Recensione Outlander Episodio 210: Prestonpans

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“Ora ti dirò una cosa scontata: guarda che il mondo non è tutto rose e fiori, è davvero un postaccio misero e sporco e per quanto forte tu possa essere, se glielo permetti ti mette in ginocchio e ti lascia senza niente per sempre. Né io, né tu, nessuno può colpire duro come fa la vita, perciò andando avanti non è importante come colpisci, l’importante è come sai resistere ai colpi, come incassi e se finisci al tappeto hai la forza di rialzarti… così sei un vincente!” Quanta strada abbiamo percorso sinora? Se ci guardiamo indietro, quello che ci sovviene è un rutilante mondo di merletti, seni traforati, sete e broccati, intrighi, pettegolezzi, alcove e separé. Poi arriva il blu del cielo, il verde bottiglia della terra, il grigio sporco del fango, il marrone rugoso delle cortecce, il chiarore etereo del fiato e ci rendiamo conto che il mondo è cambiato e sta cambiando ancora. La citazione all’inizio è di un personaggio che sa che cosa significhi combattere e rialzarsi, il pugile cinematografico Rocky Balboa. M’ha colpito che di quello che davvero conta, per lui, non è picchiare duro, ma rialzarsi e questo oggi per noi sarà molto importante. Siamo al decimo episodio della seconda stagione, Prestonpans, scritto da Ira Steven Behr e diretto ancora da Philip John, che si apre con un quadro che è di per sé riassuntivo, cornamuse, soldati, tamburi. Quello che deve accadere accadrà. È questo il messaggio. Poi uno scoppio di verde muscoso, di marrone lento e rilucente, di blu che ferisce gli occhi e Claire, che deve svuotare il corpo e che, invece, trova un highlander morto assassinato dalle giubbe rosse ed esprime lo sgomento e la paura che, nonostante tutti gli sforzi, la Storia non può essere riscritta e quello che deve succedere, appunto, succederà. Perché quando i meccanismi bene oliati si mettono in moto, nulla li può fermare. Raccolta l’ascia da combattimento Claire torna da Jamie e noi, invece, siamo catapultati in mezzo alla noia delle discussioni militari. Il Principe Charles Stuart vorrebbe offrire al generale Cope addirittura la resa senza spargimento di sangue (anche da bambino sire avevate uno dei cuori più gentili al mondo) mentre il generale Murray rifiuta di far macellare le truppe impaludandole letteralmente nel fango e il quartiermastro O’Sullivan, irlandese, vuole solo combattere. La discussione finisce tra insulti e imprecazioni, con tante “erre” arrotate e spade affilate, invece, ai fianchi. Il principe, che si lamenta della testa dura degli scozzesi, parla a favore degli inglesi, i primi da curare, i primi cui mostrare che gli Scozzesi sono riluttanti a combatterli, insomma lo fanno solo per legittimare un Principe voluto da Dio, altrimenti ci sarebbero tè e pasticcini. Chiaramente Jamie sconsiglia caldamente il Principe dal tenere questi discorsi in prossimità degli scozzesi e, soprattutto, nonostante il Principe creda il contrario, la vede alquanto difficile poter contenere la mancanza di entusiasmo di Claire nell’eseguire quegli ordini. Tornato al campo, dove sventola una bandiera stracciata che è apprezzabilissima, giacché è più verace di una bella stirata e lucida, Jamie deve quasi sedare un tentativo di zuffa di Angus che è rimasto sempre lo stesso, con i coloni di Lallybroch, ma non ha ordini e, quindi, chiamato Dougal gli espone la difficoltà che è stata riscontrata: tra il campo inglese e quello scozzese c’è una palude, solo mandando un uomo a cavallo, quindi con un peso maggiore, si può capire se la fanteria scozzese passerebbe indenne o incontrerebbe una fine ingloriosa. Jamie, che sa parlare, induce Dougal ad andare a sfidare, in un certo qual modo, i tiri di moschetto inglese. Degli imprecisi Brown Bess in dotazione ai fanti inglesi nel diciottesimo secolo ma pur sempre efficaci contro spade e asce. E Dougal Mackenzie, che vuole mettersi in luce col Principe, và, a modo suo, fiero e impettito, a braccia larghe. I soldati inglesi si svegliano, iniziano a tirare e proprio nel momento in cui le pallottole fischiano, arriva la brutta notizia, il pantano non regge un cavallo senza cavaliere, quindi non reggerebbe nemmeno i fanti, i quali sebbene abbiano un peso minore resterebbero impantanati o peggio. Non vi sembra di aver già visto la scena? Forse è una citazione solo nella mia mente, ma ricordate che all’inizio di “Dances with Wolves” la