Recensione Outlander Episodio 211: Vengeance is Mine

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“Oltrepassiamo i nostri ponti dopo esserci arrivati e ce li bruciamo alle spalle, e niente mostra il cammino percorso, tranne il ricordo dell’odore del fumo e la sensazione che una volta i nostri occhi hanno lacrimato.” (Tom Stoppard). Siamo arrivati all’undecimo episodio della seconda stagione “Vengeance is Mine”, scritto da Diana Gabaldon in persona, diretto da Mike Barker. Si apre con un quadro decisamente chiarificatore, un servitore sta spruzzando una parrucca e la sta incipriando, misure quasi contenitive di controllo di un minimo di igiene in un secolo che non brilla assolutamente per questo. Ma, all’improvviso, la parrucca cade per terra, come la testa di un decapitato. Immediatamente dopo entriamo nel vivo della ribellione, Claire ci aggiorna sulla presa di Carlisle e della vittoriosa occupazione di Manchester, senza che questo però porti ad una maggiore empatia per la causa né da parte scozzese, né da parte di simpatizzanti nel Nord della Inghilterra, li dove i nostri sono attualmente accampati. Nell’attesa che il Principe decida, Claire esercita la sua professione di guaritrice al campo e i capo clan attorniano Sua Altezza Reale cercando di mostrargli che “andare a prendere Londra” non è esattamente possibile, soprattutto il Generale e il Quartiermastro sono di questa idea. Idea che però Jamie contrasta in maniera convinta e dura: Londra è a cinque giorni di distanza, tornare in Scozia non ha senso alcuno. Anche il capoclan McDonald è contrario a proseguire, gli Inglesi sono numericamente superiori, trentamila contro i cinquemila scozzesi, ma Jamie argomenta che una ritirata in questo momento scoraggerebbe pesantemente i sostenitori della Causa. Quale sarà l’esito di questa riunione? Difficile estrarre a sorte, chi estrae è Claire, che cava denti meglio di un cerusico da piazza nonostante un Rupert perso nei ricordi dell’amico che salgono scomposti grazie anche all’alcol. Quando Prince Charles la mette giù dura, restare accanto al legittimo Re e al Dio che lo accompagna, oppure tradire, Jamie gli si inginocchia davanti, dopo aver mostrato a tutti la sua decisione, ma malgrado ciò la lealtà del Rosso non serve. Gli altri restano irremovibili e il Principe deve cedere. Jamie sconsolato ammette con la moglie che il Principe ha il cuore di un combattente, ma che marciare su Londra, nonostante non avrebbero potuto tenerla, avrebbe forse cambiato la Storia. Che è la sola cosa che sta a cuore a Jamie. Purtroppo non è così ed egli, da guerriero, rassicura i suoi e sua moglie che li terrà al sicuro e in salvo, tornando a Lallybroch per l’inverno. Avete notato che Jamie indossa la giacca che era di suo padre? E’ un testimone che gli è stato idealmente passato, lui è il Laird di Lallybroch, a lui tocca l’onere e l’onore di curare l’esistenza di chi gli è affidato. Nel buio silente e vellutato di una camera, si staglia come una statua di marmo, ma una statua con la consistenza di muscoli, nervi e sangue, Jamie Fraser che prega, in gaelico: “Dio proteggi la mia amata, la mia colomba bianca e il figlio che un giorno potrebbe aspettare. Proteggila dalla violenza, e dal male. In questo luogo e in ogni luogo. In questa notte e in ogni notte.” E’ di una dolcezza vibrante questa preghiera, è una supplica ed è uno scongiuro, è una richiesta ma anche un contrattare, Dio tu esaudiscimi e io ti amerò in eterno. Al di là delle parole, leggiamo bene il senso di quanto è chiesto: proteggerla dalla violenza. Oggi ci suona attuale, purtroppo, anche se con le leggi che abbiamo dovremmo sentirci più al riparo dalla quotidiana violenza cui sembra alludere Jamie. Una lite tra fittavoli, una ruberia di bestiame finita male, il sopruso