Recensione Outlander Episodio 213: Dragonfly in Amber

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“… Aveva l’impressione che la Storia si fosse già ripetuta migliaia e migliaia di volte, no, come se non ci fosse più un prima e un dopo, ma come se tutto fosse lì per sempre e contemporaneamente. Adesso capiva perché la mano del Vecchio aveva tremato. Il cerchio dell’eterno ritorno era la Fine Infinita”. (M. Ende, La Storia Infinita). Eccoci, al Finale di Stagione, siamo giunti a Dragonfly in Amber, tredicesima e ultima tappa di questo lungo viaggio. Dopo il riassunto, obbligatorio, godiamoci la sigla per l’ultima volta e ravviseremo che contiene tutti gli elementi che abbiamo visto in questo lungo percorso, da Sassenach a Dragonfly in Amber. Già i nomi che compaiono dovrebbero farci fare un salto sulla sedia ma, andando con ordine, sappiamo che cosa ci aspetta e nondimeno non siamo preparati. Una notazione meramente visiva, la ultima recensione di stagione avrà due caratteri distinti, e cercheremo di seguire l’episodio in questa forma. Scritto dalla impareggiabile Toni Graphia e dal bravissimo Matthew B. Roberts, con la regia di Philip John, ha la prima eccezione di non mostrare nessun quadro, nessuna scena che precede e spiega in qualche maniera quello che vedremo. Ci tuffa direttamente nella prima ambientazione. I fotogrammi che si dispiegano dinanzi i nostri occhi, nella baldanza lucida del bianco e nero, che scopriamo sono quelli che stanno guardando un gruppo di ragazzi, in una biblioteca, fanno parte di una serie tv molto famosa, The Avengers, prodotta in Inghilterra tra il gennaio 1961 e il settembre 1969, il cui protagonista, l’uomo con bombetta e ombrello, John Steed è un agente speciale affiancato nelle sei stagioni prodotte sempre da un partner che lo aiuta a risolvere i casi, in questo particolare da Emma Peel, donna assai in gamba. E’ il nostro primo marker, ci aiuta a capire in che anno si è. Siamo in Scozia, l’anno è il 1968. Il primo colpo d’occhio è un interno, non uno qualunque, è la casa del Reverendo Reginald Wakefield, ci troviamo in presenza di Roger, il figlio, di Fiona, la governante che a forza di tea e pasticcini cerca di entrare nelle grazie del professore di Oxford e di alcuni ragazzi. Anche le frasi che si scambiano i due agenti segreti non sono state scelte a caso, parlano di flessibilità di polso e di peso da bilanciare, in affondi con arma bianca. Il parallelismo con la Madre di tutte le battaglie, Culloden Moor, è evidente. L’interno è virato sui toni caldi e morbidi del marrone e tutto quello che riguarda il 1968 ha le sfumature di marrone, beige, crema, topazio, paglierino, rosso, fuoco, giallo. Quasi ci suggerisca che, in fondo, anche noi stiamo guardando qualcosa che appartiene al passato, pur essendo questo passato il presente di coloro che sono vissuti indietro di due secoli. Gli ospiti cui Fiona sta indirizzando Roger non sono lì per un evento da poco, è il congedo da Mr. Wakefield padre, che è morto. Vi chiedo, come sempre, di far caso alla musica, che non ha nulla di marziale, né di così particolare come il suono di cornamuse. No, anzi è una musica “moderna” che 48 anni fa era perfettamente descrittiva del periodo. Seguiamo questo giovane uomo, dall’aspetto curato e un po’ serioso, nell’altro ambiente, il salone. (Avete visto i libri? Ho avuto un sussulto nel guardarli, la libreria infinita del reverendo, quante volte ci ho pensato a come potesse essere…). Roger eleva un brindisi alla veglia funebre di suo padre “Alla morte, la cara vecchia buttafuori. Che i nostri bicchieri tintinnino. Se non si fosse spento, io penso, stasera non staremmo bevendo. Al Reverendo.” E, colpo d’occhio, sulla destra una bella donna assai elegante cattura la nostra attenzione. E’ diversa, pur essendo la stessa, indossa abiti apparentemente semplici, eppure ha un aspetto raffinato, i suoi capelli e il suo trucco sono così tipici del momento. Si tratta di lei, della vera e unica protagonista dell’intera saga, di colei che ha permesso a tutti noi tutto quello che abbiamo vissuto e vivremo, in questo lungo viaggio tra i libri e la serie tv, ovverosia di Claire Beauchamp Randall Fraser. Colpo d’occhio, fermo immagine, Claire indossa la fede nuziale di Jamie all’anulare destro e i suoi meravigliosi capelli, che faticava tanto a domare, sono lisci e hanno qualche filo di bianco. Anche il viso è segnato, seppure solo da una mestizia che ha radici profonde. Mentre Roger riceve le condoglianze dai convenuti (notate il suo accento!) intravede qualcuno che non conosce, una bella ragazza dai fiammeggianti capelli rossi. La insegue, per perderla e trovarla dietro le spalle, così che sia lei a chiedergli se lui sia Roger Wakefield e mentre il professore tenta di capire qualcosa, arriva Claire, sorridente, bellissima, che spiega tutto. Lei e Brianna (lo chiameremo come tuo padre, Brian) sono in visita dagli Stati Uniti, hanno appreso in Londra della notizia e si sono recate al funerale. Roger si ricorda di Claire, moglie di Frank Randall (notate che Brianna cerca di includere Frank nella conversazione, tenetelo a mente, è importante) infermiera la quale, però, adesso è un chirurgo (ricordo pregevoli spaccati di questa sua vita ospedaliera nei libri). Claire si allontana, per dare un’occhiata e Roger e Bree restano lì, con le tipiche espressioni di chi, tutto considerato, vorrebbe avere qualcosa da dire ma la reciproca conoscenza è così scarsa che non si può attingere che ai luoghi comuni. Arriva Fiona a staccare Roger da Bree, per i commiati. La povera piccola scialba e insignificante Fiona è la nipote della nostra Mrs. Graham, prototipo di tutte le governanti, che è morta da qualche anno. Eccoci al primo dei momenti in cui le lacrime si sono affacciate nei miei occhi. Con la musica del Cerchio di Pietre, Claire si avvicina alla mensola del camino (guardate la luce che entra dalla finestra, ci illumina e ci riporta consapevolmente indietro, mette in evidenza il tempo che passa e che accumuliamo negli oggetti, sperando di fermarlo) con il ricordo del saggio consiglio della governante e che per i venti anni trascorsi ha messo in pratica, ma, ora che è qui “i fantasmi avevano iniziato a seguire me.” Perché è il cerchio, che si sta chiudendo, il colpo di coda di una esistenza eccezionale, che non ne vuole sapere di scorrere in maniera lineare e che ha bisogno e urgenza di abbracciare al proprio interno persone, ricordi, luoghi, esistenze. Claire si congeda da Roger il quale, però, le invita a fermarsi. È notte, c’è solo la fiamma che brucia nel camino, la luce proviene da una lampada rossa, una luce bassa e calda, avvolgente che rivela la figura di questa donna rannicchiata su una poltrona, a piedi nudi e con un pigiama e una veste da camera di un azzurro polvere. All’arrivo del padrone di casa, Claire si scusa, non riesce a dormire e sta approfittando di un ultimo bicchiere. Quante volte l’abbiamo vista bere nell’intera serie? La voce di Roger è calma, piena, corposa, bassa e ci accompagna in questo momento, in cui ci dice che il reverendo era stato tante volte pregato di buttare via tutto quello che aveva accumulato e che, ora, è lo stesso Roger che non vuol farlo. Alcune cose andranno agli archivi dell’università di Inverness tranne delle rare edizioni sul Prince Charles Stuart e su Culloden. Alla menzione del nome Claire ha una reazione ovvia, Roger le spiega brevemente che cosa sia e la informa che i suoi antenati sono morti lì. Lui in realtà si chiama Roger MacKenzie, figlio di Jerry e di Marjorie MacKenzie, morti nel secondo Conflitto Mondiale e per questo il reverendo lo ha adottato. Notate l’espressione intensa con la quale Claire afferma di aver conosciuto diversi MacKenzie, molto tempo fa. Abbiamo mai pensato a che cosa sia stata la sua vita, in bilico tra due mondi, una esperienza così straordinaria, quella del viaggio temporale, che non ha mai potuto condividere, se non con Mrs Graham, e in parte con Frank, che la lacera tra presente e passato, che se solo fosse stata limitata al viaggio temporale sarebbe stata incredibile e che invece si è ampliata sino ad abbracciare un momento storico così importante per la Scozia e che ha incluso un amore immenso? Ci pensiamo mai al peso che Claire deve aver consapevolmente portato in questo periodo? Il peso della rinuncia alla vita con l’uomo amato? Ed è Roger che glielo chiede, sottintendendo Frank, che è morto e noi pensiamo a Jamie “…a quella persona che ha amato più di ogni altra al mondo?”. Tratteniamo il respiro, sentiremo il cuore di Claire che perde un colpo, sentiremo il suo respiro spezzarsi. Con gli occhi rivolti verso Roger la risposta arriva. “La verità è che non sono mai stata brava a dire addio. Ma è proprio quello il problema, no? Che tu voglia dire addio o no, se ne sono andati e devi continuare a vivere senza di loro. Perché è questo che loro vorrebbero.” Il dolore e la desolazione della perdita si specchia negli occhi di entrambi. Tornata in camera, Claire osserva una Luna piena velata da nubi, chiuse le tende si volge verso sua figlia che dorme, nel letto, e il nostro cuore sussulta perché è così, si, così che lo abbiamo visto tante volte nella saga, dormire, colosso dai capelli di fiamma, capace di sorridere se carezzato nel sonno. Vi prego di notare la maestria nell’uso delle luci, siamo al buio eppure vediamo, con la Luna fuori della finestra e la luce di una piccola lampada, ci muoviamo con Claire che compie un gesto che ogni madre fa, mia figlia adolescente ne sa qualcosa, per poi esclamare “Dio, sei così tanto simile a lui.” E non c’è bisogno che nessuno ci dica chi sia quel Lui. Bree è il ritratto vivente di suo padre. Una piccola digressione, in molte hanno polemizzato sull’aspetto fisico di Sophie Skelton, attrice inglese ventiduenne che interpreta Bree. Troppo bassa, troppo poco simile a Jamie, di cui anche nell’altezza, nei libri, è una degna emula. A parte il fatto che trovarla così sarebbe stato assai improbabile, ma avete notato la somiglianza fisica del viso dell’attrice con i tratti di Sam e Cait? Se avessero preso il colosso che è Brianna nei libri, avrebbe avuto le sembianze di Jamie e Claire della saga, non degli attori che li impersonano e il contrasto sarebbe stato stridente. Mattina livida, l’incursione della notte al campo inglese è fallita miseramente. Jamie torna. Sono le sette e ventitré del 16 Aprile 1746. Con lui c’è il Principe Charles Stuart. Esortato da Jamie alla ritirata, perché stanchi e malmessi rispetto agli Inglesi, sua Altezza Reale gli riporta l’episodio evangelico del dubbio di Tommaso apostolo e di come, dopo, abbia creduto dinanzi all’evidenza e sicuro di sé annuncia a Jamie che farà di lui un credente a fine giornata. Notate il cupo del cielo e il fango e la disperazione che c’è. Le avanguardie inglesi sono a sole quattro miglia. La battaglia è imminente. Ed è qui, mentre Murtagh informa Lord George, che Claire sfodera gli artigli e una proposta incredibile. La musica è di quelle che inducono alla serenità in viaggio, la macchina si muove sicura sulla strada, in auto ci sono Brianna e Roger, ridono e scherzano e il colore di fondo, del tutto, è quel caldo marrone degli alberi, dei loro abiti, delle pietre e se chiudete gli occhi, solo per un momento, tornate indietro all’azzurro scintillante di sole in cui con una musica degli anni Quaranta e tra gole montane su strade semi deserte Frank e Claire si inoltrano nella Scozia. Lo vedete il parallelismo? A venti anni di distanza, che ci riporta alla mente quel Vent’anni dopo, di Dumasiana memoria, ci consegna interpreti affatto diversi.

