Recensione Outlander Episodio 212: The Hail Mary

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“O, I die, Horatio; | the potent poison quite o’er-crows my spirit: | I cannot live to hear the news from England; | but I do prophesy the election lights | on Fortinbras: he has my dying voice; | so tell him, with the occurrents, more and less, | which have solicited. The rest is silence.” (Amleto: Atto V, scena II;) Ci siamo quasi. Se ci alziamo sulle punte e guardiamo oltre il velo fumoso della Storia, lo vediamo: Culloden Moor è li, ci chiama. Siamo al dodicesimo e penultimo episodio della seconda stagione di Outlander, The Hail Mary scritto da Ira Steven Behr e Anne Kenney e diretto da Philip John,  apre ai nostri occhi il consueto quadro, che non lascia nessun dubbio: una cartina con su scritto la destinazione finale, Culloden Moor e piccole figurine rozze di eserciti schierati in battaglia. Perché così muoiono gli uomini in guerra, privi di dignità, come i soldatini cui un bimbo distratto dia una manata e li rovesci nell’indifferenza. Marciamo stanchi nel fango che nemmeno il verde intenso e il blu riescono a scacciare, siamo a cavallo con Jamie e Claire e Ross e Fergus e Dougal appena fuori Inverness, in un campo in cui i valorosi Highlander vincitori di Prestonpans e Falkirk restano, giorno dopo giorno, da cinque mesi, con cibo razionato e un tempo orribile a subire l’attesa. Mentre Rupert e Ross ricordano Angus e Kincaid commentando sul fatto che le battaglie non si vincono in ritirata, i nostri giungono all’asciutto se non al caldo. Sono tutti stanchissimi, non c’è cibo, ormai mangiano un bannock al giorno (vi ricordate? Era la forma di pane che le donne preparavano, all’inizio, pane morbido e soffice, ma solo pane e anche piccolo) e anche per i cavalli non c’è cibo e questo è il prodromo di Culloden, forze armate demoralizzate e mal nutrite ed esauste. Siamo al tredici aprile 1746, tra tre giorni ci sarà la battaglia decisiva. La disfatta dei Clan, la fine della Scozia com’è stata fino a quel momento. Mentre Jamie chiede a Murtagh di andare a prendere il Principe, per il Consiglio di Guerra, tutti e tre ricordano la data. Ma questo non li ferma, Murtagh va e Jamie cerca cibo per i suoi mentre Claire si reca a Inverness per le scorte di medicinali. Siamo in una Scozia gettata dal tempo nella Primavera eppure è, come sempre, fangosa, vira sui toni del grigio e del blu. Siamo pur sempre in una Terra in cui la primavera è solo la stagione dove  la pioggia è più fredda che in estate. Claire entra nella bottega di un erborista e qui incontra Mary Hawkins, che credeva a casa sua dopo la morte del Duca di Sandrigham, ma Alex Randall l’ha “intercettata” e lei è lì con lui, che fa il sorvegliante di una grande tenuta inglese nelle vicinanze di Inverness. Informa Claire che intendono sposarsi e al giusto sfogo di Mary, Claire obietta con la verità, o quasi, ha tentato di separarli perché Alex stava molto male ed era senza impiego. Ottiene però la possibilità di andare a trovarli. Il consiglio di guerra ci porta dritti tra la cecità del Quartiermastro e i tentativi di Jamie di convincerli che la piana di Culloden, privi di cavalleria e batterie di cannoni, sarebbe perfetta solo per gli Inglesi e c’è da considerare che gli uomini sono stremati alla vigilia, per ora solo presunta, di uno scontro così importante. Inoltre stanno aspettando l’oro francese, che li aiuterebbe a rifocillarsi e riarmarsi per bene. Sembra che sia quasi riuscito a convincere il Principe, il nostro Rosso amatissimo, ma Sua Altezza Reale ha l’unico scatto di orgoglio nel momento sbagliato (Non sono una lepre impaurita braccata da un branco di cani da caccia inglesi) e mentre Jamie resta in ginocchio ad ascoltare Prince Charles che vuole marciare su Culloden, noi diciamo come il generale “Possa Dio avere pietà di tutti noi”. Incastro perfetto, è un epitaffio. Sentiamo il freddo odore del Destino che piomba e, ineluttabilmente, ci avvolge. Dallo sguardo consapevole di Jamie passiamo al blu che circonda Claire. Nella locanda che ospita Mary e Alex trova quest’ultimo grazie ai colpi di tosse. È in uno stato pietoso, Claire capisce subito che ormai è incurabile. Oggi lo avremmo sottoposto a terapie intensive, antibiotici o cure efficaci, mettendoci sopra anche la speranza che il buon cibo lo avrebbe aiutato. Ma siamo nel 1746 abbiamo a disposizione impiastri e cataplasmi. E il catarro e il sangue hanno preso possesso di Alex. Il quale è felice di vedere Claire ma lei non è certamente felice di vedere Jhonny (che cosa avremmo fatto senza di lui) ovverosia il fratello maggiore di Alex, il Capitano dei Dragoni Jonathan Wolverton Randall. Lo scontro con Claire è duro, lei mercanteggia per sapere dove sono gli uomini di Cumberland e Black Jack capisce che la Claire che ha colpito nello stomaco con un pugno non esiste più. Mary è incinta. Che ci suggerisce questo, unito al fatto che Black Jack non può, indubbiamente, procreare? La reazione di Jamie è violenta. Non si libererà mai di quell’uomo? Claire no di certo. Randall ha dato loro delle informazioni, molto importanti, ma sono da verificare ed è la moglie stessa che informa Jamie che tornerà a visitare Alex, portandosi magari dietro Murtagh per evitare che se Alex muore con lei lì Black Jack la uccida. Nella notte buia in cui fiammeggiano solo poche sparute candele, all’accampamento arriva, inatteso, niente meno che Colum MacKenzie. Il quale, essendo quello che è, fa una entrata da par suo. Claire lo visita e ratifica che le sue condizioni sono pessime. Dopo aver scambiato delle battute con Jamie su Dougal, questo zio e il nipote sono più simili di quanto si creda, domanda di poter parlare da solo a Claire. Le chiede di porre fine alle sue sofferenze e la informa che Geillis Duncan, menzionata nel discorso, ha fatto in tempo a dare alla luce un maschio, prima di essere bruciata sul rogo. Sapete questo che significa vero? Chi ha la linea diretta con Geillis, chi ha il colore degli occhi, chi ha il sangue della strega? Dato a William MacKenzie e alla moglie Sarah, privi di figli, il piccolo crescerà con loro. Dougal lo sa (il bambino è un altro degli errori con cui mio fratello deve convivere). Nel buio doloroso di questa stanza, alla luce delle candele, la sofferenza e il pianto di Colum sono strazianti. Non so voi, ma pur non avendo mai avuto una simpatia estrema per questo personaggio, ho nutrito e nutro per lui un rispetto che si fonda sull’accettazione della propria condizione in maniera dignitosa. Claire gli dà l’estratto di gelsomino giallo “per quando sarà pronto” e Colum la ringrazia “per quel che vale avete la mia più profonda gratitudine” e da un letto di morte certa passiamo ad uno di morte annunciata. Sono tutti lì in una atmosfera cupa e densa di dolore. Black Jack, Murtagh e Claire e Mary. Tutti per Alex, che ormai è spacciato e se ne rende conto anche Jonathan il quale, mentre tenta di convincere Claire a curare il fratello, almeno qualcosa per il dolore, si vede Murtagh davanti. Implacabile, la guardia del corpo della curatrice non si sposta da lei. In un momento di intensa drammaticità Alex tenta di convincere