della soldataglia, la violenza era all’ordine del giorno. Libera nos a malo. Proteggerla dal male, di qualunque natura, di qualunque forza o provenienza, riecheggia una delle richieste della preghiera insegnata dal Figlio di Dio. In questa notte. Che sia voluto per il momento o che sia rituale, la notte vista come momento e intervallo pericoloso è sintomatico di tempi in cui il buio copriva ogni nefandezza, in cui al calare della luce la protezione da essa assicurata scemava e ci si chiudeva in casa. In attesa che il sole rendesse più sicuro l’andare. Jamie bacia la moglie e lei si sveglia. Guardiamola questa coppia che si ama profondamente, guardiamola, con quelle diverse sfumature di verde appena rischiarate dalle candele, allacciata sotto le coperte. Un quadro. Le preghiere di Jamie servono, al mattino dopo irrompe Dougal con un ordine per il laird di Lallybroch di andare ad Inverness, per approvvigionamenti. Il punto è che si cerca di staccare Jamie dal Principe, perché questo legame non diventi troppo saldo. Appiedato, il Principe si è portato via il cavallo del nostro, Jamie bandiera al vento e uomini in marcia, in un verde sporco di fango e con una musica da western, si muove per raggiungere Inverness, tra picchi innevati e fiumi pescosi e vita apparentemente tranquilla con Claire che fa da cerusico e Rupert che parla solo di Angus. (Bell’intervento di Fergus.) Ma la pace non è data a chi ha armi in pugno. Al fiume gli uomini di Jamie sono attaccati dalle Giubbe Rosse. Si dividono freneticamente e il gruppo di Jamie e Murtagh và per una direzione e gli altri nell’altra, con l’appuntamento di ritrovarsi al bivio.  Purtroppo quando sembrano in salvo, sono attaccati dalle Red Coats e nell’inseguimento Rupert viene ferito, ma fortunatamente, o per meglio dire, generosamente, Dougal lo aiuta. Si fermano vicino una chiesa, Claire li avvisa che se non lo fanno, Rupert morirà. Quatto come può esserlo un grosso felino, ma con la mole di un uomo che sfiora i due metri, Jamie scivola fino all’edificio sacro dove trova Ross. Lì, sull’altare, con un pugnale e un po’ di whiskey, Claire estrae il proiettile da moschetto dall’occhio di Rupert. Mentre scende la notte e la nostra guaritrice preferita benda l’occhio mancante dell’amico di Angus (sembrerai un vero pirata) arrivano sciamanti come cavallette le Giubbe Rosse. Le fiamme danno al rosso delle divise una connotazione infuocata, da demone infero, il buio della notte è rotto dalle grida. O si arrendono o gli inglesi daranno fuoco al tetto di paglia della chiesa, Jamie vuole consegnarsi ma è Claire che, mostrando la leonessa che è in lei, usa lo stratagemma della donna inglese in ostaggio. Dougal contratta e fa uscire la “vedova Beauchamp”, la quale tra il consiglio di Fergus (forse dovreste svenire milady così non potranno interrogarvi subito) e la raccomandazione del marito (uno sguardo meno colpevole) si finge svenuta “per la paura” e viene consegnata ad un ufficiale dal capo guerra McKenzie. I nostri devono lasciare armi e cavalli e, mentre Jamie, col cuore in gola per la sorte della moglie, si rintana nel buio, lui che guida i suoi in battaglia (e pensiamo quanto gli debba costare) è lei che si porta dietro le Giubbe Rosse, con le armi e i cavalli dei giacobiti. Jamie organizza una battuta per riprendersi la moglie e tra l’ostinazione di Murtagh, il consiglio di Dougal e la battuta di Rupert, è deciso: riporterà Claire a casa. Nel mentre lei cavalca tra le Red Coats e smarrito il senso dell’orientamento e impossibilitata a dare tracce al marito, dirige con gli altri verso Crich, dove sosteranno per riposare. Nella notte illuminata solo dalle torce, qualcuno vede Claire tra le Giubbe Rosse. Sulla porta della locanda ci sono i ritratti di Jamie e di altri capi giacobiti. Claire passa una notte quasi tranquilla, per quello che è nelle sue condizioni. Al mattino apprende che non andranno ad Hazelmere, come sperato dal marito, ma a Bellmont, nella dimora di un gentiluomo che, di sicuro, sarà lieto di ospitarla. Fuori della locanda un mendicante le va a chiedere l’elemosina e nonostante i modi rudi del tenente, la “carità cristiana” di Claire le permette di dire a Hugh Munro dove andrà e di far avvisare Jamie. Claire finisce niente di meno che nella residenza del Duca di Sandrigham.  