa apprendiamo che continua a esplorare l’interno in cerca di un sentiero, perché “un sentiero indica la presenza di civiltà e conduce sicuramente ad un villaggio. Magari avrei trovato un porto, nella parte opposta dell’isola, dove avrei potuto pagare per un passaggio in Giamaica.” Approvvigionata di legna da bruciare, nella notte che arriva perentoriamente, accende un fuoco con l’aiuto delle pietre, dalle quali strappa a viva forza di ingegno le scintille, usando l’imbottitura del reggi gonna, perdonate ma non conosco il nome dell’elemento. Non è un panier, ma mi informerò. Usato quello, ottiene un bel fuoco al quale sacrifica del tutto il suddetto imbottito e poi usa la legna raccolta. Purtroppo però attratte dal calore del terreno o in fuga da quello, delle formiche si arrampicano lungo le gambe nude di Claire che fa appena in tempo a liberarsene concitatamente, costretta poi a strappare fasce dai propri indumenti per evitare l’infettarsi delle ferite lasciate dall’assalto delle formiche. Non è una donna che si perda d’animo, ma senza mangiare e bere e stanca e priva dei suoi preziosi strumenti e di conoscenza diretta del territorio, si addentra nel fitto della vegetazione e tra il canto degli uccelli, il rumore del vento e la tenacia di non volersi perdere, Claire continua il suo viaggio sempre man mano più spossata. È stata in mare e quello stancherebbe chiunque, non ha riposato in luoghi comodi né si è ristorata in alcun modo. Il caldo, il sole e l’umidità la sovrastano e in una giungla da Jurassic World in versione diciottesimo secolo, in cui mi aspetto quasi una incursione a scaglie, Claire mi dà l’impressione di trovarsi perduta e inerme esattamente come le protagoniste di “Picnic at Hanging Rock” (un meraviglioso film di Peter Weir del 1975, se non lo avete visto, recuperatelo) che sospinte da una forza più grande di loro subiscono la possanza della Natura, che le attira, le avvolge e le fa cadere nel proprio abbraccio. Purtroppo per lei le noci di cocco che trova sono inutili, le altre troppo alte e nella pregevole espressività della bravissima Caitriona ravvisiamo l’essere esausta. Fame, sete e rabbia. Il paradiso (per noi nell’immaginario collettivo è un’isola deserta e tropicale) non esiste, la realtà è sempre diversa. La seconda notte la sorprende in procinto di crollare ai piedi di una pianta gigantesca tra i richiami degli uccelli, in una Natura che non è silenziosa, non è rassicurante né addomesticata. E’ come dovrebbe essere, se stessa. Il risveglio, però, ci porta proprio ad una scena mutuata da squarci salgariani: nello splendore del nuovo giorno un enorme serpente striscia su Claire che, attonita e immobilizzata dal proprio panico, resta ferma lasciandolo passare del tutto. Di nuovo l’uso del primo piano che sostituisce il parlato, con lo sguardo atterrito di Claire che si spiega da sé. I tamburi, le cicale, il flauto ci portano al completo sotterramento di ogni umanità, con le gambe ferite, sempre più assetata Claire vaga come una sonnambula, non si può dire che cammini, fino ad una visione che sembra scaturita dal delirio: un prete che officia nel bel mezzo della foresta tra belati di capre e abbaiare di cane. Non resta che accettare l’inevitabile e, quindi, cadere faccia in avanti, gettando la zavorra della lucidità. La seconda grande differenza con il libro è stata il tagliare la presenza di un personaggio singolare quanto simpatico che è Lawrence Stern, naturalista ebreo che recupera Claire nel groviglio delle mangrovie e la conduce in salvo nella medesima casa dove lei è, quindi, arrivata da sola nella trasposizione filmica. Mi dispiace, sinceramente, pur avendo gustato molto questo episodio, i tagli e i rimaneggiamenti, sicuramente dovuti a esigenze perfettamente giustificate, hanno privato questa parte del senso di meraviglia naturalistico che si gusta nel libro. Inoltre Stern sarebbe stato il collegamento con un personaggio di assoluta importanza che incontreremo dopo. Sic. Procediamo. Claire si risveglia finalmente in un letto ma è legata. La donna che le ha inflitto questa soluzione è assai diversa dal