Recensione Outlander Episodio 401: America the Beautiful

“Il segreto per una vita ricca è di avere più inizi che fini.” (David Weinbaum)

Ci siamo, torna la serie più amata della Tv, Outlander, nata dalla penna e dal genio creativo di Diana Gabaldon al principio degli anni ’90 del secolo scorso. L’abbiamo atteso, desiderato, amato, invocato, siamo arrivate a contare i giorni ed ora ci siamo. Questa Stagione sarà diversa, diversissima dalle altre, per molti motivi, ve ne dico tre: l’ambientazione, la Storia e i personaggi. Ci saranno nuovi arrivi e ricomparse, ma non anticipo nulla se non che questa volta non farò la consueta comparazione con il libro. Alla fine della seconda stagione la serie iniziò a discostarsi, per correre parallelamente nella Terza. Recensire serie tv e libro diventa complesso, il libro meriterebbe una sezione a parte e chissà che non la faremo. Iniziamo? Riassunto: da dove siamo arrivati? Dal rincorrere il Giovane Ian dappertutto, dalla Giamaica, dalla malvagia Geillis (sono sempre felice che sia morta!) e poi tempesta e naufragio e: America! La scena si apre con un cielo di un livido rosa, nel completo silenzio, si può ascoltare il vento, ci sono uomini che innalzano pilastri di pietre, una pietra piatta sull’altra e ci troviamo nell’America di duemila anni prima di Cristo, a occhio e croce siamo, secolo più, secolo meno, all’epoca delle prime dinastie faraoniche in Egitto. Erigono queste colonne e le mettono in cerchio e la musica ci riporta ad un parallelo nemmeno troppo nascosto e mentre la mia mente si chiedeva affannosamente a che cosa servissero, speculando su possibili accorciamenti geografici di viaggi e peregrinazioni, ecco che Claire ci parla dei cerchi e di quanto questa figura geometrica sia sempre stata amata dagli esseri umani, in tutti i tempi. E sotto una Luna piena che incornicia una notte piena di magia, donne di pelliccia vestite e truccate in viso, si direbbe ritualmente, di nero, iniziano a danzare in cerchio, complice la Luna, le torce, come nel meccanismo tondo di un orologio che tutto muove e fa correre un tempo che segniamo solo per comodità e da quel cerchio di vita si passa ad uno di morte. Un cappio, corda bella robusta, in una mattina semi nuvolosa in Nord Carolina nel 1767. L’occhio scende, guarda le redcoats, siamo pur sempre nell’America ante Rivoluzione, non dimentichiamocelo mai, e tra i tanti cittadini ecco il nostro Rosso preferito. Che si sposta come se fosse niente tra una folla distratta o che, alla fine, è abituata a persone di tutti i tipi, dal momento che le Colonie sono un crogiolo di provenienze, e corrompe una guardia dinanzi ad una prigione. Qui ci sarebbero due evidenti e conclamati discostamenti dal libro, ma siccome non ne parlerò, taccio. Jamie Fraser si inginocchia davanti a Hayes che è in prigione perché ha ucciso un uomo e deve essere impiccato, nonostante Jamie abbia un piano per farlo scappare, Hayes non vuole.  Ed ecco che un altro prigioniero esce dall’ombra semi polverosa, chiedendo il rum.  Guardiamolo bene, lui tornerà e tornerà in modo decisamente pesante. Lo sconosciuto beve dalla stessa fiaschetta, Jamie assicura ad Hayes che il suo desiderio di guardare un amico che gli sorride mentre sta morendo sarà esaudito. La scena si sposta. Dal grigio ferroso delle nuvole e dei tetti planiamo tra la folla, per atterrare ai piedi di Fergus e di Lesley e diamo un’occhiata in giro, prima di addentrarci nella scena, li vediamo questi giovani coloni, sia pure donne anziane e bambini di pochi anni? Loro sono lì, tutti, per ricominciare, una nuova vita, ogni inizio comporta sangue. E’ come nascere. Certe abitudini sono difficili da abbandonare, l’essere umano è si adattabile ma