Recensione Outlander Prima Stagione Parte 1

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Siamo arrivati alla prima finale di stagione, siamo rimasti debitamente elettrizzati e anche ansiosamente cotti a puntino, ma quanto, di quello che abbiamo visto, ci ha colpito e come? Iniziamo un breve excursus dei primi otto episodi di questa prima stagione. Seguitemi, sarà un piccolo viaggio che faremo assieme e che ci porta, dritti dritti,  all’esordio. Sappiamo che questa serie è stata fortemente voluta da Mr. Ron D. Moore, che ha tratto le sue meravigliose fatiche dal primo libro della saga scritta da Diana Gabaldon, Outlander, appunto, che da il titolo all’intera serie. Dal libro partono i fili che dispiegano e danno vita agli episodi, il primo dei quali “Sassenach” ci porta in viaggio tra la Scozia del 1945, post seconda Guerra Mondiale e quella del 1743. Ho molto apprezzato che sia stata introdotta la voce narrante di Claire, in questo caso della bravissima Caitriona Balfe, così come nel libro. Siamo condotti per mano nella Scozia post guerra, solo sei mesi dopo, con una grande aderenza al libro, la scelta del cast si è rivelata azzeccatissima e siccome sono solo vent’anni che aspettavo un film/telefilm sulla serie, questa è la puntata che adoro. Aderente al libro, ha, di diverso, solo che il libro inizia a Beltane, il primo maggio, qui lo spostano a Samhain, il 31 ottobre, e il rituale delle donne a Craigh Na Dun assume perciò tutto un altro valore. E’ introdotta benissimo la figura di Frank Randall, quella di Claire è perfettamente aderente ai ns ricordi. Gli sforzi dei coniugi Randall di trascorrere una serena e piccante Luna di Miele sono funestati dalla sparizione di Claire che, per raccogliere delle erbe, si avvicina troppo ad una delle pietre del circolo e da quella è risucchiata, in un portale spazio/temporale, niente di meno che nella Scozia di due secoli prima, arrivando dritta dritta in uno scontro highlander vs Read Coats. Ne esce quasi illesa, è catturata dagli highlander del clan McKenzie che scappano dopo aver rubato bestiame e condotta con loro al Castle Leoch, dopo essersi prodotta nella sistemazione della spalla di uno di loro, tale Jamie, col quale viaggia fino alla mèta. Episodio diretto con mano felice, privo di sbavature, mostra con orgoglio una lucidità impressionante nell’avviare ogni trama. Che poi si dispiega nel secondo episodio “Castle Leoch” nel quale Claire si avvicina sempre di più a Jamie, giacché lo cura, lo ascolta e lo conforta, nel quale è accolta dal laird del clan, Colum McKenzie, come ospite, facciamo la conoscenza della vera anima del castello, la corpulenta e tuttofare mani d’oro Mistress Fitzgibbons, degli uomini che hanno raccolto Claire nel bosco e ci rendiamo conto, che giustificare la presenza di una donna del XX secolo in pieno XVIII è non solo difficile ma anche pericoloso e che il confine tra l’essere creduta una spia e una pazza o una bugiarda è troppo labile. Impegnata a districarsi tra le cure ai fittavoli, tra la moglie del magistrato, Geillis Duncan e il giovane Jamie alle stalle, Claire vede respinto il suo desiderio di andare via proprio da Colum, che non si fida di lei, pur dandole la possibilità di curare tutti loro.  Ho molto apprezzato questo episodio, anche se avrei preferito che la parte di Claire con le cure fosse più approfondita, ma è una sottigliezza, in realtà la produzione resta fedelissima al libro, tranne pochi passaggi, obbligatori, per dare spessore a tutti i personaggi. Tra il fango e lo splendore dei cristalli del 18secolo, tra le erbe pestate e il cuore in gola, tra i pugni presi per salvare una ragazza e la sensazione di essere prigioniere, con una fotografia che eccelle negli interni e paesaggi mozzafiato che danno il respiro di quanto la serie sia diretta e prodotta con mano felice, arriviamo a “The Way Out” in cui Claire e Jamie salvano un ragazzino dalla gogna e in cui Claire stessa cura il nipote di Mistress Fitz, salvandolo dalla morte certa, per avvelenamento. In cui Jamie bacia Laoghaire, fanciullina bionda parente di Mrs Fitz e Claire apprende che dai cerchi di pietra si può tornare indietro e che non avrà vita facile con il sacerdote locale. Un  episodio diretto in maniera perfetta, un gioco a incastri, che porta nel cuore della storia, chi lo guarda, e ci fa toccare con mano quanto difficile sia destreggiarsi tra persone che sanno perfettamente vivere il tempo in cui sono calate mentre chi arriva da fuori, per quanto in presuntivo vantaggio, deve