Recensione Outlander Episodio 402: Do No Harm

“Do No Harm” è il secondo episodio della Quarta Stagione. Quante volte ce lo hanno detto da piccoli? Non fare danni eh? Interessante che sia proprio questo il monito di apertura di un episodio che, vedremo, ci porterà nel cuore della nuova vita. Dopo il consueto riassunto ecco la sigla: guardate, fate caso, a quante produttrici donne ci sono, mi piace molto. Ci sono nuovi nel cast e, avete fatto notato, l’ultima immagine prima del “quadro” per ogni stagione riguardava sempre Jamie e Claire? Anche qui, loro due che si abbracciano di fronte all’America selvaggia e incontaminata. Una sola immagine parla di più e meglio di tanti capitoli di Storia. Scritto da Karen Campbell ha la regia di Julian Holmes, lo stesso del primo episodio. Dal “quadro” iniziale, una donna della servitù che carica un magnifico orologio, ci spostiamo con il rumore dell’acqua in sottofondo e il canto degli uccellini e spunta per noi, dal buio, il viso corrucciato di Jamie. È l’alba, un giorno grigio di nubi, che riflette anche troppo bene l’umore dei nostri. Lui se ne sta lì a fissare l’acqua del fiume, la scena è quasi idilliaca, pace, uccellini, rumore di acqua, che è stato provato essere uno dei suoni più rilassanti al mondo, quando sua moglie arriva e, in silenzio, lo abbraccia. L’essenza di questo amore che sfida secoli e pericoli è proprio questa: se uno soffre, l’altra soffre, se una sta male, l’altro sta male. Naturalmente, conoscendolo, noi potremmo dire anche prima di lui di che colore sono i demoni che gli si agitano dentro: Jamie non si perdona (Leslie meritava una degna sepoltura), sua moglie replica che non può biasimarsi ma lui insiste e ci fà assaggiare di nuovo la sua rettitudine: non aver fermato Bonnet e i suoi compari vuol dire che altri saranno vittime di quei criminali e James Fraser non si libererà da questo peso. Guardiamolo, quel viso tumefatto dai colpi subiti, gli occhi pieni di dolore, di rabbia, di vergogna. La sentiamo echeggiare nella nostra mente la promessa che lui le fece oltre 24 anni prima di proteggerla sempre, anche col proprio corpo? Spesso Claire tornerà su questa parte dell’intera promessa di nozze proprio perché Jamie la pronunciò intendendola alla lettera. Occhi addolorati, narici dilatate, rabbia, sdegno, labbra serrate. Eccolo Red Jamie, l’intrepido combattente di Culloden, il McDubh di Ardsmuir, Alexander Malcom lo Stampatore. E’ lui, con quel filo scuro che lega uno all’altro e che, adesso, li chiama tutti a sé. Jamie prova vergogna di sé. Siamo in pieno 1767 e se anche oggi non ci perdoniamo di non aver saputo difendere una persona che amiamo da un’aggressione, possiamo mai immaginare che cosa stia soffrendo lui, uomo del diciottesimo secolo, che adora la moglie? Eccola River Run, che emozione, quelle ville coloniali, questa è una delle più belle che abbia mai visto, lungo il fiume, fiera come una perla nel velluto verde, con quei due immensi alberi a far da vedetta, si lascia guardare con tutta la propria opulenza. Il giovane Ian e Rollo stanno bene, il fiato sospeso dalla volta scorsa possiamo rilasciarlo. Adoro Jamie e Claire, come voi, come chiunque legga per la prima volta i romanzi o veda la serie tv. C’è amore, chimica, complicità, tra le pagine e sullo schermo e che cosa poteva dire Jamie se non che è un nullatenente dopo il furto e Claire replicare che non era benestante nemmeno quando si sono sposati? (E io che credevo che mi avessi sposato per le mie ricchezze Sassenach). Il primo sguardo ci cade su una donna che pulisce il portico. E’ nera. Mentre la chiatta si avvicina notiamo, sulla sinistra, altri neri che escono da dietro la casa, vanno a lavorare nei campi. Sono loro il sangue che pulsa nelle vene della ricchezza di Jocasta