risponde a schemi consolidati. Solo rompendo gli schemi si procede. In avanti, sempre. Tra la folla in attesa il nostro Rosso preferito spicca, nel blu e nel verde marcio e nel fango e nel ferroso cielo, osserviamo i colori, ci raccontano tutto quello che dobbiamo sapere. Guardiamo le cuffiette, i cappelli a tricorno, così tipici di questo scorcio di Diciottesimo secolo, i grembiuli colorati, i moschetti, le scarpe…Lavoro incantevole ed encomiabile, come sempre. Questo è più che colore di fondo, si tratta di più che dare ad una scena una quinta da teatro, qui mettiamo sulle tavole del palcoscenico pezzi di Storia, perché la Storia siamo (stati) tutti noi. Jamie va a dire a Fergus e a Lesley che il piano di fuga salta per volere di Hayes stesso e mentre i due si sgomentano, ecco che Hayes viene portato in catene, verso il patibolo. Lo sappiamo, le impiccagioni erano occasioni di infliggere non solo la pena per un reato ma il modo di chi esercitava la Legge di mostrare i muscoli e per chi assisteva quello di svagarsi. Si, uno svago. Noi andiamo al cinema, vero? All’epoca, ma anche prima e anche dopo, ahinoi, queste saranno occasioni di svago, che donano la possibilità di argomentare per giorni sull’avvenimento. Tamburi, folla, catene che si fanno sentire tra i colpi, ed eccola: Claire. Si, lo sapete, amo sia la personaggiA letteraria che quella dell’attrice (Caitriona <3 Balfe). Claire che, accanto al marito, a Fergus e a Marsali, con l’espressione di dolore e di rabbia nello sguardo attende l’impiccagione di Hayes. Ed è lei, la voce narrante dell’intera saga (che tutte noi vediamo e leggiamo attraverso il suo sguardo e il suo punto di vista) che ci mette al corrente: sono quattro mesi che vivono in America. Hayes ha ucciso un uomo e nonostante tutti i tentativi di Jamie per liberarlo, si è dovuto arrendere alla volontà del Magistrato. Che vediamo, togato, con la parrucca da giudice (numerose battute sui pidocchi delle parrucche dei giudici si trovano nella letteratura dell’epoca!) seguire il corteo. Hayes sale sul patibolo e iniziano a leggere i suoi capi di accusa. Tutto succede in un minuto, anche meno. Quel peso che abbiamo sostenuto per decine di metri, all’arrivare della meta sembra improvvisamente insopportabile e lo lasciamo andare. Jamie fa la stessa cosa e sulla faccia del Rosso appare l’espressione di chi non può permettere di non mantenere la parola data e si fa largo, una rompighiaccio rossa tra la folla. Che guarderà uno dei suoi morire, come ha fatto, in passato. Sembra di annusare l’aria fetida della prigione, in Scozia, vero? Hayes muore, Lesley si dispera, si getta verso l’amico e questo dà il destro agli altri prigionieri di tentare la fuga. Tentare, perché corrono, morsi dal panico ma le guardie se lo aspettano. Solo il prigioniero che ha bevuto si allontana pian piano. Mossa astuta da mente criminale. Ma la folla lo indica, gridano e lui è costretto a scappare, atterra uno degli inseguitori e sparisce, tra altre persone. E mentre Jamie getta uno sguardo pieno di dolore ad uno dei suoi che no, non è riuscito a salvare, ecco a otto minuti e cinquantadue secondi la sigla. La voce che amiamo snocciola le parole, ma mentre compaiono vecchi e nuovi nomi, le immagini cambiano, della Scozia non c’è più nulla, c’è la ruggente vita della giovane America, le sonorità della sigla (ricordate quelle della Terza Stagione quando eravamo nei Caraibi?) ricordano gli strumenti a corda così tipici dei Coloni (direttamente portati con sé dall’Europa) ed ecco la prima novità: Terry Dresbach è affiancata da Nina Ayres nella ideazione e realizzazione dei costumi. E’ un passaggio di testimone, ve lo anticipo. L’intera squadra di produttori è cambiata (una