Il mutevole mondano gentiluomo è praticamente un sorvegliato speciale, sospettato di giacobinismo, che offre rifugio e riparo e silenzio a Claire in cambio di un patto: quando Jamie salverà sua moglie dovrà portare via anche il Duca. Claire accetta, scrive un biglietto in gaelico e lo dà al Duca, con l’incarico di consegnarlo a Munro, che lo porterà a Jamie. In quel momento, colpo di scena, appare la nostra Mary Hawkins, ricordate? L’avevamo lasciata a Parigi, in procinto di essere abbandonata da Alexander Randall. Claire scopre che adesso la ragazza è la “figlioccia” del Duca e, condotta nel buio delle stanze di quella dimora enorme, Mary rivela a Claire che il Duca vuole farla sposare ad un certo Grainger, una pedina di scambio, perché questo mostri agli Inglesi che lui, il Duca, è un Lealista, fedele al Re sul trono. Naturalmente Mary non vuole e ovviamente Claire  le promette che l’aiuterà. Insomma, lo sentite l’odore di Versailles? Claire di nuovo in aiuto di Mary, sempre. Dovunque. Capite perché la replica di Jamie a Murtagh, mentre stanno per rubare dei cavalli, è stata quella? Mai pentito di aver sposato Claire Beauchamp. Il nostro messo del Duca, in cerca di Hugh Munro, cavalca nella notte, con la musica che lo accompagna, vi siete resi conto che sta orchestrando una specie di western il nostro regista? A me fa questa impressione, inglesi contro scozzesi (ma potrebbero essere quei coloni che un giorno costruiranno gli Stati Uniti), i ladri di cavalli e le distanze percorse da messi, con improbabili messaggi, che devono incontrare inverosimili destinatari, in posti inospitali e pericolosi. Consegnata la lettera, un po’ rovinosamente, ad Hugh, del messo non sappiamo più nulla. Ma quello che sappiamo del Duca non è abbastanza, il nobilotto è pronto a mostrarsi per quel bieco opportunista doppiogiochista che è. Claire riconosce dalla voglia sulla mano, del servitore di Sua Grazia, uno degli stupratori di Mary a Parigi. In breve la storia è nefanda e terrificante: il Duca doveva tanti soldoni a Monsieur Le Comte de St Germain e così ha proposto un patto, lo stupro di Claire Fraser al posto dell’uccisione. Lui si è occupato di tutto. Ma non basta, sta attirando Red Jamie in trappola, perché sia impiccato fianco a fianco con Claire e così Sua Grazia sia scagionato dall’accusa di giacobinismo. Non c’è che dire, quest’uomo è una sentina di vizi. (L’attore, però, è incantevolmente bravo, lo adoro, sul serio). Hugh Munro incontra Jamie  e Murtagh nel cuore della notte, in questo buio così pesto che vedere i visi degli uomini è come farli emergere dal fondo del mare. Nonostante le critiche grammaticali di Murtagh (sempre più splendido questo personaggio) al gaelico di Claire, i nostri si avviano con Hugh per recarsi dalla signora di Broch Tuarach e salvarla. Quando ci raccontavano da piccoli le storie delle dimore con tante stanze e passaggi segreti, beh, non mentivano. Mentre Claire si macera nell’ansia di non poter avvisare il marito, Mary spunta da un pannello nel muro e, dopo essersi rifiutata di avvisare “uno sporco mendicante” in giardino della trappola tesa a Jamie, guarda Claire che sguscia via. Magistrale il momento in cui esce da dietro il dipinto, lei stessa una figura da quadro sulla