Mentre la musica sfuma, il cigolio del cancello ci introduce in un luogo che non ha nulla di attraente, Fort William. Non serve un filtro della memoria per riportarci in mente lo strazio e il dolore qui patito da Jamie. Ma è un’altra rossa, bostoniana, che si aggira con la guida esperta di Roger il quale informa anche noi che il tutto è stato costruito nel 1600 e che il nome col quale è noto, in gaelico, sia La Guarnigione Nera, posto di comando e prigionia. Roger si lancia nelle notazioni storiche, Bree replica che la storia militare non è il suo forte, Roger controbatte che fosse quello di suo padre, del quale due volumi sono nella libreria del reverendo e Brianna ci racconta che il suo primo ricordo è aver fatto cadere un cono gelato dai bastioni di Fort Ticonderoga. Costruito sul finire del quinto decennio del diciottesimo secolo, con una meravigliosa pianta a stella, si trova sul Lago Champlain, anche nello Stato di New York e fu strategicamente importante negli scontri per la Guerra di Indipendenza Americana, quella che porterà alla Dichiarazione del 4 Luglio 1776. Roger fa una citazione errata, nel vivo desiderio di impressionare Brianna e lei non solo lo corregge ma gli fa ovviamente notare che la Guerra di Indipendenza Americana (che personalmente è uno dei periodi che adoro) è religione a Boston (basta prendere un manuale di storia per capire il motivo) e Roger replica che George Washington ne fosse il Messia e Benedict Arnold il Giuda. Sebbene Bree abbia detto che non è ferrata in materia, ha modo però di ribattere colpo su colpo a quanto dice Roger e si lancia in una frase con un accento scozzese pessimo che ha il pregio di avvicinarle ancora di più lo storico scozzese. Brianna chiede a Roger se rammenti Frank ed egli le snocciola qualche ricordo che la fa sorridere, soprattutto quando entrambi rilevano la grande gentilezza di Frak Randall. “L’uomo più gentile del mondo”. (“Anche tua madre sembra molto gentile…Mia madre vive in un altro mondo.” Quanto ho amato queste due battute, che danno lo spessore della vita di Claire, in bilico tra due mondi, con la mente qui e il cuore nel diciottesimo secolo). Notate che Brianna sta cercando di costruire la sua personale mappa della memoria in luoghi in cui suo padre è vissuto, seppure per un periodo breve. In questo luogo, però, quello che maggiormente si percepisce è il dolore, l’angoscia giacché molti prigionieri scozzesi furono lì fustigati (!) e fu versato molto sangue. Le immagini della seconda fustigazione di Jamie non possono che confermarlo. La musica si innalza, dapprima lentamente si fa avvolgente, diventa poderosa, così scozzese nelle sonorità e ci accompagna, con Claire, che ha quegli occhiali che ci parlano della sua età, fino ad un luogo che mi ha fatto singhiozzare. Letteralmente sono scoppiata a piangere. Il luogo del cuore, dove la sua Signora torna a duecento anni di distanza. Lallybroch, lì dove Lady Broch Tuarach ferma l’auto è ormai desolato, in rovina. Mentre sale sui gradini corrosi dal tempo, osservando la porta fermata alla meglio con una catena, le voci di coloro che furono, suonano nella mente di Claire. Vi è mai capitato di visitare un luogo e di chiedervi chi ci sia vissuto, prima, chi abbia sofferto o gioito, sia nato o morto, lì? A me succede spesso, cerco di immaginare chi ha carezzato un mobile, chi ha guardato da una finestra, che cosa racconta quella stanza, quella casa, quel giardino. “Viviamo, mia Lesbia cara. Amiamoci senza timore.” Inizia Claire e Jamie, che appare sotto l’arco, continua “E lascia che amorosi baci dimorino sulle nostre labbra, inizia a contare. Mille e poi cento e poi ancora mille e poi cento.” Il poema di Catullo che è così importante in un momento della loro storia. E con Claire che piangente si alza da quei gradini, che dà per noi l’ultimo sguardo al suo luogo, scivoliamo a Culloden, sono le sette e trentasei del mattino. Claire propone a Jamie di uccidere con il gelsomino giallo, usato da Colum solo la sera prima, il Principe, così la battaglia non avrebbe luogo. Jamie Fraser è un uomo giusto, oltre che un cattolico fervente e l’idea proposta dalla moglie è enorme. Lo colpisce come un pugno in viso. Nessuno se ne renderebbe conto, tanto meno il Principe, cadrebbe in un sonno profondo, se gli fosse somministrato nel tea. Sono settimane che è afflitto dallo scorbuto e Claire lo cura. Quando l’immensità si raccoglie tra le braccia dei monti innevati e riflette il suo viso nelle acque del lago, giunge la macchina (ricordate questa parte nella sigla?) con a bordo Brianna Randall e Roger MacKenzie Wakefield. Brianna chiede al professore se rammenti di un incidente occorso ai propri genitori, quando quelli erano lì, sul finire della Quarta decade del secolo. Roger non ricorda, era solo un bambino e la musica ci porta a sederci idealmente coi due, sulla sponda del lago, osservando il calore di quella ruggine delle chiome, del marrone intenso dei cespugli, del senape tinto di rosso dell’erba schiacciata e del bianco verde muschio delle pietre che sono le ossa di quel posto. Seduti lì, rievocano, di quando il piccolo Roger sorprese Mrs Graham a piangere tra le cose spaccate da Frank, anche se di certo non era quello il motivo, Brianna conferma che suo padre avesse un temperamento forte (ricordate quando picchia quell’uomo che vuole derubarlo, nel vicolo, con false notizie della moglie?) ma non sa immaginarlo così violento. Chiede l’anno in cui è accaduto e ci viene detto nel 1947 o nel ‘48. Mentre le oche fanno da sottofondo e il sole accende di riflessi i capelli di Brianna e la barba di Roger, lei stessa ci racconta di Frank che aveva uno scrigno chiuso a chiave sul piano più alto dell’armadio e siccome la figlia sapeva dove tenesse la chiave, un giorno lo aprì. All’interno c’erano lettere del reverendo, cose accademiche, ma una tra quelle conteneva il riferimento ad un incidente occorso ai due Randall e lo faceva con toni così seri che la piccola Bree si spaventò e non tornò mai più ad aprire la scatola. Siccome la lettera era del reverendo, a Roger viene in mente che suo padre teneva un diario, lo scriveva tutte le sere e che ne ha scatole piene. Vivace e simpatico scambio di battute tra i due sullo sporco e sulle camere, che cementa quella che è una palese attrazione e mentre loro si spostano dal lago, un’auto arriva in una piccola piazza.