delle diversità di cui parlavo prima) e vediamo una manina bella su una certa pietra…E mentre la musica prende possanza e le donne girano troviamo almeno Toni Graphia, amatissima, executive producer, il ché ci rassicura insieme al nostro Matthew B. Roberts. Ronald D. More è produttore esecutivo, se avete capito si sono lasciati dietro le spalle i ruoli di primo piano delle prime due stagioni. “America The beautiful” è il primo episodio della Quarta Stagione. Come poteva aprirsi se non con l’Aquila, simbolo degli Stati Uniti? Scritta da Roberts e dalla Graphia, qui ha la regia di Julian Holmes. La sigla ci accompagna mentre l’aquila picchia, afferra e sparisce e noi, invece, siamo nell’interno di una affollata locanda. Chi gioca a carte e perde e chi vince (guardateli con gli occhi di un secolo dopo…Saremo ai tempi di Rossella O’Hara e della appena conclusa Guerra Civile, incredibile, vero?) e Jamie con la sua famiglia, Lesley compreso, siedono ad un tavolo. Il Rosso spiega che la Compagnia salpa per la Scozia tra tre settimane quindi hanno tutto il tempo per fare un saluto a Jocasta Cameron, zia di Jamie. Il prete locale rifiuta, se non dietro corruzione, di far seppellire Hayes in terra consacrata, ricordano quanta paura avesse Gavin Hayes degli spiriti, della vita ad Ardsmuir e poi cantano. Qui il cuoricino m’è salito in gola: conoscete qualcosa di più emozionante di un canto? Cantano in gaelico il Caitrhis, una lamentazione funebre, tra gli sguardi perplessi degli altri e di colpo la voce aumenta, Jamie dà il tempo, si alza e tutti cantano. Sono esuli, ci pensate? Esuli di una Scozia devastata e in un Terra che non conoscono. Immediatamente dopo, nella notte, Claire ci spiega che per tornare in Scozia devono vendere una delle pietre recuperate (i gioielli della Dama Bianca) dal naufragio dell’Artemis. Riportano il corpo di Hayes e mentre Lesley resta con Claire, Ian il Giovane e Jamie scavano una fossa.  Al di là di una chiesa. I camposanti sono una invenzione napoleonica ma accanto alle chiese sorgevano spontaneamente assembramenti di tombe. Miriadi di storici sono passati a legegrle, ricostruendo genealogie, fili da riannodare e chissà…Anche gesta di Ribelli non morti a Culloden. Mentre scavano, però, il povero Ian è sopraffatto dal ricordo di quell’odiosa Geillis immersa nel sangue, atterrito scappa e suo zio gli spiega che alcuni fantasmi possono essere scacciati solo chiamandoli per nome (come fece lui con Claire, ai tempi dello stupro subito) così Ian può finalmente mettere fuori l’immensa pena che lo macera, tra un singhiozzo e il successivo, racconta a Jamie che cosa ha dovuto subire con Geillis. Non dimentichiamo che, pur essendo diciottesimo secolo, Ian ha solo quindici, sedici anni? E’ giovane, ingenuo, dolce e buono. Ed ha vissuto momenti raccapriccianti con una persona estremamente malvagia. E’ notte, l’erba è verde, l’aria è nera, la luna getta chiarore, due uomini e un dolore difficile da ignorare e in questo ecco l’empatia, il sollievo, che si mescolano al disgusto, al raccapriccio, la vittima che non sa e non vuole capire come si possa trovare piacevole una cosa raccapricciante ed ecco Jamie e Ian grigi e neri come le lapidi e la notte e c’è da applaudire per la fotografia, eccellente. E in questo splendore vellutato Jamie, con la sua perfetta praticità da uomo che ne ha viste tante in quasi quarantatré anni di vita dice al nipote che il suo organo non è responsabile di quel che fa, in altre parole, anche nel momento più terrificante (violenza, costrizione, stupro) il nostro corpo reagisce nel modo che conosce, staccandosi dalla mente. Ma non è partecipazione e non è godimento, resta violenza. Se ci fosse chiesto, senza