il fratello a sposare Mary (la linea diretta di sangue di Frank. Che è discendente di Alex e non di Black Jack) e in quel buio pieno dei colpi di tosse di Alex, Black Jack rifiuta ed è solo il fratello a vedere in lui quello che ha amato e che ama, gentilezza e generosità. E, per un istante, ci chiediamo chi o che cosa abbiano portato quest’uomo terribile ad essere quello che è, a rifiutare sul letto di morte a suo fratello il favore di prendere in moglie la donna che quegli ama, incinta del figlio. Le vediamo le tenebre che aleggiano attorno a Black Jack? Il Nero del suo soprannome che si addensa, così come nero è l’abito che indossa, così come nero è lo sguardo duro che rivolge a se stesso, prima che al fratello agonizzante. Dougal porta in parte la conferma di quello che Jamie già sa a questo e il nipote lo informa che è arrivato Colum. Il Murtagh della serie è alto e imponente (a differenza del taciturno omino dei libri) ed è persino più alto di Claire, parlo di Caitriona, giacché di quella dei libri non saprei, ed è dall’alto della sua imponenza di guerriero che apostrofa Frank Randall “leggendario coglione” e, credetemi,  ho amato la sceneggiatura. Non perché io creda in nessun modo che Frank lo sia, no, ma perché ho visto dietro questo dialogo la rabbia e la frustrazione di chi sa che tutto deve essere fatto per uno scopo e lo esegue, anche se lo scopo non gli piace o non lo condivide. Quello è Murtagh ed è davvero un gigante, perché è colui che si erge tra il mondo e Jamie, tra il mondo e Claire. Lo amo, amo moltissimo lo spessore  e il rilievo che gli hanno conferito nella serie. Al di là delle discordanze con la saga. Murtagh, in un fiotto di dolcezza e di cavalleria, si offre di sposare Mary al posto di Black Jack ma giustamente Claire obietta che se fosse vedova di Murtagh sarebbe povera, se vivesse vedova di Randall erediterebbe la sua proprietà e anche la pensione da ufficiale. Claire entra da sola per incontrare Black Jack e il loro dialogo è quanto di più vicino all’inferno si possa mai andare pur essendo ancora vivi. In uno scambio di vedute opposte, con la luce fioca che disegna i visi contornandoli più di emozione che di luminosità, lì dove la luce non arriva a toccare il nero cupo e doloroso del cuore di quest’uomo, egli sfoggia una crudeltà pervicace nel ricordare a Claire che cosa ha fatto a Jamie e le chiede se sia sicura di volergli mandare Mary nel letto. Claire, da par suo, invoca che l’amore che Jonathan prova per Alex lo tenga lontano da Mary (i vostri impulsi) e negli occhi neri da ubriaco di Black Jack, dove anche le lacrime sostano per un istante minuscolo, troviamo forse rammarico per ciò che è, forse amore per il fratello ma di certo vediamo la via che conduce all’abisso. Dougal va da Colum. Il quale, in un confronto duro e diretto, informa il capo guerra MacKenzie che alla propria morte sarà Hamish a guidare il clan al posto di Dougal come spetterebbe per linea di sangue, anche, che Ned Gowan gli insegnerà le leggi del clan e che sarà Jamie, se accetterà, a crescere Hamish nella giusta maniera. La reazione di Dougal è ovvia e a quella Colum oppone una risposta umiliante cioè che se la metà della popolarità di cui Dougal crede di godere fosse vera, i suoi uomini sarebbero accorsi dietro di lui in gran numero. Jamie accetta l’onore ma sta per declinarlo, affermando che anche lui come Dougal porterebbe i Mackenzie a combattere gli Inglesi e Colum, che è un uomo storpio nel corpo ma non nello spirito, ribatte che lo sa ma che sa anche che Jamie metterebbe la salvezza degli uomini al di sopra della sua. Se anche Dougal dirà la stessa cosa credendoci, nella mente e nel cuore, la custodia di Hamish sarà sua. Ma Dougal è un individualista, un uomo che pensa solo ed esclusivamente a quello che è importante per lui e lascia la stanza. Magistrale la battuta di Colum “Povero fratello, ho vissuto la mia vita storpiato nel corpo e lui l’ha vissuta storpiato nella mente”. Da un letto di dolore ad un altro, in questo episodio, scritto anche da Anne Kenney, la Signora dei Sentimenti (c’è bisogno che vi ricordi chi ha scritto l’episodio del matrimonio?) scivoliamo muti e silenziosi, nella cerimonia di matrimonio tra le più tristi e dolorose e brutte, lasciatemelo dire, e drammatiche che mente umana ricordi. Tra i rantoli di disperata sofferenza di Alex, Jonathan e Mary (va tutto bene) si sposano con la presenza di testimoni di Claire e Murtagh. Jamie intanto ottiene una vittoria a metà, guidare una delle colonne che intrappolerà gli Inglesi di Cumberland la notte del compleanno di quello, in una marcia di dodici miglia. Il Principe, dato ascolto al Quartiermastro, guiderà l’altra proprio con l’Irlandese, nella principesca speranza di far bere a Cumberland una bottiglia del suo pregiato vino quando quegli sarà loro prigioniero. Non c’è pace per i MacKenzie. Dougal al capezzale di Colum, nel buio della notte rischiarato dalla luna che penetra dalla finestra, confessa al fratello che cosa prova, in un frangente invero commovente (il mondo non è stato più lo stesso) che suona così definitivo e ci lascia attoniti ed impotenti, mentre scendiamo nella profondità di quest’uomo che, nel bene o nel male, ha portato il proprio fardello sulle spalle, giorno dopo giorno, nella mancata accettazione della malattia del maggiore (il mondo…lo hai distrutto tu). Ma Colum non risponde, non può più farlo, l’estratto che gli ha dato Claire ha dato il suo corso. E Dougal, che lo abbraccia piangendo (Così mi volti le spalle un’ultima volta e mi lasci da solo nell’oscurità del mondo.) non può fare altro che arrendersi. Guardiamolo, questo Capo Guerra sconfitto, che la luce della luna contorna e copre, esalta e avvolge, mentre esprime il suo dolore, mentre, come in nessun altro momento in tutta la serie, scendiamo davvero nel cuore di Dougal MacKenzie e troviamo un abisso di solitudine, oltre che di infelicità. E ci fa pena, quest’uomo egoista e tronfio, leale al suo Laird e al suo Re, che non pensa che a se stesso e ai propri desideri. Perché chiunque prova un simile dolore ha il nostro compiangimento e la nostra pena. E tutto va come deve andare. Anche per Alex Randall, il quale muore tra lo strazio di Mary e il dolore di Jonathan che, per essere chi è, percuote con violenza il fratello, in uno scempio del cadavere che ha del nauseante, del ripugnante (avete sentito la musica, molto militare, in quel momento? Grande McCreary), perché che lui sia Black Jack non c’è dubbio alcuno. Jamie riceve dalla moglie la promessa che se l’indomani, caso mai la spedizione notturna ha successo, non ci sarà nessuna battaglia e quindi Randall non morirà a Culloden, morirà per mano loro. (Ricordami di non contrariarti mai Sassenach). Nella notte buia e fredda, ci muoviamo come spettri, con le colonne scozzesi che marciano, ma siamo destinati alla sconfitta: il Principe ha sbagliato strada, il suo esercito è sparpagliato tra quello di Jamie e il resto del mondo, come ci informa uno stizzito Murtagh e Sua Altezza è tornato indietro. Una notte di marcia che pesa su soldati stanchi e affamati e domani “Il Principe avrà la sua battaglia, alla Piana di Culloden”.