E’ quella blu di Claire, che mi ha fatto salire alla mente un parallelo, ricordate lei appoggiata sulla macchina, con il cappotto blu? Ed eccola, appoggiata all’auto, con un impermeabile chiaro mentre l’auto è blu. Mi è piaciuto il parallelismo, sia che fosse intenzionale o meno. La nostra chirurga giunge all’Ufficio di Registro della Contea, se la mia traduzione è giusta, per quanto in italiano ha senso proprio in quanto Ufficio di tasse ma anche archivio di beni. Beni immobili, come proprietà. Siamo a Inverness, la solerte impiegata fornisce a Claire il documento più antico che hanno in merito a quanto chiesto, la cessione della proprietà di Lallybroch da James Alexander Malcom MacKenzie Fraser a James Jacob Murray, il nipote, figlio di Jenny e di Ian, con testimoni Murtagh FitzGibbons Fraser e Claire Beauchamp Fraser. Immaginate l’emozione di Claire, che si trova quel documento tra le mani? La proprietà è passata nelle mani di vari Murray, per generazioni. La gentilezza della ragazza fornisce a Claire una copia del documento e poi fa anche una ricerca genealogica per lei, su Roger. Brianna torna tardi e la madre la stuzzica su Roger, ma il discorso inevitabilmente finisce su Claire e Frank e la figlia vuole sapere se sua madre lo abbia mai amato. Claire reagisce con fastidio, con freddezza, quasi. Sono le otto e diciassette del 16 aprile del 1746 quando Dougal MacKenzie irrompe nella stanza dove Claire e Jamie stanno parlando di avvelenare il Principe col gelsomino giallo. L’ha chiamata strega. Tenetelo a mente, mentre guardiamo Roger e Brianna che arrivano all’università, dove egli deve incontrare una persona, noi girovaghiamo con Bree e arriviamo in una sala in cui la voce piena di passione nazionalista (l’avete vista la bandiera scozzese sul palazzo dell’Ufficio di Registro?) di una donna sta parlando chiaramente di secessione e…Colpo di scena! Geillis! Già, perché la nostra strega, se cogliamo il parallelo e i continui rimandi che ci sono nell’episodio, dato da Dougal, è una fiera e accesa nazionalista che lavora per una Associazione: White Rose of Scotland. Guardiamola, la giovane Geillis, ascoltiamola arringare la folla. Che ci ricorda? La sua teatralità, quella voce da attrice, quelle movenze? Ricordate quale è l’ultimo messaggio di Geillis per Claire? Uno nove sei otto. Che è una data, 1968. L’anno dal quale Geillis proviene, quindi è ancora qui. E chi incontra? La figlia di Claire. E poi chi? Roger, quella stretta di mano tra ascendente e discendente è stata meravigliosa, ho fatto un salto sulla sedia, un gesto così naturale eppure così immenso, così importante, avete visto? Se Roger è lì il motivo è proprio Geillis Edgars. Avete notato gli sguardi che Roger lancia a Bree? Dall’invito di Geillis a partecipare ad un altro raduno delle Rose Bianche, passiamo nel chiuso del Museo di Culloden. Claire smonta la figura del Principe Charles Stuart ad un altro turista (hanno preso uno stupido e ne hanno fatto un eroe) che ne loda l’altezza, perché gli eroi sono tutti immensi e si sposta verso una teca. Alle sue spalle una coppia anziana individua un reperto insolito. La libellula nell’ambra è stata trovata sul campo di battaglia e sappiamo di chi fosse, ma come è stata smarrita lì? Sono le otto e diciotto, è passato solo un minuto. Invano Jamie cerca di convincere suo zio che quello che vuole fare, uccidere l’erede al trono, non è un tradimento deliberato della propria gente oltre che della Scozia. Dougal insulta pesantemente Claire e cerca di uccidere Jamie, lo scontro si fa cruento, Dougal ferisce sulle mani Jamie ma Claire colpisce lo zio del marito alla testa e aiuta quello ad ucciderlo, quando l’amore familiare e l’orrore per un assassinio e il dolore delle ferite minacciano di fermare Jamie. La scena è terribile, per molti aspetti, perché quell’uomo lo ha allevato, perché è l’ultimo dei MacKenzie che lui ha conosciuto da bambino, perché uccidere così non è da lui, Jamie è un guerriero, non un assassino. Perché quello che ha ucciso è il fratello di sua madre. Nella soffitta polverosa della casa del reverendo, Roger canta una satira ratta, vecchia usanza scozzese, dice, per alleviare la paura di Brianna dei topi. Il canto di Roger ci fa sorridere e ci prepara per una piccola sorpresa, un faldone con su scritto Randall contiene oltre che vecchie fotografie di Claire e Frank il giorno delle nozze, anche un decreto di Nomina, niente meno che dell’illustre Jonathan Wolverton Randall e una lettera di Frank che prega il reverendo di non fare più ricerche sull’antenato perché “Non è l’uomo che credevo.” Segno che qualcosa Claire deve avergliela raccontata. Jamie riesce a strappare a Rupert, sconvolto dalla vista di Dougal assassinato, la promessa di avere due ore di tempo prima che l’ex amico dia l’allarme. Qualunque sia l’idea che abbiamo di Culloden Moor, quel che ne resta è un ampio spazio per nulla attraente, punteggiato da rocce con su inciso il nome dei clan caduti. In piedi in quella distesa fangosa e rugginosa, con quel rosso intenso che vira nel marrone, quasi un campo di sangue, col cielo nuvoloso, Claire ascolta in sé la voce di Frank che le spiega che cosa fu Culloden: un massacro, a petto in fuori, contro moschetti e cannoni inglesi, un bagno di sangue, la fine della vita dei clan, la fine dello stile di vita delle Highlands. Una donna posa un mazzetto di erica davanti alla pietra Fraser, mazzetto incartato con carta rugginosa e lei stessa, la donna, ha i capelli rossi e quel berretto grigio che abbiamo visto così tante volte sulla testa di Jamie. Claire si avvicina, sembra che un elastico la attiri, un filo che non vediamo e che le passa nel centro del cuore. Di sicuro le si legge in viso. “Lei è una Fraser?” le chiede la donna e Claire annuisce “Si, lo sono.” E lo è e può ben dirlo Claire Beauchamp Fraser, moglie di James Fraser. La donna sorride, quindi si allontana. Resta sola, Claire, ma non lo è, li sentite i fantasmi degli uomini che morirono su quella piana? Udite le loro grida, il rumoreggiare dei moschetti, la pioggia fischiante di palle che si abbattono sui loro corpi, difesi solo da armi bianche? Udite il rombo dei cannoni, le grida strazianti? No, Claire non è sola, ma in quella calca di presenze e di ricordi, lei si rivolge ad uno e uno solamente. Nonostante abbia giurato che non ci avrebbe messo piede, eccola lì. E c’è anche lui. Lui, l’amatissimo Jamie. O quel che resta e nonostante Claire dica che non piangerà, l’ho fatto io, non ho vergogna nel dirlo, ho pianto per questo lungo monologo in cui Claire confessa al marito, che crede morto lì a Culloden, di essere stata a lungo infuriata con lui per averla costretta ad una vita che non ha mai desiderato ma che, si, ha avuto ragione perché Brianna è stata al sicuro, amata e ben vestita, anche se la versione italiana fornisce ben cresciuta. Ma preferisco quella originale, perché rende l’idea di quanto non fosse così scontato possedere una camicia da mettersi addosso. Claire incanta quando parla della rassomiglianza tra figlia e padre, quando gli dice anche l’ora in cui Brianna è nata e trascorre così il tempo, seduta davanti la pietra raccontando al marito tutto quello che ricorda e senza lacrime. La vediamo sorridere, più grande d’età e così bella, con quei lineamenti seducenti ma, più di tutto, è quello che le passa nello sguardo che parla, anche quando lei tace. Arriviamo così al cuore di questo giorno, quando Claire, si toglie dalle spalle il peso di non aver mai detto addio al marito e quel “Goodbye Jamie Fraser my love”, detto con voce rotta di pianto, ci stringe la gola e riempie gli occhi di lacrime. Claire si alza, la musica ci sostiene e vediamo quanto diverso sia l’amore che lei ha per uno e per l’altro dei suoi mariti. “Resta in pace soldato.” Ci riporta a quel primo ammonimento, quella prima esortazione, quando Claire cura Jamie, nel primo episodio della prima stagione, stanno scappando nella notte e lei lo esorta “In piedi soldato.”