forzarci, se lo si desiderasse diremmo di no. Teniamolo a mente quando condanniamo una persona che sembra non essersi difesa da una violenza. Siamo più complicati dei lombrichi. Eppure, a volte, ragioniamo come loro. “Non è colpa tua ragazzo.” Ecco, questo è il punto: la vittima che si sente colpevole della nefandezza del carnefice. Perché di fronte al male, non si perdona di non aver reagito da subito o duramente o chissà in che altro modo. Non è colpa tua. Fondamentale. Si abbracciano ed ora di seppellire il compagno morto ma, colpo di scena, non è il morto che resuscita ma il fuggiasco che si è nascosto sotto il telo. E mentre Jamie lo schiaccia contro il muro, resistente e possente come un tempo, il fuggiasco si presenta: Stephen Bonnet, sir. Per me lui è come Geillis. Ve lo dico, ora andiamo avanti. Bonnet si presenta per chi è: ladro, contrabbandiere e pirata. E poi nel nome di Gavin Hayes chiede di essere trasportato nel carro, Leslies interviene e trovano un accordo e Bonnet addirittura si offre di seppellire Hayes “un amico”. Come previsto da Bonnet, mentre la Luna irradia di bianco la notte e i fuochi delle sentinelle crepitano, ecco che le redcoats fermano il carro di Jamie e Claire per chiedere ai due chi siano, che cosa portano e capire se Bonnet sia lì o meno. Jamie e Claire ne hanno passate tante, troppe, hanno delle facce da poker impagabili e anche quando Jamie, mano stretta sul randello, sta per scattare, perché il graduato ordina al soldato di infilzare il corpo del presunto morto, resiste all’impulso, il nostro stomaco fa un salto. Il carro è lasciato passare e al primo spiazzo possibile Claire si accerta di come stia Bonnet, per medicarlo. Fermiamoci un momento: la considerazione sulle due fedi, sui due matrimoni, al di là del soggetto che la elargisce, non è strana. In questa epoca le donne restavano presto vedove e per i più disparati motivi, soprattutto se non ricche. Sempre che, anche loro, potessero superare l’età dei parti senza restarci secche. Non dimentichiamolo mai che ci troviamo in un’epoca priva di antibiotici, di basilari norme igieniche e con una qualità di vita assai bassa. Parlano, Bonnet ci apre il suo cuore nero: ha incubi in cui affoga in acque grigie (non avete idea di quanto la comprensione e l’empatia di Claire per lui mi feriscano, ma lei non sa).  Lo curano, Jamie non vuole nulla, lo ha salvato in nome di Hayes e Claire gli augura buona fortuna. Sembra un’adorabile canaglia vero? Sembra. Finalmente anche il nostro fan service è servito, Jamie a torso nudo che riceve le coccole e le premure di Claire. Col fuoco che scoppietta e loro due seminudi vi chiedo di staccare lo sguardo dai pettorali di Sam e di osservare la scena: lui ha i pantaloni e gli stivali, ma il torso nudo, lei ha la camiciola e, notate, le calze nere, quelle belle, pesanti, dense calze nere che diventeranno un elemento di seduzione meno di un secolo dopo, indossate dalle ballerine di Can Can. Piccola nota stonata: sono in mezzo alla natura, col fuoco che arde, ma è un fuoco, non una stanza coibentata, se non per dare a noi il piacere di ammirarli, perché denudarli quando Claire portava una mantellina di lana e quindi non può esser caldo? Continuiamo. Jamie e Claire aprono il cuore l’un l’altra e il momento è sia sensuale, molto intimo, sia incantevolmente romantico con Jamie che “Quando il mio corpo morirà la mia anima sarà ancora tua, niente è perso Sassenach, solo cambiato.” perché Jamie Fraser, il Rosso più bello del mondo, è innamorato perso di Claire. Che piaccia o meno, Claire è la donna che gli ha fatto perdere il cuore. Ogni tanto pensiamolo, così.  