situazione di stallo tra le linee nordiste e quelle sudiste viene sbloccata solo dalla cavalcata del tenente John Dunbar, che cavalca suicida tra i due schieramenti? Adoro quel film e amo quella scena e quando Dougal allarga le braccia, la mia mente è tornata indietro. Lì. Dougal viene colpito, ma non ferito e fa ritorno nell’ovazione generale al campo, dove poco prima Angus ha fatto conoscenza col Principe alla maniera sua, perché sempre di Angus Mohr si tratta. Nonostante l’entusiasmo che il Principe manifesta, Dougal gli dice che non si può passare da lì così Prince Charles dà un ultimatum al generale, o gli risolve la faccenda  o lo destituisce, sotto lo sguardo contento del quartiermastro O’Sullivan. La soluzione arriva attraverso l’intervento di Anderson, un ragazzo che ha le terre da quelle parti e che introdotto da Claire fin da Jamie, convince il Principe, con l’aiuto di Jamie e del generale, che passare per un sentiero tortuoso sconosciuto ai più sia il solo modo per piombare addosso agli inglesi senza che quelli se ne rendano conto. Facciamo una piccola pausa: avete modo di guardare Prince Charles? E’ cresciuto in esilio, a Roma, principalmente, è un uomo di corte, raffinato, a volte, altre meno, estremamente, intrinsecamente convinto che Dio gli chieda di governare la Scozia. Al di là di come ce lo restituiscono i libri di storia, Charles Stuart è un uomo che non conosce la terra che vuole governare, che non conosce gli uomini che vuole comandare e non conosce nemmeno la vita che quegli uomini, che moriranno per lui, hanno condotto e conducono. Succede spesso, è successo sovente, che i Re e i Principi non abbiano mai avuto nulla da spartire con i soldati. Eppure ognuno ha un posto, il Re comanda, il generale obbedisce, il soldato, se ce la fa, non muore sul campo di battaglia. Perché ci troviamo in un mondo estremamente gerarchizzato dove non conta il motivo, ma conta la fedeltà del posto occupato, conta il serrarsi nei ranghi, conta l’eseguire gli ordini, anche ordini che provengono da un uomo inetto. Perché Prince Bonnie Charlie è, dinanzi agli occhi della Storia che giudica impietosa, un incapace. La vita al campo prosegue, i due coloni di Lallybroch si promettono reciprocamente che si prenderanno cura uno della famiglia dell’altro e spinto da quel che vede anche Angus prova a stringere lo stesso patto con Rupert ma quello, superstizioso e anche affezionato all’amico, rifiuta. E, di colpo, c’è un pezzo in cui la grandezza di Murtagh è espressa in uno sfogo sulla inutilità di morire in una battaglia, in una guerra in cui ogni morto è uguale all’altro, dove non ci sarebbe il ricordo di una impresa o del valore del singolo e che quella morte passerebbe inosservata, se non fosse accompagnata da una carneficina, che almeno quantitativamente la renderebbe una perdita notevole. Ed è dalle parole sconsolate di Murtagh che apprendiamo, in un buio rischiarato solo dalla luce di un fuoco lontano, in cui sembra di sentire addosso il morso della notte fredda, che Jamie non lo consola ma prova le stesse cose. Andare in battaglia sapendo che non stai difendendo il tuo clan, che non stai rubando bestiame per sfamarti ma stai per affrontare qualcuno che ti ucciderà senza guardarti negli occhi e che tu stesso farai così, è un peso che almeno per questa notte Murtagh condivide. Con Jamie. Come sempre. Dal fuoco del campo passiamo a quello che brucia nel camino della stanza dove si trova Claire, la quale dopo aver istruito le donne a disposizione, nei vari compiti e aver portato il giovane Anderson dal Principe, è confinata lì dove serve, nell’ospedale da campo che ha messo su. Jamie cerca di mandarla a dormire e mentre sta per baciarla, giunge Fergus che farebbe di tutto per unirsi agli uomini in battaglia e non restare a svolgere “compiti da femmine” ma Jamie gli affida Claire e volente o meno, Fergus “dovrà farselo piacere”. Arrivano Murtagh, Rupert e Angus per portare via Jamie per la battaglia e Angus chiede ed ottiene un bacio da Claire, in vista della sua possibile morte. Rupert non si congeda perché afferma che l’indomani torneranno vincitori. Il congedo di Claire da Murtagh è la preghiera di vegliare su Jamie (Always) e quando lui le chiede che secondo la Storia questa la vinceranno, lei glielo conferma. Non poteva essere diversamente, ve lo immaginereste Murtagh abbracciato, stropicciato in una stretta affettuosa? Non scherziamo nemmeno. Restati soli i coniugi