Tornata a casa, dopo che Roger e Brianna scoprono il ritaglio che riporta la ricomparsa di Claire dopo tre anni, (rapita dalle fate o duecento anni fa…) Claire deve affrontare proprio sua figlia che le domanda con voce piena di rabbia e di sgomento se sia andata a incontrare suo padre, non papà che è morto, ma suo padre, l’uomo col quale è stata per tre anni, e Claire non nega, si smarrisce, ha bisogno di appoggio. Arriva Roger che viene convinto da Brianna a restare, in quanto suo amico oltre che padrone di casa e in un toccante confronto, in cui Brianna sembra la versione femminile di suo padre arrabbiato e offeso, con Roger che cerca di nascondere imbarazzo e partecipazione, Claire dice alla figlia che è per la promessa fatta a Frank che non le ha mai detto nulla, che è a causa di questo che sono andati in America per ricominciare un’altra vita ma che ora vuole parlarle del suo vero padre, Jamie Fraser. Guardate con quanto amore, con quanto pudore, come una sposina innamorata, pronunci il nome dell’unico uomo per la cui perdita dopo venti anni ancora non si dà pace. Naturalmente, Brianna non accetta di vedere sua madre che spasima d’amore per un uomo che non sia Frank, quello che lei ha amato, e dal quale è stata teneramente amata, come un padre. Quando Brianna sta per andare via, Roger la trattiene, ricordandole che se lei desidera la verità a ogni costo, ebbene, è questa che le racconta sua madre. Una madre che, piangendo, le assicura che Jamie l’ha amata anche non conoscendola, con tutto il suo cuore e che l’avrebbe cresciuta egli stesso, se non fosse stato per la battaglia di Culloden. Sono le otto e ventitré del sedici aprile, Jamie confessa ad un imperturbabile Murtagh che ha assassinato Dougal e prepara una Sasine che è, nel diritto scozzese, la consegna di un bene immobile con tutti gli annessi e connessi ad un altro proprietario, un trasferimento di fondo, di feudo, ad un diverso proprietario. L’atto ha un anno di vita, redatto da Jamie quando non era ancora un traditore della corona. Dopo avergli procurato penna e inchiostro, è Fergus che si sente chiedere da Jamie di portare il documento nelle mani di Jenny, perché qualunque sia il risultato di quel giorno, non solo la proprietà sia al sicuro, ma la memoria di tutti loro non vada persa, conservata non solo da Jenny ma anche da Fergus e il piccolo Claudel si impegna. La reazione di Bree è ovvia (da quanto tempo cucini questa storiella?) e quando sua madre le ribatte che non è una favola (credi che abbia ancora cinque anni? Non è una favola, Bree), la ragazza le dà della pazza “Mio padre non è l’uomo che ho conosciuto, mi ha allevato per venti anni ma un ragazzone coi capelli rossi, in kilt del diciottesimo secolo?”. Chiaramente anche noi se ce la raccontassero, stenteremmo, immaginate una persona che guarda ribaltare tutto quello che ha creduto vero fino a quel momento e che vede gli occhi di sua madre scintillare d’amore quando parla di qualcuno che non è suo padre. “Che cosa c’è di sbagliato in te?” chiede Brianna e Claire le spiega che Frank è stato il padre che Brianna ha avuto, sotto ogni aspetto, tranne uno cioè che è stata concepita da lei e da Jamie e Bree non vuole sentire ragioni, anche quando Claire le dice che ha il carattere di Jamie e i suoi capelli (grande prova di Sophie Skelton) ma quando Brianna accusa sua madre di essersi solo concessa un’avventura, che ammetta di non essere perfetta, dopo che quella le ha mostrato l’atto di cessione di Lallybroch, allora Claire reagisce con furia perché no, tra lei e Jamie c’era più che un avventura , lui era “l’amore della mia vita.” Sotto lo sguardo furente di Bree, Claire si sente male, prova orrore per il suo gesto, le è scappato, lei del resto è una passionale, non avrebbe mai voluto rivelarlo in questo modo alla figlia. Percepiamo la passione che vibra, quell’amore che lega una madre e una figlia, che lega una donna ad un uomo che ha immensamente amato, che lega questa figlia ad un uomo che ha conosciuto e amato come padre? Si potrebbe dipingere un quadro a colori vividi, lo immaginate? Un tocco di blu per l’aria, quel fiato che passa davanti e porta le parole, un tocco di rosso, per la passione, un tocco di verde per la speranza e di marrone per il calore di quell’amore, un tocco di giallo, per la gelosia, di viola per l’irruenza e di nero per la rabbia. La Sasine è firmata da Claire che, nel farlo, piange, deformando in tal modo la propria grafia. Sono le otto e trentasette del sedici aprile 1746. L’atto è stato redatto il Primo Luglio 1745. Jamie dà istruzioni a Fergus, dicendogli che ora “Sei un soldato,figlio mio”. Che gli vuole bene come un figlio, Claire aggiunge che lo amano come se fosse figlio loro e dopo un abbraccio, straziante, con Murtagh che gli si inchina, perché figlio di Jamie e Claire e quindi suo protetto, Fergus esce nel livido del primo mattino, lasciando dietro di sé le uniche persone al mondo che lo amano, immerse nel buio, quasi che stiano per tornare dietro le quinte del tempo. Nel pub Roger cerca di convincere Brianna non solo che Claire non sia pazza ma che, in fondo, un po’ di verità deve esserci e che sia proprio questo mondo al quale Bree asseriva di non essere riuscita a entrare, che Claire le sta mostrando. Le dice inoltre che non importa se lui ci crede o meno, ma che Claire ci crede in quel che dice e che forse dovrebbero aprire, ampliare, le loro vedute. Rimasta sola, Claire prende in mano i ritagli che sua figlia portava quando l’ha aggredita verbalmente. Cose che lei, ovviamente, non ha visto. Ma è la foto di Geillis sull’opuscolo che le dipinge sul viso un’espressione sbalordita. “C’erano fantasmi intorno a me dappertutto, sin dal mio arrivo.” Geillis è inconfondibile e Claire rammenta la data che la strega le aveva fornito al processo. Quella dell’attraversamento delle pietre, il 1968 e non è un fantasma, è qui in carne e ossa, solo più giovane.