E saltando le mie piccole incursioni personali, vi riporto nel chiarore scoppiettante, tra questi due esseri umani che sarebbero perfetti per lo spot dell’amore del millennio, perché se l’amore è come quello che lega loro, allora è una gran bella cosa, oh si, assai bello e vale la pena di ogni lacrima, grido e dolore patito per restare insieme. Mentre fanno l’amore, al d là della mia testa che si perde in considerazioni come: ma i tecnici dove sono? Luci, regia, tecnici del suono…E Sam e Cait che devono girare questa scena ed essere Jamie e Claire…Ecco, al di là di questo, guardiamoli: la fotografia ci regala una plasticità dei corpi che sembra dare vita ad uno dei dipinti di Caravaggio (che stra adoro!) dove la luce modella, dipinge, circonda e rende tridimensionali le figure. Subito dopo, quello sguardo, lungo, tra i due, che è un conoscersi e riconoscersi, lo avete visto? Tu sei qui, con me, tu, l’amore della mia vita, quello che credevo di aver perso. L’alba è quanto di più bello esista al mondo e segna sempre un inizio promettente, al di là di come andrà la giornata. Gli alberi spogli e le foglie gialle ci dicono che siamo in autunno. Rivestiti, hanno dormito all’aperto, Claire racconta dell’America a Jamie ed ecco che ci ricordiamo delle differenza dei secoli tra loro. I capelli di Claire sono venati di grigio, com’è ovvio che sia per una donna di quarantasette anni, circa, mese più mese meno. Jamie no, una chioma che non è il fulvo dei venti anni, ma non ha quasi nulla a segnare che è un uomo di oltre quaranta anni passato da privazioni post belliche, fame, dolori e, prima, viaggi e una campagna di guerra fallimentare e quindi doppiamente stressante. Giusto qualche filino bianco sulle orecchie.  Scusate truccatori ma una rughettina no? Dicevamo: nelle parole di Claire è racchiuso tutto il sogno di chi dà piglio ad una nuova esistenza, così dense di speranza, così incantevoli, così…Antropologicamente sopraffacenti, in un certo senso, perché “l’America” non è disabitata, ci sono 500 Nazioni di nativi. All’epoca esistono ancora e nonostante la Guerra Franco Indiana ci sia appena stata (tra il 1753 e il 1763 tra Inglesi, Francesi e popolazioni Delawere e Maume) il resto dell’intero continente è inesplorato, “selvaggio” per gli europei invasori e ancora libero per i Nativi. Mentre Claire gli chiede di contemplare le centinaia, le migliaia di persone che arriveranno, Jamie chiede, non banalmente, del destino di coloro che sono già qui, i Nativi. La considerazione di Jamie e Claire su quello che sarà il destino dei Nativi (rinchiusi nelle riserve) è meravigliosa “Un sogno per alcuni, può diventare un incubo per altri” e ringrazio chi ha scritto l’episodio per avercelo messo, una delle poche voci di condanna che si sono levate da un mezzo tv. Il luogo è incantevole e nel suo essere all’alba, non a caso, è di una fragile bellezza che fa fremere il cuore. Una terra che sarebbe potuta essere il Sogno di Tutti. Godiamoci questa prospettiva, almeno accompagnando i nostri due. Uno scorcio di città delle colonie e poi il suggerimento di Claire che ha chiesto a Jamie di vendere il rubino, con la speranza che possano piazzarlo alla cena dai Lillington la sera stessa. Ed eccola la nostra Claire, davanti lo specchio, che si chiede se non sia vestita da “giovincella” e dopo le rassicurazioni del marito, lui le dice che ci sarà anche il Governatore e il Barone Penzler che ama i gioielli. Il palazzo sembra una salt box ma più in grande, questi coloni non solo si sono ampiamente insediati ma hanno portato con sé usi e consuetudini: sulle pareti della sala da pranzo ci sono ritratti ad olio di illustri personaggi, il camino è di pietra e con linee classicheggianti e invitate e invitati siedono attorno ad una tavola imbandita con prodigalità e con i