Fraser finalmente si baciano con passione ed è Claire che manda nella notte il marito (è ora di andare soldato) e resta lì, col fuoco che la illumina, col viso pieno di incertezza e di tensione, a vegliare. Perché alle donne è stato dato questo compito, aspettare e vegliare. Accogliere feriti, seppellire morti, consolare vedove, le donne hanno da sempre avuto in sorte l’eredità di Penelope, l’attesa che stringe il cuore e fa scrutare l’orizzonte, nella speranza che la persona amata torni salva. Che non lo abbiano voluto o cercato è un altro dire, ma questo è. Nel buio pesto della notte, gli scozzesi si muovono tra oscurità e nebbia, nel silenzio, nel fango e nell’unico rumore prodotto dal camminare per un sentiero tortuoso e giungere, quando la luce ispessisce la nebbia, a ridosso degli Inglesi. Jamie praticamente obbliga il Principe a restare indietro, chiaramente la Ribellione fallirebbe se lui morisse e per quanto sia pronto a dare la vita per i suoi, non è accettabile che lo faccia davvero. Perché a lui è dato il comando. Ai soldati è dato il combattere per lui, nel mondo gerarchico e militaresco così funziona. Quando vediamo che il Faraone porta le truppe in battaglia, alla loro testa, in incisioni gloriose sui templi egizi, leggiamolo come una rappresentazione idilliaca e gloriosa, a parte il coraggio, nessuno avrebbe rischiato di far ammazzare il proprio Faraone. Uno spreco inutile. Generali e soldati esistono per questo. Nonostante tutto, Fergus si infila tra le truppe. Claire rassicura e guida le donne che la circondano e sembra anche lei un piccolo generale in testa alle sue milizie. Ed ecco, ci siamo, scrutiamo i visi dei soldati scozzesi, ascoltiamo la musica che batte come un cuore, annusiamo la tensione, respiriamo quell’aria gelida e nebbiosa che ferisce la gola e teniamoci pronti, perché la battaglia sta per avere inizio. E, tra le file serrate degli uomini, una figuretta si fa largo, con un pugnale tra le mani, piccolo, sciocco, coraggioso Fergus, mi hai strappato un singhiozzo e le lacrime. Quanti ragazzi sono morti in guerra, quanti non avevano mai usato un rasoio da barba, ancora. A loro è andato il mio pensiero, giovani vite strappate, in maniera indifferente e per questo più brutale per una logica da becchini. È il momento, Jamie dà il segnale, la musica pulsa in gola, la avvertite la tensione sulla pelle? Nella nebbia il viso di Jamie Fraser diventa quello di un guerriero a capo di un’orda di morte e nel rintoccare dei passi, cupi, che rimbombano, ineluttabili come la fine, arriva la carica sulla sentinella che dorme. Gli scozzesi si abbattono urlanti come selvaggi sugli inglesi, le loro urla risuonano nel silenzio e arrivano da Claire. La vecchia intona un salmo e, ve lo dico, io sono scoppiata a piangere, il pensiero è stato quello del “tutto è compiuto” e mentre Claire le spinge a lavorare alacremente, Jamie e i suoi atterrano e devastano gli inglesi. Lo scontro è cruento, chiaramente. Gli scozzesi combattono solo con arma bianca, solo lame, feroci, terribili. I primi feriti iniziano ad affollare l’ospedale di Claire, compreso Ross che riporta, purtroppo morto, l’amico padre di sei figli. In un magnifico respiro trattenuto, torniamo sul campo di battaglia, c’è Fergus che vede gente che muore e che uccide e, di colpo, il ritmo torna quello veloce in cui non c’è tempo per pensare, solo per agire. In guerra c’è chi ordina e chi esegue. Mi ha molto colpito quel soldato inglese, biondo, ripiegato su se stesso che si finge morto e che resta paralizzato dal terrore e dal desiderio di sopravvivere. Fingersi morto e nessuno lo ucciderà; mentre i soldati inglesi scappano ritirandosi dinanzi all’orda scozzese, il loro ufficiale individua Rupert di schiena e lo carica. Quasi entrando nella mente di Angus, rivediamo come sono andate le cose, quando dopo averlo portato da Claire, che gli ricuce lo squarcio sul fianco, lo veglia amorevolmente e noi guardiamo l’ufficiale che sta per uccidere Rupert cadere all’indietro freddato da un colpo di pistola, da Angus. Ma il sollievo è breve, un colpo di cannone spazza via il piccolo uomo che, però, pare stare bene, nei limiti. Finalmente tornano Jamie e Murtagh: la vittoria è stata totale, la battaglia è durata meno di una razzia di bestiame, un quarto d’ora ed era tutto finito e Jamie dà la misura di quello che segnerà il destino dell’esercito scozzese “se solo avessimo avuto cavalli…” e cannoni. Perché gli Scozzesi