Decisa a capire di più, Claire va a casa di Geillis. Guardiamo questa bella donna di mezza età, ha superato ormai quella soglia in cui una donna all’epoca era considerata fuori causa da ogni possibile flirt. Ha quarantotto anni, veste con classe, guanti, sempre, soprabito, foulard, trucco perfetto. Resta una donna bellissima, ma li abbiamo guardati i suoi occhi? Spenti o mesti, se non quando si parla della figlia o del suo grande amore. Avete notato l’infallibile lavoro del reparto trucco? Hanno invecchiato Cait pur lasciandola come è, bellissima. Geillis si fa chiamare Gillian e l’uomo che Claire si trova davanti è il marito di Geillis/Gillian. L’uomo è distrutto dall’assenza della moglie che non vede da settimane, impegnata come è coi Nazionalisti. Quando si addormenta, ubriaco, Claire sottrae i taccuini della strega ed esce da lì.  Roger e Brianna incontrano proprio la donna, al Pub e lei esorta Bree a non arrendersi e a fare le domande difficili, perché “è così che si cambia il mondo”. Le fa sapere che non si vedranno al prossimo raduno perché lei parte questa notte per promuovere la causa. Quella giacobita, certamente. Claire studia i taccuini di Geillis, per ore, si rende conto alla morbida luce del fuoco nel camino che la strega ha pianificato il viaggio, che ha studiato tutto e che prepara un sacrificio umano per il passaggio attraverso le Pietre. Claire capisce che Geillis vuole partire presto e intende fermarla, prima che sia arsa viva su una pira a Cranesmuir. Le otto e quarantatre del sedici aprile. Jamie ordina a Murtagh di riunire tutti i Fraser di Lallybroch e di portarli via da lì, di portarli in salvo nelle loro case perché non importa più se sia legittima o meno, la Battaglia è persa, maledetta dal principio. “Non permetterò che la mia famiglia muoia per nulla.” E mentre la musica ci avvolge il cuore e lo tiene al caldo, in questo mattino cupo e livido, di quel blu che prelude il nero, apprendiamo da Jamie stesso che messa in salvo Claire, e glielo vediamo lampeggiare negli occhi il nome di Craigh Na Dun, tornerà per battersi a Culloden, finché non sarà finita. Murtagh gli assicura che guiderà i Fraser al sicuro e a casa ma che al ritorno di Jamie combatterà al suo fianco. Quando Jamie prova a fargli capire che non vuole che muoia per nulla, Murtagh obietta che non succederà, morirà con Jamie. Quando Brianna ritorna cerca di stabilire una specie di tregua con sua madre, niente racconti su viaggi nel tempo ma dimmi chi era Jamie Fraser. Claire ci prova, ma poi è inevitabile parlare con riferimenti temporali e confessa a sua figlia che lei ha combattuto strenuamente per non innamorarsi di Jamie. Guardiamole, le donne di Jamie, che si fronteggiano, con lui che non è mai andato via da loro. Claire raggiunge Roger. Deve riprendere qualcosa nello studio e mentre loro parlano, il discorso da Brianna si sposta a Geillis, arriva anche Bree. Claire vuole fermare Geillis, ma sa che non può. Perché Roger Mac è un diretto discendente di Geillis e di Dougal MacKenzie. Non sa come succedano queste cose, se tentassero di non far passare Geillis nel cerchio. Bree abbandona la stanza ma Roger le va dietro e mentre lei lo accusa di alimentare le illusioni di sua madre, lui le suggerisce, con un umorismo tipicamente scozzese che se sono illusioni, tutto quel che può succedere è, di fatto, che Geillis sbatta la faccia su una pietra di cinque tonnellate e torni indietro. Con la prospettiva che sia finalmente l’occasione per chiudere la faccenda per sempre, anche Brianna si convince. Sono le otto e cinquantaquattro del mattino, il sole arriva sulle truppe scozzesi che si riuniscono accanto alle bandiere, mentre Jamie a passo sostenuto allontana Claire da lì. Quel sole che benedice una risoluzione che si conferma figlia della incredibile generosità ma soprattutto dell’amore profondo che Jamie nutre per sua moglie. Quell’amore che pur costringendo a trascinare la recalcitrante moglie, che non vuole abbandonarlo (Tu mi avresti lasciata sul rogo? Lasciata? Io sarei bruciato con te.) gli ha fatto tenere il conto, pur in mezzo al delirio della ribellione, del fatto che da due mesi sua moglie non ha più il mestruo. Una donna regolarissima, che lui conosce bene, quindi è incinta e perciò deve salvarsi, lei e la loro creatura. Lei non vuole, si rifiuta con tutta se stessa, ma Jamie è irremovibile e giacché ormai tutto è perduto, i suoi amori più grandi devono salvarsi, grazie ad un uomo che le accudirà.

