Recensione Outlander Episodio 209: Je Suis Prest

vlcsnap-2016-06-05-09h53m05s46

Ci sono cose che si devono fare, conseguenze che si devono affrontare e scelte che si devono portare a termine. In questo nono episodio della rutilante seconda stagione, Je Suis Prest, scritto da Matthew B. Roberts e diretto da Philiph John entriamo nel vivo della Ribellione Giacobita. Finora è rimasta al margine, portata dentro le azioni da lettere sottratte da piccole mani abili, da bevute in bordelli e da discorsi più o meno appassionati protratti nelle lunghe ore della notte ma, adesso, è realtà. Questo è l’episodio che, secondo me, racconta di più e meglio che cosa sia la Scozia del 18° secolo e chi fossero i suoi abitanti. C’è tanta di quella Scozia che rende pallido il ricordo di Parigi. Il “quadro” è dipinto da ruote che girano, di notte e su strade fangose. Di chi sono? Lo vedremo con dei magnifici inserti. La prima scena è un mattino scozzese, con Claire che galoppa al fianco delle truppe, con Jamie e la meravigliosa musica della sigla, intonata da un coro maschile. È una truppa di gente comune, giovani, vecchi, donne, carri e vettovaglie, tutti diretti verso un campo nel sole del mattino. Le cose non si sono messe bene da subito, diserzioni, mancanza di convinzione e uomini che non sembrano proprio atti alla guerra e, in più, c’è tutto da insegnare ma Murtagh, che accoglie insieme a Fergus e ad un vivace scambio di battute sia Jamie che Claire, sa che la vita del soldato inizia dal basso. Molto dal basso. Mentre Claire afferma che si occuperà di invitare le donne nel panificare di più (e parla di bannock che è un pane dall’aspetto morbido e dalla consistenza spugnosa, oggi) Jamie la segue e sulla loro strada c’è la prima riunione: Angus e Rupert! Come li ricordavamo, così li ritroviamo, con Angus che tenta di farsi baciare da Claire, inutilmente e Rupert che la strapazza in un abbraccio da orso. Manca Willie, che è salpato per le Americhe con la  sposa irlandese e la famiglia di lei. Ma le sorprese non sono finite, dal momento che last but not least si presenta pimpante niente di meno che lo “zio” Dougal MacKenzie. Felice che Jamie abbia accettato di abbracciare la Causa, lui è lì con Rupert ed Angus per dare manforte e non si sgomenta nemmeno quando Claire obietta che sono tre e sono pochini. Murtagh inizia il suo addestramento delle “truppe”, di gente che non sa quale sia il suo posto e che non sa neppure voltarsi dalla parte giusta. In Claire si risvegliano i ricordi della Guerra che ha vissuto e quello la irrita, le mette ansia forse perché “l’uomo resta sempre uguale a se stesso” come amava dire Miss Marple e non sempre ciò è positivo. Chi è uguale a se stesso è Dougal che, impaziente di sedersi “a tavola” col Principe, cioè di fargli da consigliere, spinge Jamie ad agire ma sia Jamie che Murtagh sono, in quella notte buia attorno al fuoco, di parere contrario, giacché le truppe non sono affatto pronte. Quindi la domanda è: ma a Dougal che cosa interessa, davvero? E quando Claire si affaccia lì dove gli uomini mangiano, e sputano le razioni, le sovviene un altro squarcio (ma quanto mi sono piaciuti? E quel Caleb Grant che dice la famosa imprecazione? Stavo per commuovermi!) di vita durante la Guerra in cui incontra due aviatori che mettono in evidenza quanto, in fondo, la vita al fronte non sia quel che ci si aspetta e quanto anche solo una parola o un cibo (pudding nero o salsiccia?) possano unire o dividere due popolazioni che almeno in teoria sono sorelle. Quei ricordi tornano a galla e come schegge di vetro che feriscono anche solo al ripensarci, sono lì che pungono. Dinanzi al fuoco, la sera, il semplice vedere la spilla di Jamie, quella col cervo e col motto, che chiude il mantello, è una accettazione del dolore che tutto quello che stanno facendo implica. Claire legge il motto a voce alta, lo traduce