Cameron. L’incontro con Jocasta è commovente, avevo la gola stretta, la famiglia è qualcosa di forte, possiamo lasciarcela dietro le spalle o viverci a contatto ma resterà sempre dentro di noi, aggrappata con dita tenaci e tornerà su, come un vino troppo giovane, perché il legame familiare non si dimentica. Qualunque sia la forma familiare che si possa vivere è solo uno il legame: l’amore. Grazie al gesto di Ian ci rendiamo conto di una cosa importante cioè che Jocasta Cameron è cieca. E’ il maggiordomo che l’ha accompagnata che la avvisa, sottovoce e lei, che si muove agilmente, non sembra minimamente non vedente, anche se l’assenza di mobilità degli occhi avrebbe potuto far nascere un sospetto. Ian se ne rammarica, ovviamente, ma con lo spirito scozzese che la contraddistingue la donna replica che grazie all’udito finissimo può riconoscere bugie e verità dall’odore (un po’ come fanno i cani) e chiude tutto portandoli in casa. L’entrata è grandiosa, Jocasta, tre volte vedova, è una persona ricca che ha un patrimonio e una reputazione considerevoli. Prima di seguirli, date uno sguardo alle case degli schiavi, sulla destra, un vero e proprio piccolo villaggio, alzandoci a volo d’aquila osserviamo la maestà di questa villa, gli schiavi che, tutti ben vestiti, vanno al lavoro e finalmente entriamo. Vi ricordate la casa parigina di Claire e Jamie? Osservate quella di Jocasta: legno sulle pareti, legno sul pavimento, non grezze tavole, legname pregiato, lavorato, lucidato, che richiede cura e dedizione, tappeti, mobili e divani di lusso, vasi di cristallo con fiori freschi, tendaggi, orologi, quadri. Per noi sembrano quasi “ovvi” vero? Ragioniamo solo per un istante che la totalità di questi oggetti di arredo nascono da mani artigiane, assemblati a mano, anche se, per ipotesi, i pezzi di legno della cassa dell’orologio siano eseguiti con macchinari, la finitura è manuale, il meccanismo stesso dell’orologio è manuale, l’intera cura della casa è eseguita da mani umane. Perché insisto? Perché qui entriamo nel mondo dell’economia, spicciola quanto si vuole, ma un possedimento come questo potrebbe essere mantenuto al meglio, oggi, solo da una persona milionaria. Dove ci porta tutto ciò? Mrs Cameron è si ricchissima ma la sua ricchezza sono quelle persone dritte in piedi, che si comportano esattamente come i soprammobili, ci sono, sono utili, servono, nel senso puro del termine. Torniamo alla discussione: Jamie le racconta dell’aggressione subita, si biasima ma la zia, esattamente come la moglie in precedenza, lo invita a non rammaricarsi per aver visto del buono in Bonnet. Quando i due Fraser dichiarano di non voler costituire un peso per la zia, lei vira subito verso gli affari. Perché sarà non vedente ma ha una mente di prim’ordine e annuncia loro che li introdurrà nelle sue amicizie durante la festa che offrirà in onore del nipote. All’improvviso Ian che entra in casa con Rollo, il quale ha un odore nauseabondo perché si è scontrato con una puzzola, permette a Jocasta di introdurre un personaggio che ho avuto modo di ammirare molto ovverosia il “mountain man” John Quincy Myers. Come detto la scorsa volta, non dirò nulla del libro, sono contenta però che abbiano riallacciato questo filo, questo si. Chi erano questi personaggi? Detti in inglese Trapper, dal loro modo di vita, cioè catturare animali con trappole e rivenderne le pelli (famosi trapper sono stati Kit Carson e David Crockett) negli Stati Uniti erano definiti Uomini delle Montagne o Uomini della Frontiera. Torniamo alla splendida abitazione di Mrs Cameron: i toni della villa sono quel lucido legno scuro, tendente al fuoco del mogano e un blu che ci riporta a frequentazioni parigine. L’incontro di Claire con le due ragazze nella camera è significativo: lei detesta la schiavitù, non riesce ad accettarla in nessuna forma o maniera. Il tentativo di farsi chiamare per nome và a vuoto, ma ottiene di esser chiamata almeno Mrs Claire, invece che Mrs Fraser, come sarebbe corretto e, anche di più, solo “Signora”, dal momento che le cameriere sono schiave, non hanno nessuna facoltà di prendere da sé la benché minima confidenza. Claire resta impietrita di fronte alla radice della ricchezza della zia di Jamie: gli schiavi. Noi sappiamo, per sentito dire, letto o visto, che questi sono trattati più che bene, non sono legati, non sono laceri e nudi, non sono picchiati. Tra gli altri milioni di esseri umani comprati sono dei privilegiati. Ma pur sempre privi di ogni diritto. Dal primo e fondamentale che gli Stati Uniti, qui in germe ancora, porteranno sul petto come un vessillo di orgoglio: la libertà. Myers si presenta adesso, aiutando Ian a pulire Rollo con dell’aceto e nel mentre apre uno squarcio di nuova vita, al giovane Ian che, pure rapito e portato per mezzo mondo fino a quell’orrore di Geillis, resta un ragazzetto delle montagne scozzesi che sa davvero poco. Myers scherza su di sé, sulla barba, sulla (presunta) preferenza delle donne native per gli uomini pelosi (perché secondo voi avevano sempre scelta?) e a domanda del ragazzo scozzese spiega che alcuni Indiani sono amichevoli, da altri è meglio guardarsi, gli parla degli scalpi e Ian fa una considerazione su Campbell e McDonald che, a noi oggi, fa pensare, ma all’epoca era normale e quindi Ian replica che gli Indiani, in fondo, non sono molto diversi dagli Highlanders. Rollo viene immerso per la pulizia e la nostra vista spazia sul lavoro degli schiavi e, di chi, in effetti, li sorveglia. Il Sorvegliante è il braccio armato del padrone, della padrona della tenuta, a volte è una brava persona, a volte no. Se avete letto Radici di Alex Haley o Via col Vento di Margareth Mitchell saprete che gli schiavi non solo devono difendersi da una vita di stenti, spesso, troppo spesso, ma anche dalla violenza dei padroni e dei loro sottoposti. Claire lo sa, lo sa benissimo, quindi la sua disapprovazione non è snobismo o finzione, nasce e si infiamma da quanto conosce e condanna. Jocasta ha centocinquantadue schiavi, vi assicuro che non erano pochi, anche perché per un niente che si fosse speso, e quelli in salute costavano, il numero è elevato. I suoi schiavi lavorano il tabacco, l’indaco, il cotone e ha anche una segheria, oltre alla trementina (che si usava in vari modi, dallo smacchiare la vernice a divenire la famosa pece greca usata da musicisti e ballerine) e mentre Jamie le versa il tè ecco che la discussione si sposta e ci rivela la mentalità di Mrs Cameron sugli schiavi: li compra in gruppi, così non spezza le famiglie, li tratta bene, così sono più produttivi e siccome sono più costosi del bestiame, non vede la necessità di fare diversamente, inoltre, ammette, alcuni sono per lei come degli amici (pensiamo ad Ulisse, onnipresente). Claire obietta che non avendo propriamente libertà di scelta, forse gli schiavi non la penserebbero così. Ma Jocasta come le persone del suo tempo è convinta, in buona fede, di fare del bene ai suoi schiavi. In fondo, e noi lo sappiamo, potrebbero trovarsi molto peggio di così. Ella trova singolare Claire ma Jamie dichiara di amare le peculiarità di sua moglie che si scusa e si allontana nel giardino. Una ulteriore prova di chi sia questa vedova scozzese di fortissima tempra ci è data dall’arrivo del Lt Wolff, responsabile del contratto di fornitura che c’è tra la Marina Britannica in quel luogo e River Run. Le propone di mettere del grano lungo i terreni incolti che abbracciano il fiume ma Jamie, che ha lavorato la terra, ribatte che il grano marcirebbe mentre il riso