Si è molto sentito il peso della mano di Anne Kenney nella scrittura dell’episodio e anche di Behr che è un altro che con le emozioni non scherza mai. Vi siete chiesti il titolo a che cosa si riferisce? Apparentemente è il principio della preghiera mariana cattolica per eccellenza, Ave o Maria. Ma chi è la Mary che qui muove i destini di tutti? Menzione speciale per Graham McTavish, a mio avviso un Dougal grandioso, per Gary Lewis, un Colum straordinario, entrambi perfetti in ogni respiro e in ogni sguardo e per il nostro Tobias Menzies che con la mascella serrata, la bocca rivolta all’ingiù e una misura incredibile nei gesti e nella voce ci restituisce un Jonathan Randall assolutamente perfetto. Un episodio denso di dolore, sofferenza e morte e, per chi rimane, con la certezza che l’indomani l’alba che sorgerà sarà foriera di disastro. Per noi, che sappiamo, per chi tra loro sa e per chi, stanco e affamato, domani combatterà a petto nudo, con spade e asce e coraggio dinanzi ai cannoni di Cumberland, ai moschetti dei suoi soldati e al migliore schieramento ed assetto delle forze Inglesi. Perché domani è il 16 aprile del 1746 e non c’è Dio in Cielo o Demonio all’inferno che ci tolga da davanti al viso questa certezza. Possiamo solo alzare il mento, assottigliare lo sguardo e brandire le nostre armi. Perché noi no, non ci arrenderemo. Dio salvi la Scozia, Dio abbia pietà dei suoi.