libro, qui più gradevole alla vista se non altro. Chiamata Mamacita, le offre da bere senza aiutarla, la informa in uno spagnolo per niente incline a tradursi in altro modo, che l’ha legata per impedirle di grattarsi, la dove ha messo degli impiastri per guarirle le gambe e le laverà gli indumenti. Si accorge della chiusura lampo ma non sa capire che cosa sia e dopo un’occhiata perplessa, sparisce. È un uomo che accoglie l’ennesimo risveglio di Claire, informandola che è stato Ludo, il cane, a trovarla riversa sul sentiero “l’altro giorno”. Quindi è già passato più di un giorno di permanenza in quella casa. Chi le parla è il prete che ha visto prima di cadere, padre Fogden, che la accoglie nella Hacienda de la Fuente. Il prete la aiuta, la slega e le offre acqua e cibo ma nel darle la prima le raccomanda di fare con calma, così Claire può sorprenderlo informandolo che è un medico. Alla ovvia domanda “un medico donna?”, la Nostra replica che lei proviene dalle Colonie Americane e che lì è normale. Mentendo, in fondo, perché nelle Colonie la vita era esattamente come dappertutto e le donne non godevano di alcun privilegio speciale. Ma padre Fogden le crede. Non solo ma le è grato perché, sostiene, l’arrivo di Claire proprio come santa Brigida ha guarito gli animali e c’è stato un parto sereno, li, a Santo Domingo. Da ciò Claire apprende che c’è un villaggio St Louis du Nord, dal quale prendere una barca da pesca e arrivare a 48 km di distanza a Cap Haitien, con un giorno di cammino al villaggio e due di navigazione verso la Giamaica la nostra medica sarebbe arrivata. Ma la sua determinazione viene frustrata da Coco, niente di più di una noce di cocco che per bocca del prete la mette in guardia contro i Maroons (o Cimarroni), gli schiavi fuggiaschi che dopo la fuga si rifugiano nelle zone più sperdute, tra le colline. Non solo Claire non ha incontrato Maroons, ma nemmeno pirati che, in questa epoca oramai sono nella parabola finale del loro cammino dopo aver flagellato i Caraibi per oltre sessanta anni, con alterne fortune e vicende. Qui siamo proprio nello scenario esatto di ogni ambientazione cinematografica, basti pensare a Jack Sparrow, di pirati caraibici. I quali sono il terzo elemento di differenza con il libro, la dove assaltano la nave e feriscono Claire al braccio, dando modo a Jamie di parlarle del colpo mortale, quello che non senti arrivare, scivolando così su Murtagh che è il foriero di queste nozioni e regalando a noi uno dei pezzi più belli e commoventi della saga, il racconto della morte di Murtagh Fitzgibbons Fraser, qui invece per ovvi motivi (Murtagh è vivo) che si nutrono sia della presenza in vita del padrino che di tagli di costi, chissà, Claire non incontra una delle realtà vive e vegete dei Caraibi: i pirati. La chiacchierata informativa con Coco, però, ci porta a sapere che Mamacita e il prete condividono l’amore per una donna scomparsa: Ermenegilda. Tra una battuta spiacevole e un ringhio, Mamacita offre a Claire la possibilità di lavarsi. Fornita di tunica, telo e sapone, lusso del lusso, Claire si immerge deliziata in una tinozza dove può finalmente pulirsi (vi prego di notare i capelli di Claire), all’aperto ma con un po’ di solitudine, tra i crani rosi e scheletriti delle capre. Il pranzo a base di banana fritta, manioca e fagioli rossi è consumato in un clima teso e strano: quando Claire chiede a padre Fogden il motivo che lo ha condotto a Santo Domingo, lui le rivela che giunto per compiere il suo dovere si è però innamorato di una donna spagnola Ermenegilda Ruiz Alcantara y Meroz, ma le sorprese non finiscono qui. Il prete è chiaramente cattolico (ha fatto il segno della croce) e quindi innamorarsi di una donna, per di più sposata, lo ha costretto alla fuga con lei. Purtroppo però la ragazza, che capiamo essere la figlia di Mamacita, si ammala e muore. Dopo averlo ascoltato, Claire fa appena in tempo a condolersi che il prete si alza per prendere una pipa e offrirle di fumare della Yupa, che è cannabis, fondamentalmente. Sul libro è Stern che commenta questa caratteristica del prete, qui Claire lo apprende