loro abiti da cena più eleganti. I discorsi vertono su dazi, tassi e Cherokee. E Claire, portata in causa dal Barone, si difende bene con quella sua parlantina che rivela la il suo acume. Il rubino viene abilmente piazzato. Il nostro Rosso parla col il governatore Tryon di Jocasta e quegli lo chiama per un abboccamento post cena. Che avviene in una stanza che definire lussuosa non è dir poco, vi invito a guardare i richiami classicheggianti sul camino, quell’arte che imitava la purezza delle linee romane e greche, spesa per tutto il periodo Georgiano (ci sono 4 Re Giorgio in Inghilterra e l’ultimo sarà quello che verrà sostituito dal Principe Reggente, dando vita all’epoca detta appunto della Reggenza o Regency, ma siamo ai primi del diciannovesimo secolo) e vi invito a guardare la magnificenza della stanza, i costumi (ma sono favolosi, come sempre!) e le luci. Siamo in un interno, di notte. Le luci del camino e delle lampade sul muro non possono in alcun modo competere con lo sfolgorio della corrente elettrica. Siamo nell’epoca delle candele, del buio che se non illuminato dalla Luna è totale, delle lanterne portate a mano per fare strada ai viandanti nelle vie fangose (non di meno le strade lastricate non ci sono ancora dappertutto). Che cosa vuole il Governatore del Nord Carolina da Mr Fraser nipote di Mrs Jocasta Cameron di River Run? Per volere del Re si sovvenzionano famiglie industriose e timorte di Dio che vogliano insediarsi in queste terre e se convincono altri ad arrivare, il canone da pagare alla Corona potrebbe essere sollevato per il periodo in cui si è soli. Naturalmente essendo uno scozzese, Jamie si aspetta la domanda del Governatore, così risponde schiettamente: ha pagato il prezzo, vi prego di notare, di aver giurato fedeltà al Re per restare in vita. Il governatore lo apprezza e gli chiede di considerare la sua proposta. Il rubino esibito da Claire porta i suoi frutti, ben cento sterline. Claire e Jamie in una camera, la luce morbida che cade loro addosso, una donna che si spoglia: ecco un quadro perfettamente reale “Interno di coppia con luce, diciottesimo secolo”. Perché lo dico? Perché questa produzione ci ha sinora abituati ad una serie tv di altissimo livello e non si smentisce. Non vi sembra di essere davvero nella scena, invece che di assistere ad una serie tv? Questa è grandezza, mia bella gente, questa è maestria e tanti, tanti soldoni spesi, per costumi, arredi, per allestimenti. Queste cose non costano poco e quello che a noi sembra ovvio è, magari, riprodotto fedelmente da un artigiano e, quindi, al di là del pezzo industriale, ha un suo costo che fa lievitare il conto spese. Ma per scene del genere ne vale la pena. Mentre Jamie progetta il ritorno Claire tace, perché? Sta pensando all’offerta del governatore. <Non mi ha offerto una terra certo per i miei begli occhi azzurri > Giustamente si chiede “perché a me?” e ragionando capiscono che il Governatore ha avuto problemi con i Regolatori, gente che si è ribellata alle tasse del re e siccome Claire ha una bella testa pensante, ribatte che il Governatore vuol risolvere tutto comprando la lealtà di un soldato esperto con qualche acro di terra. Lei gli ricorda che tra otto anni arriverà la Rivoluzione. Se Jamie diventa un uomo del Re, il Governatore si aspetterà che lui combatta contro i Rivoluzionari ma a differenza di Culloden gli Inglesi perderanno e loro due potrebbero trovarsi di nuovo dal lato sbagliato della Guerra.  