prospererebbe. Jocasta, che è una donna di affari, trova il suggerimento molto interessante. Il tenente và e Jamie si scusa con la zia, lei replica che Jamie ha diritto ad esprimere il proprio parere, lì dove lei, donna, facendo lo stesso con opinioni non richieste non troverebbe alcuna considerazione benevola. Questa è una donna ricca, ma una povera? Se nemmeno Mrs Cameron può dare colore ai propri pensieri a voce alta, chi può se non un uomo? Teniamolo a mente, perché la zia di Jamie, così simile alla sorella, è tutto fuorché una sciocca. La scena di Phedra che sistema su Claire un abito di Jocasta ci offre uno spaccato di vita familiare (notiamo Phedra che la chiama Miss Jo e la tratta con familiarità? Se la schiava disobbedisse o cagionasse un danno, la padrona la punirebbe. In fondo, mi obietterete, anche Jamie picchiò Claire ma qui le cose sono diverse: lì c’era il tentativo di farle capire, in modo rude, quanto avesse messo in pericolo tutti, qui, invece, c’è la padrona che si comporterebbe come una madre severa pur non essendolo, giacché una madre non vende o non uccide i suoi figli, a meno che non sia povera o disperata). Una scena di vita domestica si diceva una volta, in cui siamo direttamente a contatto con l’acume di Jocasta. Claire, dinanzi alla domanda diretta circa il suo pensiero sulla proprietà, cerca di disimpegnarsi con garbo, ma Mrs Cameron ha l’udito allenato e percepisce la disapprovazione nel tono che, nonostante tutto, Claire cerca di camuffare. Siccome la Nostra non ha mai avuto remore nell’esprimere il proprio pensiero, pur avendolo fatto, spesso, con più tatto e in questo frangente è lo stesso, le dice chiaramente che secondo lei non è giusto tenere delle persone in proprietà. Jocasta, che ne ha vissute tante, non si sgomenta, le chiede se sia una Quacchera. Essi sono contro la schiavitù da sempre. Claire non è una Quacchera (ma cattolica e i cattolici all’epoca non erano assolutamente contro la schiavitù esattamente come non lo erano al tempo dei Romani) ma ha avuto modo di rilevare della verità nelle loro credenze e Jocasta replica che Jenny Murray ha ragione nelle sue lettere ad aver definito la cognata vivace, ostinata e libera di esprimere la sua opinione su tutto, che ne sappia o meno. Particolare non irrilevante se ripensiamo a quanto Jocasta stessa ha detto poco prima, delle donne, a suo nipote. Jocasta, sorella di Elen Fraser regala a Claire un complimento “C’è il fuoco dei McKenzie in te”. Durante il ricevimento in onore di Jamie, Claire ha modo, in virtù del non tenersi per sé le proprie opinioni, di far assaggiare le proprie idee sia al Lt Wolff che a Mr. Farquand Campbell, amico e consigliere di Mrs Cameron. Diamo uno sguardo, prestiamo orecchio ai coloni bianchi e britannici, così pieni di supponenza, così sicuri di trovarsi dal lato giusto della Storia, dell’umanità, del mondo. Del resto, il Tenente Wolff dà voce a quello che molti noi pensano: i Romani hanno portato la civiltà, se non fosse stato per le loro strade, i templi di marmo, le terme ecc… Siamo certi che chi è stato colonizzato la pensasse allo stesso modo? E chi stabilisce che cosa sia giusto o sbagliato? Che valore ha il pensiero del conquistatore sul conquistato dal momento che il secondo non ha voce in capitolo? Sono da sempre contro ogni colonialismo e pur amando visceralmente la Storia Americana, qui in germe, del Diciottesimo e Diciannovesimo secolo, non posso esimermi dall’essere disgustata e ferita da quello che tutti noi Europei abbiamo perpetrato sui Neri o sui Nativi delle Americhe. I Nativi di ogni parte del mondo, che fossero Delawere, Chippewa o Pitti o Scoti. Claire raggiunge Jamie e tutti e tre, Ian il Giovane compreso, vengono introdotti e presentati ai convenuti, ma siccome Jocasta è una McKenzie