da sola. Durante il pranzo l’ostilità di Mamacita per la medica esplode in un alterco con padre Fogden che vorrebbe trattenerla lì mentre la donna e Claire desiderano, e meno male, la stessa cosa: che l’inglese vada via. Pensiamo, per un momento, a queste persone che nel 18° secolo erano andate in cerca di una nuova vita con la beata ignoranza di chi crede di conoscere e avevano trovato un mondo affatto diverso, pieno di pericoli e una vita assai differente. In questo ricadono esattamente tutti i protagonisti del pranzo. Sempre più determinata, Claire si appropria di uno specchio dopo aver controllato il proprio aspetto e, nella conversazione che segue con il prete, toccante e stramba, apprende sia che Mamacita è preoccupata che Fogden possa dimenticare Ermenegilda sia che il prete aiuterà la medica a raggiungere S. Louis Du Nord, se Coco dirà che è il caso. E Coco, maneggiato da Claire, rivestita dei suoi abiti puliti e rammendati, starebbe per dire la sua se Mamacita non urlasse, attirando tutti e due all’esterno. Un marinaio cinese ha ucciso Arabella, una delle capre del prete e l’ha cucinata allo spiedo. Chi sarà questo cinese? Di certo ai Caraibi non doveva essercene una comunità fiorente. Nel dare di che mangiare, in una scena di un realismo crudissimo, agli scarafaggi ecco che padre Fogden rivela che provengono da una caverna giamaicana che è un luogo di potere, dal quale nessuno fa ritorno: Abandawe. Ma è il successivo commento, sui marinai che hanno ucciso Arabella, che mette Claire in agitazione soprattutto sull’uomo cinese. Appreso quel che le serve, con lo sprone della spagnola, la nostra Claire inizia la sua corsa verso la spiaggia.  La musica incalza, Claire vola nella foresta, a differenza dell’andata, ma a noi l’inquadratura successiva porta le sembianze amate di Jamie il Rosso. La quarta differenza con il libro è macroscopica: abbiamo detto che qui Lawrence Stern non c’è per niente ed è una vera perdita. Jamie cerca di raggiungere la moglie sul Focena, aggredisce il capitano Leonard e lo mettono ai ferri. Una volta che è in prigione, riesce a scappare grazie all’aiuto di Annekje, nuota e si trova sull’isola. Viene curato dalla madre dei bambini che lo trovano e, così, riesce a recuperare i suoi, che dovendo calafatare la nave, devono per forza di cose restare a terra. Torniamo all’episodio, nulla di tutto ciò è accaduto, ma Jamie non è solo: con lui c’è Fergus e tutta la ciurma dell’Artemis, che perso il capitano Raines, Warren e Murphy in una tempesta, sta riparando il Trinchetto, un albero della nave. (Queste perdite non ci sono nel libro, anzi Jamie è costretto a fingersi un ufficiale e procedere in modo rocambolesco per riappropriarsi dell’Artemis). Fergus non è affranto dalle perdite umane ma teme che Dio non gli perdoni i pensieri impuri. Non dimentichiamo che lui e Marsali non hanno ancora consumato. Jamie lo rassicura e si avviano a riparare l’alberatura. Hayes e Lesley danno prova di un duetto alla maniera di Angus e Rupert e mentre Jamie chiede a Marsali di riparare le vele (cosa che i marinai sapevano fare bene) Claire corre e corre, sospinta dai tamburi, nel fitto della vegetazione. Ma la corsa impetuosa le causa una ferita al braccio, profonda. Nel libro, quinta differenza, sarà inferta come detto dalla sciabola di un pirata. Intanto sulla spiaggia stanno sgombrando e in modo così efficace che prendono quasi il largo quando Claire arriva, esausta, giusto per vedere la nave che sta andando. Fortunatamente il largo sarà preso a sera, quando la pece sul trinchetto sarà asciutta. Deve essere stata una fan di Archimede, la Nostra oppure dei segnali da torre a torre nel medioevo? Fatto sta che lo specchietto messo in tasca quasi per caso, tra le urla e i segni con le braccia, ha il suo effetto, le riporta il marito sulla spiaggia (che forza in quell’espressione e in quel Claire!). La corsa, l’abbraccio, la musica, ci restituiscono l’afflato di un pathos che, finora, è stato quasi trattenuto e ora esplode del tutto. Si amano, si amano immensamente i due Fraser. I due del duo comico notano che la moglie di