Di sicuro e diverso avviso rispetto all’amore coniugale è Geillis, che dopo aver inondato di benzina il corpo del marito, gli dà fuoco. Già vestita come una donna del diciottesimo secolo, non ha esitazioni. Come neppure Claire ne ha e guida figlia e professore di Oxford alle pietre di Craigh Na Dun. Mentre salgono annusano odore di carne bruciata e nonostante Claire la chiami, la strega attraversa le pietre. È notte, le uniche luci sono quelle gettate dal corpo dell’uomo che brucia. Esterrefatta, Brianna non solo si rende conto che Geillis è passata, ma sente il ronzio e, come lei, lo sente anche Roger. Molto, molto importante questo. Il rumore della grande pietra è inquietante, lo sentono sia la madre che la figlia, è come un lamento e lascia coi nervi scoperti e il fiato corto. Lo stesso fiato spezzato del cavallo che porta Jamie e Claire al cerchio di pietre. È mattino, c’è la neve per terra, anche se la primavera è entrata nel calendario, siamo pur sempre in Scozia, lì dove il cielo azzurro promette gelo e la terra crepita sotto i passi, con il rumore delle croste di neve rappresa che calpestate gemono. La musica è un crescendo di emozionante mescolanza di voci e suoni, epica, ci sfiora la mente e ci rapisce il cuore e, poi, si smorza, come le onde che colpita la roccia diventano spruzzi di luce. Claire è sommersa dalla incertezza, che cosa dirà a Frank? Jamie azzarda una ipotesi, che forse l’uomo non ne voglia sapere, ma che se volesse, sappia che Jamie gli è grato, che si fida di lui, che lo odia fino al midollo delle ossa. Claire sente il ronzio, Jamie no, lei tenta di convincerlo a seguirla, ma Jamie è irremovibile, se anche sentisse ciò che non sente (Bree figlia di Claire si e Roger discendente di Geillis anche) non sarebbe al suo posto. Il suo posto è la Piana di Culloden. Quale è quell’uomo che sapendo di morire non solo non scappa, ma affronta il suo destino a testa alta? Jamie porta in salvo il suo bene più prezioso, sua moglie e poi, dopo, sa che può morire in pace. Le fa una promessa che, ve lo confesso, mi ha fatto nascere una domanda: ti troverò, te lo prometto, se anche dovessi sopportare duecento anni di purgatorio, duecento anni senza di te, allora quella sarà la mia punizione che mi sono meritato per i miei crimini. Digressione, secondo voi, Jamie parla del fatto che una volta morto aspetterà che muoia Claire per riunirsi a lei, oppure parla di cercarla in altro modo? Vi ricordate lo scozzese fantasma che appare sotto la finestra di Claire e che passa vicino Frank, vero? Ma se Jamie non può attraversare la Pietra, allora era davvero morto, lì e la stava aspettando? Ma noi che leggiamo la saga, sappiamo che Jamie in quel preciso momento, duecento anni prima, non è morto. Quindi? Diana Gabaldon ha creato un mostro temporale e spero che lo spieghi. Torniamo a Jamie. “Perché ho mentito e ucciso e rubato, tradito e ingannato la fiducia. (Guardate l’espressione possente di Jamie, colma di amore e di passione) Quando sarò al cospetto di Dio, avrò solo una cosa per far pendere la bilancia dalla mia parte, contro il resto. Signore mi hai dato una donna straordinaria (notate l’amore nei suoi occhi, qui piangevo come una fontana) e, Dio, quanto l’ho amata.” E quella passione come un fiume in piena sigilla e chiude il cerchio di quella prima occhiata nella lurida capanna quando lei gli mette a posto il braccio. Sull’erba gelata l’amore li unisce, per l’ultima volta. I cannoni annunciano che la Battaglia è iniziata. Claire dà a Jamie la libellula nell’ambra, dono di nozze di Hugh Munro. E poi c’è quell’ultimo Sangue del mio sangue, ossa delle mie ossa. Jamie la alza, le dona l’anello col rubino, quello di Brian, per il bambino, quando crescerà. Claire promette che lo chiamerà Brian come il nonno. Il sole si disegna uno spazio sul viso di Jamie, lo illumina e lo rende più bello, in questo momento tragico, che spezza il cuore, in cui solo uno come lui può ancora sorridere. Conduce la moglie alla Pietra e mentre le mette la mano sulla superficie fredda, china il capo, piangendo, dopo averle detto addio. Sconvolta, Brianna capisce che è vero, che tutto quello che sua madre le ha raccontato è vero. Le crede, non lo capisce, ma le crede e il sollievo e la gioia di Claire tinteggiano sul suo viso un sorriso commosso che è incantevole. Niente più bugie, tra loro, solo la verità. Perché quando c’è la verità, il nostro cammino, qualunque sia, diventa più leggero. Non abbiamo pesi. Le bugie ci appesantiscono, ci piegano. La verità ci alza la testa e ci illumina lo sguardo. Stretti tra le braccia di Claire e di Brianna, nel buio che rivela solo i contorni, nascondendo il resto, ci sentiamo incredibilmente leggeri. Roger torna con la notizia che ha avvisato, anonimamente, la polizia. Bree lo sprona a dare qualcosa che ha scoperto, a sua madre. Le ricerche che Frank aveva chiesto al reverendo e che, probabilmente, non sono mai state spedite a Boston. Secondo le ricerche, diversi uomini sopravvissero a Culloden, si rifugiarono in una vecchia casa per due giorni, furono fatti prigionieri e condannati a morte. Di questi cinque, un Fraser dei capi dei reggimenti di Lovat, sfuggì all’esecuzione. Dei cinque Fraser ufficiali, per quattro di loro ci sono i nomi su una placca commemorativa nella chiesa di Beauly, quindi sono stati assassinati. Di uno no.  Ed è Brianna che lo dice, James Fraser, mio padre. È il quinto nome. Il nero della notte che diventa blu adesso si inonda di luce. La luce della speranza di Claire, perché se Jamie non è morto a Culloden Moor vuol dire che lei può raggiungerlo. Mentre Claire ascende al cerchio, ascoltiamo il canto ipnotico e magico delle donne di quella lontana notte. Jamie è sopravvissuto. Mentre Brianna guarda sua madre con una paura fin troppo palese, la luce che si irradia dal centro del cerchio è forte come la verità. “Se lui è sopravissuto, allora devo tornare indietro”. La luce calda, incredibilmente bella, illumina il viso pieno di speranza di Claire. I suoi occhi verdi, la luce che li rischiara, la musica che raggiunge il crescendo, la pietra che si avvicina e…Grazie.