fatta e finita e se ricordate i suoi fratelli Colum e Dougal capirete che cosa intendo, dà un annuncio incredibile: Jamie Fraser è, da quel momento, il nuovo padrone di River Run. Erede unico di Jocasta McKenzie Cameron. Lo pensa anche suo nipote, dandole della mente calcolatrice al pari dei fratelli. Alla luce morbida delle candele Jamie parla di scintille: dare la libertà agli schiavi accenderebbe la scintilla del fuoco della Giustizia. Jamie non è meno sognatore e idealista di sua moglie, il cui influsso lo ha così permeato negli anni da renderlo quel personaggio magnifico che amiamo. Claire è spaventata dalla possibilità che la scintilla causi però un’esplosione. Non è una codarda, la conosciamo bene, secondo voi a chi sta pensando? Quando si trova a faccia a faccia con la zia e Mr. Campbell, accanto ad un buon fuoco scoppiettante, Jamie ha ovviamente delle domande, la più cruciale delle quali è se possa o meno concedere la libertà agli schiavi. Campbell lo considera pazzo, poi passa ad enumerare gli ostacoli per rendere la libertà agli schiavi: occorre che il Tribunale di Contea si pronunci, che ogni schiavo possa provare di aver fatto qualcosa di meritevole (per es. salvare una vita) e se anche lo avessero davvero fatto, Jamie dovrebbe versare una cauzione che assicuri la Comunità per la buona condotta dello schiavo liberato. Il ché, lo capiamo bene, ci porta ad una sola considerazione: la ricchezza di River Run svanirebbe. Quindicimila sterline sarebbe l’ammontare delle cento previste in assicurazione dalla Assemblea per ogni schiavo e, se non basta, questo minerebbe l’intero modus vivendi della colonia. Oltre al fatto che tutti quelli che hanno provato ad attuare le stesse idee di Jamie sono spariti nel nulla. Questa serie è così incantevole che non vi ho suggerito nulla sulla musica e sulle luci o sulla morbidezza dei tessuti o la bravura degli attori…Avrò un’intera Stagione per farlo, per oggi punterò lo sguardo altrove. Per ora portiamolo all’esterno. Claire sistema la sua borsa da medico e Jamie le racconta del colloquio avuto. L’unico modo per diventare proprietario terriero e non possedere schiavi è accettare la proposta del Governatore ma, gli ricorda Claire, si troverebbero solo in un periodo di otto anni di relativa pace. Come a metterli alla prova c’è bisogno di loro, in qualità di rappresentante di Jocasta e di curatrice, perché Rufus, uno degli schiavi, dopo esser stato frustato dal Sorvegliante Byrnes (che dicevamo al proposito?) ha staccato l’orecchio dell’uomo e, adesso, deve essere ucciso in base alla Legge vigente che stabilisce la morte dello schiavo che osi spargere sangue di un bianco, sia esso uomo, donna o bambino. La scena che si presenta agli occhi dei Fraser è raccapricciante: nel bosco Rufus viene issato con un gancio, come una bestia macellata. Chiaramente la situazione è drammatica, Campbell ricorda a Byrnes che non doveva farsi giustizia da sé e che gli atti di insubordinazione non sono tollerati. Claire vuole salvare la vita di Rufus. Ricordiamo che è un medico e ha prestato il Giuramento di Ippocrate e se così non fosse è Claire, quella che non si è mai tirata indietro, fuoco ardente, di fronte alle ingiustizie. Il Tenente Wolff spiega in tono duro e intransigente a Jamie, presenti due Redcoats, Mr. Campbell e Jocasta Cameron, che cosa rischia: la galera, per aver contravvenuto alla Legge. La zia non può permetterlo e si offre come mediatrice. Intanto Rufus si sveglia, accanto a Claire e al suo meraviglioso assistente Ian. Rufus proviene dal Ghana, così come sua sorella Abena, sono stati catturati lì e costretti a salire su delle navi. Il viso addolorato e partecipe di Ian è il nostro. Lui ricorda quanto gli è stato inflitto dai pirati, noi consideriamo quanto quello