come il solito, Jamie le domanda perdono. E allo stupore verbale della moglie replica che si scusa di averla portata lì ma che, in ginocchio e col viso più dolce di sempre, lui la proteggerà. Ma Claire innalza un muro, risponde che non è nulla. E a Jamie non resta che ammutolire col fuoco che lo avvolge, creando però più ombre di quelle volute esattamente come le parole di Claire. L’indomani mattina il quadro che si presenta al nostro laird è abbastanza desolante, nonostante le urla di Murtagh gli uomini, infatti, fanno quel che viene loro gridato con una convinzione pari a zero o quasi. Ed è Jamie che gli spiega , con parole incisive, che cosa voglia dire fare il soldato, la necessità della disciplina, la necessità di disporsi in fila o di marciare esattamente come se fosse naturale come respirare e il farlo in pochissimo tempo. O è la fine. La disciplina è alla base di tutto. In quella precipitano sulla massa informe Dougal e i suoi, a petto nudo, urlanti, brandiscono lo spadone scozzese e sono dipinti di scuro su petto e viso. I non soldati si aprono a voragine e a Murtagh e Jamie non resta che farli andare a riposo. Lo scontro che segue tra Dougal e Jamie è interessante perché lì dove Jamie ribadisce che sono i suoi uomini e che quindi ci penserà lui ad addestrarli, prendere o lasciare, Dougal stranamente accetta. Inspiegabilmente, infatti, o quasi perché vedendo che non può andare per la via diritta prova la scorciatoia e se la scorciatoia si chiama Claire Fraser, è una mossa non troppo intelligente. In un serrato confronto Claire spiega a Dougal perché non convincerà Jamie a servirsi di Dougal come egli vorrebbe e tra una spiegazione sul narcisismo e una sul tedioso, che si pronuncia in un modo più colorito per Claire, il nostro capo guerra MacKenzie ribadisce il suo amore per la Scozia, al di là e ben oltre la sua vita. Piccolo stop: forse Dougal non è quello dei libri, non sono quelli i suoi colori né l’età, ma avete notato quanto e in che profondità egli sia Dougal? Quanto l’attore sia davvero Dougal così che, a noi che abbiamo letto i libri, questa scelta non pesi più? E’ come per Claire, con Caitriona assai più alta e più magra, eppure è la nostra Claire, ha il fuoco di Claire negli occhi. Le esercitazioni continuano e quelli che erano contadini, esattori, semplici burocrati o taglialegna, stanno rendendo orgoglioso Murtagh con quel sottofondo di musica che più scozzese non c’è e che mi fa arrotare la “erre” e fare una ruota da pavone maschio che non ha uguali. Questo episodio trasuda Scozia da ogni poro! Och aye! Quella che, però, non sta bene e regredisce ogni giorno di più in tutto questo è Claire, anche Murtagh ha notato che di solito è diretta che la si voglia ascoltare o no e consiglia a Jamie, che glielo chiede, di fare qualcosa di più che chiederle che cosa ci sia che non va. E lo scopriamo noi, prima di tutti, perché quando Claire a modo suo cerca di convincere della necessità di prendersi cura di sé, ad Angus, per scongiurare la cancrena del “piede da trincea” quindi ferite, sporco e mancanza di circolazione o ristagno di umidità, quello ovviamente da scozzese abituato alla dura vita cerca di minimizzare ma Claire no e la sua reazione, enorme, è specchio di quel conflitto che la sta divorando. Claire ha il terrore di vivere di nuovo quello che ha già vissuto. Ma le cose non sono complicate solo per lei, perché Dougal è sempre Dougal ed ecco che porta ben dieci “volontari” da Jamie, solo che quelli si squagliano come neve al sole dopo che James Alexander Malcom MacKenzie Fraser dice loro che se vogliono possono tornare alle loro case e non sarà torto un solo dei loro capelli per questo. Dougal cerca di entrare dalla finestra dopo che è stato cacciato dalla porta. La sua smania di giacobinismo, se mi passate il termine, è stata assai ben definita da Claire e pur credendo che lui sia un