MacDubh salta fuori dal nulla, dai posti più impensati e tra loro e Willoughby che suggerisce amabilmente che avrebbero dovuto fare a pezzi il doganiere così da non farlo ritrovare, Claire mette in guardia il marito dall’ambizione del giovane Capitano Leonard, qui perfettamente funzionale al ruolo di villain. Yi Tien Cho la ricuce perfettamente e Jamie ragguaglia sua moglie di aver dato la benedizione al matrimonio tra Fergus e Marsali perché quegli ama la giovane McKimmie esattamente come Jamie ama sua moglie. Le considerazioni sulle tristi vicende che li hanno così provati, da parte di Jamie, e sulla necessità di godere miracolosamente di un momento di gioia, induce sua moglie a chiedergli che cosa intenda e lui, con un’espressione assolutamente sfrontata e deliziosa, replica che si celebrerà un matrimonio. Claire suggerisce di chiedere a padre Fogden di celebrarlo e rabbonito il prete dalle più umili scuse da parte di Yi Tien Cho, con il dono di un paio di galline, ecco che nulla più si frappone alla felicità tra Marsali e Fergus. Ma prima c’è modo per Marsali di esternare le sue paure, le sue speranze e di capire che, in fondo, Claire non è il diavolo, in un inserto intimo tra loro che riassume parti molto più lunghe sul libro in cui le due hanno già iniziato a essere più vicine. Finalmente ci siamo, su una spiaggia di Santo Domingo, tutti tirati a lucido per l’occasione, Marsali Jane Mc Kimmie sta per sposare Fergus. Sul libro la scena è assolutamente gioiosa ed esilarante, mi ha incantata, qui non è da meno così piena di humour, battute e allegria, a iniziare dallo scambio vivace tra Marsali e il prete, su tutte le parti di Fergus, per proseguire sulla replica di quello, che sembra echeggiare il motivo per cui Jamie ama Claire e andare sul prete che chiede a Fergus nome e possessi vari e, qui, ecco un impedimento. Una persona non in salute o con un corpo che non avrebbe potuto assicurare protezione, sostegno e riproduzione, non poteva sposarsi. E, quindi, ecco la consacrazione di una situazione che è vera da venti anni: Jamie dà a Fergus un cognome, qualcosa che possa trasmettere ai suoi figli. Fergus Claudel Fraser può sposarsi, finalmente. Lo sguardo che rivolge a Jamie, incredibilmente grato ed emozionato, è incantevole. Questo attore mi sta piacendo man mano di più nel ruolo di Fergus. La benedizione di padre Fogden sui neo sposi e sulla coppia più inossidabile è stata il giusto coronamento ad una cerimonia breve, divertente e toccante che ha spezzato, di fatto, la lunga catena di tristi eventi. Una volta sulla nave, però, Claire scotta, ha bisogno dell’antibiotico e Jamie le porta la penicillina, mentre lei assapora un magnifico brodo, opera di Yi Tien Cho, che ha corretto il brodo di tartaruga con dello sherry, motivo per cui vediamo Claire assolutamente brilla che guida il marito nel prendere la medicina con la siringa e, in un doppio uso dei termini, assai espliciti se solo fossero sessuali, e del tutto innocui in un gioco di rimandi che anticipa quanto sta per succedere, fare l’iniezione. Ma per quanto si sforzi Jamie è incapace di far del male a Claire, quindi lei deve farla da sola. E, una volta espletato il compito, ha tutta la facoltà di arrembare suo marito sospinta dal calore della febbre, del liquore che le brucia nelle vene e dalla passione che non si spegne mai. La scena che segue è sia piena di fuoco, calda, passionale e densa, sia divertente, alla maniera della Gabaldon che, anche nei momenti più duri o pieni di sentimento, non dimentica mai il suo umorismo, cosa che me la fa amare a livelli assai alti. Qui è il cinese che fa la parte che Stern ha sulla nave nel chiedere notizie di Claire. Ma Yi Tien Cho è un uomo dalla profondissima umanità e i gemiti e le risate gli tendono le labbra in un sorriso carico di comprensione. Ricordo che ridevo, quando la leggevo e anche ora è assai divertente ma, peccato, che il naturalista ebreo non ci sia, mi piaceva assai con la sua totale estraneità al mondo, aperto solo ai suoi studi. Quindi con una nota di passione e di umorismo caldo e vibrante ci prepariamo per sbarcare.