combatteranno tutti gli scontri, fino a Culloden, solo con le lame e senza altro che il coraggio, dinanzi a cannoni, moschetti e soldati perfettamente addestrati. Dopo averlo abbracciato e stretto, con i sorrisi scambiati con Murtagh e Jamie, è dal marito che Claire apprende che Fergus è fuori. Illeso, stordito e stanco, il bambino confessa che ha ucciso un uomo. Claire lo consola e lo porta con sé. Sul campo di battaglia Dougal sta finendo i moribondi inglesi e trova il luogotenente Jeremy Forster, che ha accompagnato Claire e Dougal al villaggio di Brockton da lord Thomas. L’inglese gli chiede aiuto, di esser portato all’infermeria, ma Dougal asserisce di non aver finito e si concede qualche momento di riposo accanto all’ufficiale inglese. Il quale, incautamente ma sinceramente, gli predice che non batteranno mai l’esercito inglese. Ma questa è una cosa che un uomo come Dougal non può accettare, lui è un guerriero e un fedele giacobita e si fermerà solamente sconfitto o morto. Dougal assassina il luogotenente ( e vi dico che me lo aspettavo dal primo sorrisetto che lo scozzese ha fatto sedendosi) e la scena si sposta, misericordiosamente, o quasi, all’interno dell’ospedale da campo. Ross che dice a Angus che loro non sono indietreggiati, che copre l’amico morto, Angus che veglia Rupert e scherza sul grasso che gli ha tenuto al sicuro le budella, con Jamie e Murtagh, Jamie che si sbaglia coi verbi e la moglie che lo costringe a svuotare la vescica perché un cavallo gli è passato sopra e lei vuole sapere se c’è sangue nelle urine. In tutto questo Jamie Fraser trova il modo di fare il buffone, individua l’unico inglese del gruppo e scommette: centrare il barattolo o meno, per sei penny, mentre si libera. Siccome i colpi di scena nella vita dei nostri non mancano mai, in quel momento entra niente di meno che Sua Altezza Reale il Principe Charles Stuart il quale, dopo aver abbracciato dolcemente riconoscente Jamie Fraser, portandogli la gratitudine del Re James (e prima della battaglia era stato Jamie a sconsigliare il Principe di prendervi attiva parte dal momento che, secondo lui,  il Re sarebbe stato crudamente orbato dalla morte del figlio) lo ringrazia ma parla anche in favore degli Inglesi e, colpo di scena su colpo di scena, arriva rosso di sangue e di furore Dougal McKenzie. Piccola parentesi: il padre di cui Bonnie Prince Charlie non è certo che sentirebbe la mancanza del figlio, se quegli morisse, è “il Vecchio Pretendente” al secolo James Francis Edward Stuart, nato in esilio e che tentò per ben due volte di recuperare il trono, nel 1708 e nel 1715, fallendo entrambe le volte. Nel 1743 nomina reggente il figlio primogenito, Charles Edward. Riprendiamo il filo del discorso. Arriva come una furia Dougal che è trattenuto a stento dall’ammazzare proprio l’inglese della scommessa e grida che quelli sono bastardi che vanno assassinati, ma è proprio il Principe, che Dougal non ha visto, a redarguirlo “sono uomini e sudditi di mio padre.” Ed è il Principe che lo umilia pubblicamente chiedendo a Jamie di rimuoverlo dall’incarico, dall’esercito. Per un giacobita come Dougal è un colpo enorme, soprattutto vergognoso.  Il James del Principe, che è il nostro Jamie, mente brillante, lo promuove capitano dei dragoni highlander e lo manda a seguire gli Inglesi, in questo modo non perde un guerriero e sua Altezza non lo vedrà più. Il Principe si congratula con Jamie e passando accanto al “barbaro” privo di cristiana pietà lo sferza con un disgustato rammentargli che deve tutto a Jamie. E lo zio prima lo ringrazia, il nipote e poi ammette di essere stato battuto. Ma siccome i colpi di scena non sono finiti, abbiamo una perdita importante, la prima: Angus Mhror muore per emorragia interna, causata dal colpo di cannone ricevuto nella battaglia. In uno sforzo titanico Rupert si alza e si appropria della spada dell’amico, una lama che non è mai stata usata, e con una canzone da soldati termina quella lunga giornata. Con un brindisi ai morti, con un Rupert smarrito e un Dougal annientato e con Jamie e Murtagh che, constatato che Claire ha ragione su Prestonpans, avrà ragione per la disfatta di Culloden. E così tutto finisce come deve finire. E tutto sfuma, con la consapevolezza che “la guerra è amara, a prescindere dal risultato”, collegandosi alle parole iniziali di Claire, che per quante battaglia potessero vincere, la vittoria finale sarebbe stata fuori della loro portata.