Grazie infinite a Ronald Moore per questa seconda stagione, grazie a Sam Heughan per averci dato un Jamie praticamente perfetto, il Re degli Uomini. Grazie a Tobias Menzies per aver dato a tutti noi un doppio ruolo, Frank e Black Jack, reso con rara dote e maestria. Ma, soprattutto, grazie alla protagonista di questa serie, alla incredibilmente brava e bella Caitriona Balfe, che è Claire. Lei è la nostra Claire, non c’è nessuna esitazione in me, che amo questa saga dal lontano 1994, nel riconoscerle un ammirato ed emozionato “grazie” per l’interpretazione sempre incredibile, per tredici episodi, di questa donna eccezionale. In questo episodio c’è lei su tutto e su tutti, ma anche negli altri, c’è lei, sempre, tutto ruota attorno a lei, tutto vive per lei e in lei. È Claire Beauchamp il cuore di questa storia meravigliosa. Quindi grazie Cait! Grazie a tutti gli sceneggiatori e ai registi che hanno saputo rendere visibile una storia che abbiamo letto e amato tantissimo. Grazie a tutti voi, che ci avete seguito fedelmente in ogni settimana, grazie della pazienza, del supporto, dei commenti, degli attestati di fiducia e grazie, da parte mia, a Giuseppe per l’opportunità, alla Gazzetta di Outlander per avermi offerto l’onore di scrivere le recensioni. Grazie a Diana Gabaldon. Il cerchio si è chiuso. Ma poiché il cerchio non ha inizio e non ha fine, tutto quello che amiamo è lì, basterà affacciarsi per trovare di nuovo passione, amore, coraggio, spietatezza, intrighi, sangue, lacrime, fango, insomma: basterà allungare la mano verso la Pietra e saremo lì. Di nuovo.

Recensione a cura di Cristina Barberis.

6 Risposte a “Recensione Outlander Episodio 213: Dragonfly in Amber”

  1. Cara Cristina,mi hai fatto di nuovo emozionare,tanto,come se avessi rivisto la puntata.Ancora con le lacrime agli occhi ,insieme a te mi sono commossa.Che dire..ci mancheranno ..e ci manchera’ la tua sensibilita’ nell’approfondimento delle puntate.Ma il 2017 e’ alle porte e la terza serie e’ in arrivo………grazie alla Gabaldon,ai produttori ,gli attori e la crew,per averci regalato questa meravigliosa storia e a te per averla resa reale e ancora tangibile sotto i nostri occhi con le tue bellissime parole.A presto…..Daniela

    1. Grazie infinite Daniela, non c’è finzione nè sono frasi di circostanza, quando dico, lo sottoscrivo, che le parole di apprezzamento sono per me una gratificazione incredibile. Suscitare emozione, coinvolgere, dare materiale per sognare, questo per me è il miglior grazie che possa auspicare. Grazie a te 🙂 davvero.

  2. Cara Cristina, veramente non ho parole….. sono commossa, estasiata, meravigliata di queste lacrime e
    per l’amore che ho verso questi personaggi…
    Tu descrivi il tutto come solo una scrittrice sa fare,; potremmo fare a meno di guardare gli episodi, tanto le tue recensioni sono perfette. Intanto grazie di tutto, mi hai fatto capire tante cose, sei una persona
    sensibile e dolce, precisa nei dettagli (che a me sfuggono)… continua a scrivere i tuoi racconti, prima o poi avranno successo ed io, come ti ho già detto, sarò la prima a comperarli. Ti auguro una buona
    estate, a presto e pronta per la 3 stagione.
    Un grande abbraccio e tanta stima
    Luciana

    1. Luciana cara 🙂 il tuo affetto e la tua stima sono molto importanti, per me. In questi mesi mi hai sostenuta e aiutata e, credimi, questo è fondamentale. Grazie infinite per l’incoraggiamento, dedicherò l’estate alla revisione e alla seconda stesura di alcuni racconti, ma soprattutto di un romanzo in particolare. Abbi un’estate splendente, a presto.

      Ricambio di cuore, davvero.

  3. Ciao Cristina,

    ho visto l’episodio solo ieri sera sul pc, quindi non potevo leggere prima la tua recensione!
    Volevo farti ancora una volta i complimenti, perché le tue recensioni sono sempre molto personali, denotano passione per ciò che scrivi e sono altresì arricchite da riferimenti colti (richiami letterari e non solo), che dimostrano anche una notevole cultura personale, quindi chapeau!
    Essendo persona curiosa, alla quale piace esplorare punti di vista diversi, leggo più recensioni, sia scritte da persone che non conoscono i libri, sia da chi li conosce bene, quindi il cui giudizio è influenzato (spesso non riuscendo a staccarsene) da questi. Tu che hai letto i libri, e conosci la saga fin dalla sua genesi nei lontani anni ’90, riesci sempre a dare giudizi obbiettivi e rispettosi di altre opinioni, quindi mi conforta leggere che quasi sempre ci troviamo d’accordo sulle impressioni/sensazioni delle puntate e che, comunque, dai un giudizio molto positivo sulla serie.
    Io, non l’ho mai negato, sono una grande fan della seire tv, meno dei libri. Ho conosciuto Outlander grazie a Sky e mi sono innamorata subito di questa serie, grazie alla meravigliosa fotografia e colonna sonora nonché allo splendido cast di attori, tutti perfettamente in parte. Presa dalla curiosità, dopo la visione della serie, ho iniziato con la lettura dei libri (sono arrivata a “La collina delle fate”), ma i libri li trovo a tratti prolissi e troppo incentrati sulla ricerca di colpi di scena (anche laddove non sarebbero necessari rendendo la storia inverosimile). Ci troviamo indubbiamente di fronte ad una bellissima storia d’amore, calata in un contesto affascinante, ma rischia di venire rovinata dal fatto che sulla saga non sia stata ancora scritta la parola “fine”. Anche le storie più belle, se tirate troppo per le lunghe, stufano.
    Siccome questa è la recensione dell’ultimo episodio della seconda serie, farò un bilancio complessivo dell’intera serie, che, secondo me, ha alternato momenti qualitativamente migliori rispetto ad altri (mentre la prima serie si è attestata su livelli altissimi fin dai primi episodi e li ha mantenuti fino alla fine). La parte meglio riuscita è stata quella ambientata in Scozia. Dal ritorno in Scozia in avanti – a parte la puntata della season premiere – la qualità della serie vira decisamente verso l’altro, arrivando ad eguagliare quella della prima stagione, mentre la parte in Francia l’ho trovata – e mi rincresce dirlo – parecchio noiosa (da questo punto di vista, devo dire che il libro, invece, era stato un pochino meglio, se non altro perché certe concatenazioni di eventi si capivano meglio).
    L’ambientazione a Praga mi ha dato un effetto di straniamento e, conoscendo bene questa città, ho faticato a dimenticare che fosse Praga e non Parigi…non so, in generale nelle scene girate all’esterno, era molto difficile non pensare ad una “riproduzione” anziché alla realtà. Questa cosa non è, invece, mai successa nelle ambientazioni scozzesi, né nella prima né nella seconda serie. I tanti eventi parigini descritti nel libro, poi, hanno risentito del dover essere “compressi” in soli 7 episodi. Gli sceneggiatori hanno fatto miracoli, ma 13 episodi erano pochi. La Straniera, che è un libro altrettanto lungo e meno denso di avvenimenti, è stato trasposto in 16 episodi, infatti la differenza tra libro e serie è minima (con notevoli miglioramenti della serie rispetto ai libri, si pensi ad es. alla maggiore caratterizzazione di personaggi secondari come Murtagh o come Rupert e Angus).
    Del lavoro fatto sulla seconda serie, invece, non ho per niente apprezzato la resa del personaggio di Jaime nella versione parigina, che sembrava l’ombra di se stesso, mentre nella parte scozzese torna ad essere quello che abbiamo sempre conosciuto (e amato). Mi trovo, inoltre, d’accordo con chi lamenta la mancanza di scene intime tra i protagonisti in questa stagione. C’è chi ha criticato le scene di sesso nella prima stagione, definendole troppo spinte, io le ho trovate invece di una umanità e di una veridicità disarmanti. Chiunque abbia avuto la fortuna di vivere un amore forte nella vita (pur considerando che la vita non è un romanzo), non poteva non immedesimarsi in quelle scene, che non erano affatto volgari. Quelle scene sono mancate, perché la passionalità è una componente fondamentale di questa coppia. Capisco che ogni rapporto d’amore si evolva con il tempo, e che dalla passione dei primi tempi si passi ad altri stadi, ma ciò non accade mai in questa coppia, cioè il loro rapporto si evolve, sì, ma mai a discapito della loro intesa sessuale! Qui, secondo me, la produzione ha sottovalutato l’impatto che il rendere casta questa coppia avrebbe avuto sul pubblico. Di certo l’aver dovuto riassumere un libro complesso come “Dragonfly in Amber” in soli 13 episodi, li ha costretti a concentrarsi sugli avvenimenti, ma – per quanto sia interessante capire la storia della rivolta giacobita – avrei tolto qualche scena alle filippiche di Bonnie Prince Charles e le avrei regalate al rapporto tra Jaime e Claire. Insomma, la storia secondo me è stata derubata di una componente importante e questo è pesato.
    Mi sono molto dispiaciuta delle mancate nomination “di peso” agli Emmy, ma se devo essere sincera, a parte la prima puntata e le puntate scozzesi (forse anche “Faith”), la prima parte della seconda stagione non sembrava nemmeno lontanamente quella serie da me tanto amata. Forse gli unici, che avrebbero comunque meritato una nomination, sono Cait e il sempre superlativo Tobias Menzies. Sam, nella versione scozzese, è un figo pazzesco, ma Tobias è un Signor attore e su questo non ci piove! Ho sì apprezzato la ricerca fatta nella resa dei costumi e delle magnificenti scenografie, soprattutto degli interni, ma gli episodi in Francia li ricorderemo solo per questo, mentre la vera storia, quella che ci ha tenuto con il fiato sospeso, l’abbiamo vissuta in Scozia (infatti già temo quando l’ambientazione della terza serie si sposterà dalla Scozia alle Americhe).
    Detto questo, e tornando a parlare di questo finale di stagione, devo dire che Sophie Skelton- a dispetto di tutte le critiche che le sono state rivolte – non mi è sembrata poi tanto male, sia nella recitazione, sia nelle sembianze. Era molto dura trovare una figlia degna di cotanti genitori, perché Cait e Sam sono talmente perfetti nelle loro rispettive parti, che nessuna attrice ci sarebbe parsa all’altezza. Spenderò, infine, due parole su una recensione letta, dove l’autrice criticava la scena intima tra Claire e Jaime prima della separazione finale davanti alle pietre. Lei la definiva un po’ squallida, ma non sono affatto d’accordo, anzi a questo proposito devo dire che la sveltina finale del libro…quella sì l’ho trovata squallida, non certo questa!
    Il finale di stagione l’ho trovato perfetto, sotto tutti i punti di vista! Ovviamente anche qui si è dovuto fare un grosso lavoro per riassumere tutta la parte, in cui si descrive il ritorno di Claire e Bree in Scozia nel 1968 e in cui si introduce il personaggio di Roger, senza che il plot ne risentisse, ma fortunatamente siamo nelle mani di ottimi sceneggiatori che riescono, addirittura, ad incastrare il presente (1968) con la vigilia della battaglia di Culloden, inserendo anche la dipartita di Geillis Duncan, il tutto in un crescendo di angoscia, suspence, emozione e speranza.
    Spero vivamente che la terza serie si mantenga su standard elevati e che il costringere la produzione a girare con ritmi serrati, sempre mantenendo i fatidici 13 episodi, non si rifletta negativamente sulla storia. L’attesa sarà lunga, ma se attendere di più servirà ad avere una terza serie migliore della seconda, ben venga l’attesa! Ti auguro buone vacanze estive! A presto, Samanta