vero patriota è quello che fa, e come lo fa, che non va bene. L’indomani Jamie fa assegnare una punizione, sei frustate con la cintura, a Ross e a Kincaid rei di aver fatto entrare dieci persone nel campo di notte senza nessuno spirito critico. Una truppa bene addestrata deve passare anche per questo. Per le punizioni, si, ma anche per l’obbedienza, certo, ma soprattutto nel non fraternizzare col primo MacKenzie che con un occhietto e un sorriso gli fa passare dieci uomini armati sotto il naso. Se fossero stati nemici? Se Dougal avesse fatto il doppio gioco o se fosse stato catturato da quelli e costretto? Dopo la punizione gli uomini tornano ad esercitarsi e, negli spari, Claire rivive tutto quello che l’ha terrorizzata in guerra e in particolar modo, in una buia notte, un attacco alla jeep che porta lei e altri soldati all’ospedale da campo. Claire è sbalzata fuori e si risveglia dietro una trincea con un altro soldato, un caporale. Uno dei loro geme e si torce, ferito, ma non si può fare molto, tra spari e raffiche, il caporale cerca di salvarlo ma è assassinato sotto gli occhi atterriti di Claire. Ci siamo mai domandati che cosa ha visto Claire? Parliamo spesso degli orrori vissuti da Jamie in Francia, in Scozia e poi a Culloden, quando sarà. Ma Claire ha vissuto la Seconda Guerra Mondiale, una carneficina senza fine, sia direttamente come in questo caso, sia indirettamente, o quasi, se così si può dire nell’orrore di dover salvare vite, di dover amputare arti a gente giovane, di dover consolare persone che le muoiono tra le braccia. È troppo, troppo per un essere umano e Claire non fa eccezione e quando Jamie la trova ripiegata nella medesima posizione in cui la rinvengono soldati in apparenza americani, (se siete più esperti correggetemi) e cerca di aiutarla, lei spiega che non sa se riuscirà a sopportare un’altra guerra. Jamie, che la ama, le annuncia che la manderà a casa ma lei ribatte che no, che non vuole andare a casa o si sentirà per sempre come in quella trincea, come una libellula nell’ambra (Dragonfly in Amber) impotente e cristallizzata. Una immagine estremamente potente, questa, che sferza ogni altro riferimento poetico che si potesse fare attorno al titolo del libro. Perché quello che Claire esprime non ha nulla di poetico o di leggero o di accettabile, restare una intera notte cercando di non sentire un ragazzo dilaniato dai colpi, che invoca sua madre, deve essere stato terribile, il senso di impotenza prima e  poi la frustrazione e l’angoscia che sopraggiunge e che fa salire la rabbia e il desiderio di mettere fine a tutto. La rabbia che uccide la pietà ma che ci salva la vita, perché è quella che porta via dal dramma, che fa mettere “una pietra” sopra a cose come queste e che aiuta ad andare avanti. Ma poi riemerge, perché nessuno di noi è a compartimenti stagni. E mentre Claire parla, suo marito la guarda con un amore infinito e si promettono che, qualunque cosa accadrà, lui non la lascerà sola come lei è rimasta in quella trincea. Permettete una digressione, qui ho pensato che se ci fosse stato Jamie, quella notte, Claire non sarebbe rimasta sola. Lo so che il Nostro non è invincibile e che i colpi di arma da fuoco avrebbero raggiunto anche lui ma, per un motivo che forse è legato al suo essere così pervicacemente attaccato alla parola data, costi quel che costi, ho questa convinzione e voi? Ed ecco, di colpo, qualcuno cerca di tagliare la gola a Jamie. È notte, una di quelle notti scozzesi del diciottesimo secolo che se manca la luna scapicollarsi è inevitabile, c’è solo il fuoco acceso (ma quanto sono bravi con le luci e la fotografia?) ed ecco, Jamie se ne sta a pensare accanto al muro e, all’improvviso, è assalito da un ragazzino (è solo un bambino, non sono un bambino ho sedici anni) che cerca di tagliargli la gola e quando Jamie lo disarma e lo interroga, assieme a