che più di tutti, diamo per scontato come diritto, la libertà personale, sia il solo fondamentale. Perso quello, perso tutto. Nel chiarore morbido e avvolgente delle candele e del fuoco, del colore del legno e del blu dell’abito di Claire, prendiamo un sorso di pace. Scivoliamo nella penombra, quel blu che ricorda le notti parigine e le passeggiate sui tetti di Bonnie Prince Charlie e la pace termina qui perché a domanda diretta da parte di Claire ecco che Ulisse le rivela quanto quel gesto caritatevole che lei e Jamie hanno compiuto si ritorcerà proprio contro Rufus, che potrebbe essere vittima di un destino peggiore di quel gancio, a monito per tutti gli altri. Jocasta è riuscita a fare un accordo con Wolff e Campbell che restano a sorvegliare la tenuta, in realtà le azioni di Jamie. Il quale, adesso, ha lo sgradevole compito di spiegare a sua moglie che se non consegnano Rufus per l’impiccagione e tentano di salvarlo, saranno, in virtù della legge, gli altri schiavi che erano con lui al momento del suo atto a dover essere uccisi in sua vece. La situazione precipita, gli amici di Byrnes e i vicini di Mrs Cameron vogliono impiccare Rufus da soli (tra meno di un secolo le Leggi Suprematiste saranno una realtà esattamente come il KKK) e Jocasta ha vita dura a calmare quegli scalmanati che, come qualunque folla assetata di sangue, non vuole giustizia ma solo ottenere l’attuazione della propria volontà, che sia dare una persona in pasto ad un leone, ad un Reziario nell’arena o impiccarlo ad un albero o farlo a pezzi. Queste persone “civili” esistono ancora oggi. L’odio e la totale mancanza di rispetto per l’altro sono racchiusi in quella frase che conosciamo bene: non sono razzista ma…E’ il “ma” che fa tutta la differenza. La situazione è drammatica, Jamie chiede a sua moglie di uccidere Rufus esattamente come ha fatto con Colum e Claire accetta, pur di risparmiare al ragazzo un destino ben più atroce. Come ha fatto con il Laird, anche con Rufus, Claire resta con lui fino alla fine, in un certo senso non solo confortandolo ma anche determinando da medico che sia davvero morto. Lo accompagna mano nella mano, con tutto l’amore di una madre. Jamie che si china a pregare è quanto di più bello, di più carico di sollievo e di pietà e di commovente ci sia in un simile frangente e mentre la voce di Jamie parla direttamente a Dio, i civilissimi coloni bianchi impiccano un morto sotto gli occhi impietriti di Ian, allo sguardo addolorato e rabbioso di Claire, a quello furente e non domo di Jamie e a quello, che più di tutti mi ha colpita, di Ulisse: orrore e pietà. Ulisse che è nero, schiavo e che ha sposato la causa di Jocasta Cameron, per devozione, enorme, per affetto, per necessità e si sente lacerare fin dentro l’anima per la sorte di Rufus ma anche della tenuta. Non deve essere per nulla semplice vivere così. Prima di scivolare sulle note finali, una considerazione necessaria sulla bravura di Maria Doyle Kennedy, attrice dublinese che sembra una vera scozzese del diciottesimo secolo appena scesa dalle Highlands. L’ho detestata tanto nel ruolo di Vera, in Downton Abbey, moglie crudele di John Bates e la adoro qui, nelle crinoline e nella cecità e nella espressività e nell’accento scozzese di Jocasta Cameron. Claire e Jamie sono sempre più legati, sempre più uniti, sempre più innamorati uno dell’altra, sempre più quelli che ricordavamo, Ian è una meraviglia di personaggio, River Run è quanto di più bello si possa vedere per nostri sguardi di neofiti e che dire? Questa Stagione ci porterà nel cuore del Nuovo Mondo, crogiolo di ogni impulso, che sfoci in bene o in male. Il destino, il nostro destino, ce lo creiamo noi.

Recensione a cura di Cristina Barberis.

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