  4. Prima di tutto Samanta grazie infinite per le belle parole, si legge sincerità in trasparenza e credimi che mi fanno un bene enorme, sul serio. Sono graditissime e motivazionali 😀
    Le saghe quando diventano tali dovrebbero essere cantate da Aedi ma diciamo che la nostra Diana Gabaldon non se la cava male. Da una parte c’è l’esigenza e anche il desiderio di uno scrittore, una scrittrice di raccontare una storia che ama lui/lei per primo/a e dall’altra quello di soddisfare il fandom che, ormai serializzato dal cinema e con i telefilm che vantano stagioni millenarie, non accetta l’idea, anche naturale tutto sommato, del termine definitivo di qualcosa che piace. A parte Star Wars, nata come saga, parliamo del lontano 1977 il cinema di trenta anni fa non prevedeva sequel, fenomeno nato negli anni 80, nella metà, quando i produttori si sono resi conto che il pubblico che li sfamava e li arricchiva era possibile accontentarlo con nuovo capitoli di film che, in massima parte, erano nati come one shot. Stesso dicasi dei libri, nell’editoria è successa la stessa cosa. La saga di Outlander la amo, ma non ho mai nascosto che alcuni libri sono meno avvincenti di altri, ad esempio, per mia peculiarità, amo quelli ambientati nelle Americhe pre coloniali, ma come dici tu c’è a volte l’evidente espediente del continuo colpo di scena.
    Espediente molto ispirato, visto che funzionò, dalla saga di Angelique marquise des Anges, nata dalla penna di Anne e Serge Golon, saga che ha fatto furore e che ha aperto le porte del romance storico a tutta una serie di prodotti più o meno validi. Saga alla quale, secondo i meccanismi del colpo di scena e del mettere in guai grossi i protagonisti, anche la nostra si specchia e se ne abbevera. Del resto la regina indiscussa del romance americano, o meglio, colei che ha dato la vita a questo tipo di letteratura, Kathleen E. Woodiwiss, antesignana di tutte (noi) coloro che scrivono romance storico non ha mai scritto saghe ma singoli libri e, credimi, anche la mia abitudine alla serializzazione gliene è grata perchè non è un assunto scientifico che una cosa sia bella o gradevole se dura nel tempo. Anche perché per durare nel tempo ha bisogno di maggiori e vigorosi innesti di personaggi secondari e sottotrame che spesso apportano solo marginalmente freschezza o piacere alla storia principale.
    Per tornare a noi, se mi perdo in chiacchiere è la fine cara, scusa 😀
    Tu preferisci la serie tv ai libri, questo è quanto meno condivisibile, credo che nel fandom ci sia posto, indiscutibilmente, per tutti, sia per chi ha letto i librri sia per chi ha visto la serie tv.
    La quale, purtroppo, non è e non può essere esente da difetti, il primo dei quali è, pur non essendo un difetto ma un diverso modo narrativo, l’esigenza di accordare quello che funziona sulla carta stampata a quello che funziona in pellicola. Sono due modi di narrare decisamente diversi che hanno techiche e tempi diversi e che richiedono a volte invenzioni o guizzi totalmente estranei.
    Quindi ad esempio io la scena della loro unione nel cerchio di pietre, nel libro, che poi accade in una casa e al coperto e non all’aperto e per un lampo di tempo, l’ho trovata incredibilmente tenera, a te non piace, e questo, oso dire, è il bello del potersi confrontare.
    Francamente spero che la terza stagione, che parlerà di un libro che ho amato moltissimo, sia più lunga di tredici episodi ma dobbiamo anche tenere conto che produrre un serial tv di questo livello, incredibilmente alto, è economicamente alimentare una voragine. Per questo auguro loro di avere un ritorno economico dalla vendita di gadget e dvd giacchè sarebbe almeno un ripagarsi delle mancate nomination.
    Grazie della tua risposta estremamente articolata, l’ho goduta moltissimo.
    Buone vacanze a te Samanta e ancora grazie infinite per questo confronto, lo trovo stimolante e piacevole.

    Un abbraccio,

    Cristina

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