Un episodio che oserei definire intenso e anche epico, un episodio che sa di ferro e di sangue, del sapore del metallo che è simile a quello del sangue, che ha l’odore del fango e del sudore, dei finimenti dei cavalli ma anche della paura, che entra di diritto nei migliori episodi di sempre in quanto a ricostruzione, accuratezza e pathos circa un avvenimento di guerra. Ci porta l’unica vittoria di cui possiamo far tesoro, prima di Culloden, ci toglie Angus. Ci lascia inebetiti di fronte alla stupidità della guerra e tra quanti ancora oggi, nel 2016 la invocano come “soluzione” finale, voglio sperare che si ricordino che la guerra non è la soluzione, solo la conclusione del non essere stati capaci di rispettare l’altro in quanto essere umano, in quanto avente diritto di vita esattamente come noi, ognuno di noi. Mi dispiace dire addio ad Angus, quel piccolo spaccone insolente e maleducato, irrispettoso, coraggioso, leale, attaccato alle amicizie, fedele, lo faccio mal volentieri e questa è la prima delle perdite di cui abbiamo certezza. E nello sguardo attonito di Claire, nella preghiera di Jamie, nella mano stretta da Dougal, nello sguardo pietoso di Murtagh e nella stretta della spada di Rupert l’episodio scivola via e ci lascia con l’amarezza che le vittorie non hanno gioia quando sono ottenute in questa maniera. Perfetti tutti, dagli attori, menzione speciale per Graham McTavish, al regista e allo sceneggiatore, a McCreary per le musiche divine. Un grazie speciale va a Ronald Duddley Moore per aver portato Outlander su schermo. Oggi non so lasciarvi se non con queste parole: “non è importante come colpisci, l’importante è come sai resistere ai colpi”. God save the King!

Recensione a cura di Cristina Barberis.

2 Risposte a “Recensione Outlander Episodio 210: Prestonpans”

  1. Cara Cristina, che dire… meravigliosa la tua recensione, e meravigliosa questa puntata, commovente,
    ad alta tensione! Pareva di essere lì con loro, con l’ansia della battaglia imminente: non ti nascondo
    che ho pianto pensando a tutte quelle vite che nella realtà sono state sacrificate per niente….
    ma, delle volte dire sadica a Diana, è dir poco… per questi due mai un momento di felicità! E poi, via..
    tenerli lontano 20 anni, ma come si fa? Lacrime su lacrime, non sò se ce la farò a seguire le
    ultime puntate. Tu comunque sei bravissima e leggerti è un piacere e mi piace anche imparare un pò di storia scozzese.
    Un abbraccio grande e come al solito salvo la tua recensione che è una componente che completa
    la puntata.
    Grazie

    1. Grazie infinite Luciana 🙂 davvero. Sai, ho pianto anche io e non ti nascondo che la morte di Angus mi è pesata, anche se sul libro non si parla di questo, però mi ero affezionata a quel piccoletto indisponente e al suo rapporto con Rupert. Sulle ultime puntate, sapendo che cosa succederà ti dò completa ragione, non so come farò a vederla e a scriverne, ma lo farò, magari pensami 😀
      Sulla scelta di Diana Gabaldon di tenerli lontani non so che dire, l’ho trovata spesso discutibile, se non per il fatto che per Claire partorire li era rischioso e quindi la scelta che Jamie compie è ben comprensibile, inoltre lei si muove in cerca di Jamie solo dopo che Frank è morto e lei a Frank ha promesso che non avrebbe più fatto nulla in nessun modo per mettersi in contatto con James Fraser o con la sua memoria. Forse solo questo attenua il mio rimpianto.

      Di nuovo grazie infinite, davvero, dal profondo 🙂

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