Recensione a cura di Cristina Barberis.

2 Risposte a “Recensione Outlander Episodio 212: The Hail Mary”

  1. Brava, bravissima Cristina; e così siamo giunti quasi alla fine, la tragedia incombe inevitabile ed io, quasi come tutte, non sono affatto pronta. Come faremo a trascorrere un altro anno, prima della 3 stagione?
    Sicuramente rileggerò tutti i libri, riguarderò la 1 e la seconda serie e aspetterò…. mi mancheranno alcuni personaggi che ho imparato ad amare, grazie anche a te Cristina che hai dato descrizioni
    particolareggiate…. speriamo solo, in futuro, di trovare più sintonia e amore fra Claire e Jaime, venute a mancare
    secondo me per favorire questioni di guerra. Comunque ancora grazie Cristina e aspetterò con ansia,
    assieme a migliaia di fans, la fine di questa incredibile storia. Un bacio e un grande abbraccio

    1. Grazie Luciana <3 La speranza è quella che il loro rapporto si rinsaldi, post Culloden tutte sappiamo come è andata, quindi dovremmo vedere, speriamo, di nuovo quell'amore che ci ha rapite anche dal punto di vista filmico, perchè la prima stagione tra sguardi, sorrisi, aiuti e abbracci è stata perfetta. Un :* e un abbraccio a te.

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