Naturalmente Jamie è sempre Jamie e da padre meravigliosamente dolce dichiara che renderà l’America un posto bello per quel che può per Brianna. Il suo mondo. E’ un momento estremamente commovente e sono felice che lo abbiano messo perché la figlia così amata è continuamente nei pensieri dei genitori, di chi l’ha cresciuta e con sommo strazio lasciata indietro e di chi non l’ha mai conosciuta, proprio la figlia avuta dalla donna adorata. Bree c’è, c’è sempre stata. Mattina, sole, scorcio di città, e…Rollo! Il mio cane preferito! Parlano di Ian, del viaggio in Scozia? Ed è bello vedere Jamie con la giacca che ricorda quella del padre, non credete? Entrano tutti in locanda (vi prego, so che sono ridondante ma guardate che meraviglia l’edificio, non sembra uno di quelli di Colonial Williamsburg in Virginia? Se non sapete di che cosa parlo, dategli un’occhiata in rete, vi stupirà! ). Attorno al tavolo nella locanda c’è la famiglia riunita (in fondo il nostro Jamie è sempre il laird) così Jamie può annunciare che resteranno in America, la notizia è accolta benissimo, anche da Ian ma lo zio gli dice che lui deve tornare in Scozia e non sprecare la sua vita e mentre Leslies vuol restare con Jamie ecco Fergus e Marsali che danno la notizia: aspettano un bambino! Le congratulazioni e gli abbracci si susseguono e scivoliamo sul fiume, con una chiatta, un po’ messa meglio di quelle di Hucleberry Finn e con quella si dirigono verso la tenuta di Jocasta McKenzie Cameron, la zia materna di Jamie. La descrive a sua moglie: tre volte vedova, Jocasta (una lode a truccatrici/truccatori e alle costumiste, perfetti!) e prima di arrivare da Jocasta abbiamo l’opportunità di conoscere il nero liberato Eutroclus e la sua storia e man mano che il viaggio continua e annotta Jamie ha un regalo per sua moglie: una meravigliosa “borsa del dottore” con tutti i ferri chirurgici, le bottigliette coi preparati che, a differenza di oggi, non si producevano in larga scala ma dall’erborista (Maitre Raymond…) e ha addirittura un microscopio! Stiamo parlando di qualcosa di estremamente raro e lussuoso, forse solo i chirurghi di fama a Londra o nelle più grandi città coloniali potevano vantare una simile “borsa”. Adoro i momenti romance tra i nostri due ed eccone un altro: Claire ha ricevuto tantissimo da Jamie, che lamenta di averle dato poco in ordine di cose, per prima Brianna, alla quale ha dato le perle, quale cimelio di famiglia mentre lei conserva il suo amatissimo anello nuziale. Claire non si è mai pentita di averlo sposato 24 anni prima. Scende la notte sul fiume, il fuoco che scoppietta sulla riva, la chiatta attraccata e il buio quasi completo vengono rotti da un attacco pirata. Eh già perché smantellata la pirateria giù nei caraibi, non vuol dire che lo fosse dappertutto, i fiumi erano infestati esattamente come i mari e così eccolo di nuovo qui il nostro Bonnet che si qualifica per quel che è: un pirata quindi nessuna riconoscenza. Fa picchiare senza rimorso Jamie, picchia e deruba Claire in nome del suo amore per gli anelli, ammazza Leslies accorso in salvezza della medica e mentre Rollo è caduto in acqua col primo pirata e Jamie è rimasto senza più una pietra preziosa, pestato e sua moglie è sconvolta e piangente, con la fede di Frank tra le mani, perdiamo di vista Ian. I pirati se ne vanno, hanno preso quello che volevano e da adesso tra Jamie e Stephen Bonnet è guerra aperta. L’episodio si chiude con la canzone “America, America: The Beautiful” in una versione molto più triste e molto più sentita del solito. Che dire? Un inizio con i fuochi d’artificio, non vi resta che seguirci per l’intera Stagione.

Recensione a cura di Cristina Barberis.

2 Risposte a “Recensione Outlander Episodio 401: America the Beautiful”

    1. Ti ringrazio moltissimo Carla, per il tuo apprezzamento e per il supporto.
      Mi fa doppiamente contenta.
      Alla prossima recensione 🙂

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