parete. Furtivamente Claire arriva in cucina, in un luogo in cui solo la luce delle candele la fa da padrone, ma, purtroppo, c’è il Duca di Sandrigham che fa uno spuntino notturno. Cerca di estorcere da Claire il racconto della morte del Comte ma lei è restia e quando intuisce le intenzioni della donna, la previene, impossessandosi del coltello da scalco, così da affettarle lui stesso la carne. Inattesa, la piccola Mary arriva lì, mentendo, si fa cacciare via con del cibo e, vinto il pregiudizio, avvisa Hugh che Claire è in cucina e che per Jamie c’è una trappola. Superato il momento di impasse, si torna nel calore accogliente della stanza con il Duca che cerca di intrattenere Claire mondanamente, mentre sa che quando arriverà Jamie sarà catturato e entrambi impiccati. Insomma, quest’uomo che ha al posto del cuore una pietra, è pur sempre un doppiogiochista di grado elevato. Irrompe Mary, accompagnata da Danton, che fa sapere a Claire di essere riuscita ad uscire, apparentemente per fuggire ed irrompe Jamie. Danton, rapido, minaccia Claire per disarmare Jamie, il quale sul principio sembra cedere ma l’arrivo di Murtagh distrae Danton e Jamie ha la meglio sul farabutto, soprattutto quando la moglie gli rivela che lo stupratore era lui e che è stato mandato lì dal Duca, per pagarsi un debito con Le Comte. Un pugno poderoso abbatte il bastardo. Jamie sta per sopraffare il Duca, che mente per salvarsi, ma Mary non esita, quando quegli si rialza, accoltella a morte Danton. Quindi è Murtagh a fare del Duca un uomo morto: gli stacca la testa a colpi di accetta e la porta, in ginocchio, ai piedi di Claire. Per dare forma e fondamento al giuramento fatto, che le avrebbe portato la vendetta ai suoi piedi. Raggelate e attonite, le donne ricevono quell’omaggio macabro ma importante e poi è Mary che sollecita tutti a fuggire nella notte.

Episodio scritto direttamente da Diana Gabaldon, questo undecimo si dipana tra le incertezze del Principe che, dolentemente, fanno avverare la Storia così come deve andare e la bassezza dell’animo umano che, per salvare le proprie convenienze, non esita neppure di fronte alla menzogna o, ancora, ad azioni più malvagie. Si respira un’aria densa di pericolo, in un mondo in cui la logica dei propri interessi, che siano quelli di un aspirante Monarca o di un Duca doppiogiochista, ha la meglio sui destini di molti, così l’andare verso Culloden sembra una naturale conclusione. Eppure dentro di me, dentro di voi, so che c’è quel filo di speranza che, tutto considerato, si possa avverare il miracolo, l’imponderabile che entra in gioco e cambia i destini. La Storia la scrivono i vincitori, così mi hanno sempre ripetuto. Ma sono convinta, invece, che la scrivano i soldati, i tamburini, i porta ordini, i guerrieri con  lo spadone a due mani, quelli che mantengono i giuramenti e le donne che non temono di perdere nulla, né la propria vita, accanto alle persone di cui si sentono responsabili, né quelle che danno via la propria anima non in ragione di una vendetta, ma di una giustizia che, troppo spesso, nessuno porta avanti. Il mondo ha camminato sopportando intollerabili ingiustizie, ma non è andato avanti per questo, ma perché esistono ed esisteranno sempre coloro che si sacrificano affinché  gli altri stiano meglio, che adempiono ad un giuramento, costi quel che costi e che si ergono tra coloro che amano e il resto del creato, perché questo spiani i suoi monti e appiattisca le colline, trasformandole in valli ricche di acque dove vivere è piacevole e sostare è di conforto. Che cosa dire? Quando siamo chiamati a compiere quello che dobbiamo, la nostra realizzazione completa è solo in quello. Culloden, non ci fermerai.

Recensione a cura di Cristina Barberis.

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