Episodio carico di cambiamenti con il libro, eppure magistralmente condotto. Ho apprezzato molto la regista, davvero, ha dato all’intera puntata una connotazione sentimentale, nel senso più pieno e fiorito del termine, molto forte. I sentimenti, la tenacia di Claire, unica e vera protagonista del tutto, risaltano come nota portante e nello stesso tempo quale sottofondo a ogni scelta, in ogni scena e ogni respiro, grido, gemito o colpo di remo. Qui è l’amore che la fa da padrone, l’amore sponsale, quello di una donna per l’uomo che non ha esitato, nonostante le sia costato moltissimo, a raggiungere con un balzo indietro di duecento anni, immersa fino ai gomiti in ogni sorta di avventura, pronta a saltare ovunque per lui, che sia tra le Pietre o nell’oceano, pronta a raggiungerlo a scapito della propria persona e pronta a arrembarlo per dargli, per donarsi, quell’amore che non deflette mai. La tenacia di Claire, il suo non arrendersi mai ne fanno un’eroina che è assai umana, molto amabile e decisamente simpatica. Claire non è una super donna, si fa male, soffre, geme, si ammala, ma non molla mai. Non getta mai la spugna. Jamie non può non amarla e, difatti, per la moglie prova qualcosa di rasente all’adorazione, non tra divinità, ma tra due persone di carne e sangue. E tanto umorismo. Assolutamente superlativa Caitriona, in un episodio di spiagge, foreste lussureggianti, formiche e serpenti, a suo agio totalmente con una regia sapiente e ricca di pathos. Alla via così, Giamaica arriviamo.

Recensione a cura di Cristina Barberis.

4 Risposte a “Recensione Outlander Episodio 311: Uncharted”

  1. Complimenti per le tue recensioni, sono particolari e spiegano in modo personale gli eventi del racconto filmico. Dai alla narrazione una visione mai banale, mettendo in evidenza aspetti che rendono la lettura ricca di spunti ed interessante. Ho scoperto la serie televisiva e I romanzi della Gabaldon in modo casuale e ne sono stata subito rapita.Sempre in modo casuale ho scoperto le tue splendide recensioni delle precedenti stagioni di Outlander. Mi auguro che questa serie ( con ottimi attori protagonisti e non solo! ) non si fermi alla quarta stagione ma prosegua portando sullo schermo tutti I romanzi che sono così tanto ricchi di eventi storici, personaggi epici, bellissimi ambienti naturali e tanti sentimenti. Sono d ‘ accordo con te, nel dire che I cambiamenti portati alla storia ” impoveriscono ” la ricca trama narrativa creata dalla Gabaldon ma sappiamo che I tempi e le sfumature del romanzo non possono stare tutte in una riduzione cinematografica anche di grande stile come questa. Perciò Outlander nel panorama televisivo rimane sempre un prodotto di ottima fattura! ! Grazie di nuovo per la tua dedizione e passione e buon lavoro.

    1. Margherita prima di ogni cosa benvenuta 🙂 come ci hai trovato? Il tuo “per caso” in che canali è passato?
      Ti ringrazio davvero per quanto esprimi circa la mia narrazione, come ho scritto più volte, per me recensire Outlander che amo dal lontano 1994 è un piacere che non decresce mai, anche quando le mie idee o il mio sentire divergono dalla narrazione filmica ma, come hai giustamente fatto notare, il portare sullo schermo una saga di questa caratura non è assolutamente né semplice né sempre possibile.
      La serie è quanto di più pregevole sia stato prodotto in e per la Tv in questi ultimi dieci anni, dietro c’è un lavoro incredibile a partire dalla pre produzione fino alla recitazione, meriterebbero una maggiore cassa di risonanza e soprattutto tanti premi, giacché i premi recano notorietà e di riflesso una maggiore possibilità di dare vita ad altre stagioni, leggasi sponsor e simili.
      Vedremo come andrà la quarta stagione, che ci porterà in America, in assoluto, eccetto questa parentesi caraibica, la mia preferita quanto a panorama storico. Da quella potremo capire se ci sarà una quinta, come spero 🙂
      La mia passione è rinsaldata anche da quanto leggo, dai commenti e dall’apprezzamento di chi ci segue.
      Quindi mi permetto di ringraziarti e di invitarti a restare con noi.

  2. Cristina grazie per le tue recensioni che condivido appieno !! Ho notato anch’io da lettrice dei libri le differenze ma non importa … Ho gioito della decisione di far vivere Murtagh un personaggio che ho adorato !! La serie e’ stata realizzata benissimo e mi sta dando grandi emozioni ! Aggiungo che darei un 10 e lode s chi ha fatto il casting degli attori !!tutti quanti azzeccati !!

    1. Grazie a te Federica 🙂 e grazie di seguirci! Detto tra noi che Murtagh sia vivo a me fa piacere, solo che avendolo pianto nella saga cartacea, non so, ho sentimenti contrastanti rispetto a questa scelta. Vedremo nella prossima stagione come lo ritroveremo. Il casting è eccezionale, ma l’intera serie, dalla prima stagione è estremamente curata, seguita e condotta.

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