adattarsi subito o soccombere. L’inserto di Tammer è inventato di sana pianta, ma ci aiuta a capire di più Padre Bain, ed è una mossa che ho apprezzato molto perché ci da modo di capire di più e meglio il tempo in cui siamo calati, i personaggi e il loro carattere. Avrei cambiato solo le frequenti incursioni di Geillis, ma perché mi sta antipatica. Antipatia che non muta in “The Gathering” in cui siamo immersi in un momento clou della vita al Castle Leoch, il giuramento al laird. Momento di elevatissima tensione emotiva, perché Jamie, che è per metà McKenzie e per metà Fraser, deve giurare fedeltà ma potrebbe morire per questo sia che lo faccia sia che non accada e trova un espediente geniale per salvarsi la vita, scopre che Claire vuole fuggire e lei scopre che quel ragazzo le diventa sempre più caro, anche se il suo solo desiderio è tornare indietro dall’amato marito, Frank Randall. Episodio sanguigno, commovente, violento, divertente, mi ha entusiasmata alla grande! Inducendomi ad invidiare Claire, in fondo, magari solo per un mese, mi piacerebbe vivere in quella Scozia del 1743. E a voi? Una Scozia che ha paesaggi mozzafiato, che possiamo vedere in “Rent” in cui metà clan parte per la riscossione delle rendite dovute al laird, in  cui facciamo la conoscenza di Mr Ned Gowan, simpatico avvocato al seguito, spontaneo, dei Mackenzie, in cui scopriamo che le cause che conducono le persone ad essere come si mostrano sono molteplici, sia quando si tratta di perorare la causa giacobita sia quando si tratta di restare dignitosamente se stessi e in cui il rapporto tra Jamie e Claire subisce una impennata, in cui capiamo che il mondo in cui si vive ha l’odore del fuoco, il suono degli scherni in  gaelico, il sapore del sangue e di bocconi amari . Un episodio che ho amato molto, perché mi ha messo di fronte ad uno spaccato di vita della Scozia rurale del 1743 davvero notevole. Si fa presto a dire “Seguirei Jamie ovunque”, salvo poi pensarlo sempre al caldo in una locanda o in un castello. Il mondo di Jamie è questo. Ed io l’ho amato intensamente. Un  mondo che diventa rude e violento in “The Garrison Commander” perché Claire è costretta a seguire i Red Coats fino al loro quartier generale, sito su terra McKenzie, in cui subisce la follia di Black Jack Randall, un uomo che non augurerei di incontrare alla mia peggior nemica o al mio ex. In cui capiamo che vivere in Scozia nel 18 secolo non è questa passeggiata e in cui il matrimonio con Jamie, prospettato da Dougal e Ned per salvare Claire da Black Jack è non solo un mezzo valido ma anche gradito. Ho amato e odiato questo episodio, amato, perché adoro la Scozia e gli Scozzesi e odiato, per lo stesso motivo e perché hanno reso in maniera perfetta la stupidità del colonialismo. Una stupidità che diventa invece motivo per tessere una magia in “The Wedding” episodio clou dell’intera stagione,attesissimo dalle schiere di fans, per vedere finalmente tutto quel che Diana Gabaldon ci ha regalato sul libro. Episodio diretto magistralmente da una donna e da un’altra sceneggiato e che colpisce al cuore per la sensualità e per la magia dell’amore, che qui sta per sbocciare. Ho amato molto questo episodio per un motivo semplice: qui i sentimenti vengono resi in maniera magistrale. Avrei cambiato solo alcune cose, tipo l’incursione di Ned Gowan al bordello, sebbene sia divertentissima o la confessione della passione di Dougal per Claire, che sul libro non è così. Ma per il resto: 10 e lode! Un voto che continua a sussistere in “Both Sides Now” in cui il nostro cuore è strappato dal petto per gli incontri, Hugh Munro con i coniugi Fraser, i due disertori inglesi contro i coniugi Fraser e quella corsa disperatissima di Claire, che finalmente, nel tornare indietro con la spedizione che raccoglie fondi, arriva a Craigh Na Dun. Momento strabiliante, di una intensità assoluta e sanguigna che ci porta a sperare l’insperabile (sappiamo tutti che non può andare così) e che mi porta a dire che questo è stato per emozioni e resa dei sentimenti il più bello degli episodi in assoluto, per me, della prima parte. Che cosa avrei cambiato? Poco o nulla. Che cosa avrei aggiunto? Anche meno. Che cosa non mi piace? La mancanza dei sottotitoli per il gaelico. Che cosa mi piace? Tutto! 10 e lode ad attori, regia, produzione, costumisti e scenografi. Se il buongiorno si vede dal mattino, qui siamo certi che splenderà luminoso il sole.

Recensione a cura di Cristina Barberis.

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