Murtagh, apprendono che quegli ha un biglietto per gli inglesi e che il ragazzino lo conosce come il temibile Red Jamie. Tenete a mente quel nomignolo, ha a che fare con un berretto scozzese grigio, proprio qualcosa che è importante, questione di vita o di morte a distanza di secoli. Ma non voglio anticipare nulla. Mentre Jamie cerca di estorcere al coraggioso ragazzo chi sia e con chi marci, arriva Claire che finge di essere una dama inglese che ha bisogno di aiuto e di fronte alla prospettiva di farla stuprare o tacere, il ragazzo preferisce parlare. Si tratta di William Grey (o meglio di Lord John William Bertram Armstrong Grey ) secondogenito di Melton ( e ho fatto un urlo eh, ve lo dico, Lord John Grey, adorato adorato Lord John di cui ho letto tutti i romanzi, quanto amo questo personaggio!) che mentre Claire si agita e si dibatte, e se il ragazzo non parla si scuote un po’ per indurlo a svuotare il sacco, così ecco che arrivano tra una scrollata e la successiva, tutte le informazioni. Lasciato andare William Grey, con due uomini che hanno ricevuto precisi ordini e ricevuto da quello l’annuncio che un Grey si sdebita sempre per onore (dopo di che ammazzerà Jamie, è una promessa!) Jamie vuole sapere a chi sia sfuggito un ragazzo che ha tentato di ucciderlo e si è infiltrato tra loro. È stata colpa di Dougal e quindi Jamie dopo aver proclamato che non tollera la superficialità e che per questo anche lui ha peccato di superficialità, si fa dare da Murtagh sei frustate per quel motivo e dodici per essere venuto meno al suo dovere di comandante. Gli uomini che guardano non sono compiaciuti, anzi. E quando Jamie decide di infiltrarsi nel campo inglese, accuratamente camuffato, immaginiamo che abbia preso ogni precauzione, decreta anche di non portare con sé Dougal perché lo lascia a guardia dell’accampamento. La sortita in quello inglese va benissimo, hanno bruciato le ruote dei carri e tolto i perni, così con i sedici cannoni Lord Cope non se ne farà nulla se non saprà come portarli e quando Claire, felice, cerca di approcciare il marito, riceve in cambio un gentile e rammaricato diniego, non possono indulgere in nulla, devono andare via prima che gli Inglesi se ne accorgano. Al mattino seguente ecco la colonna in marcia, con una musica che mi ha fatto salire i brividi, ed è una colonna di soldati, non più di cani sciolti e Jamie dà a Dougal l’onore di andare ad annunciare l’arrivo del signore di Lallybroch nonché capo di quel ramo Fraser al Principe Charles Stuart e lui prosegue, con l’amata moglie, che non ha né rimpianti né ripensamenti.

Un episodio che ha risentito della diversa mano della regia, ma questo non è stato un discapito, ho apprezzato e goduto infinitamente gli inserti della Seconda Guerra e anche le spiegazioni di cose che non si sapevano, ho apprezzato molto la parte scozzese della serie e se questo è stato accentuato anche dal cambio di regia che ben venga. Siamo ad una svolta, come andrà a Prestonpans lo sappiamo e sarà quello il nodo, quello che sciolto darà vita a tanti, troppi fili e la trama diverrà altro. Ma non anticipiamo nulla, lasciatemi dire che mi è piaciuto molto l’episodio, sebbene si discosti assai dal libro, per certi versi. Quello che noto e che forse avrete visto anche voi è che i momenti da coppia tra Claire e Jamie sono altamente rarefatti, non dico solo momenti erotici che in una coppia sono logici, ma anche passeggiate, chiacchierate e cose del genere, ci sono solo la Ribellione, il fango e il dolore. Se sia una scelta della produzione per accentuare che la serie non ha né 50 né 100 sfumature non saprei. Quello che però mi manca è anche il lato romance della cosa, perché anche in una chiacchiera “tra le lenzuola” c’erano umorismo e risate. Vedremo. Per adesso…Lunga vita al Re!

Recensione a cura di Cristina Barberis.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *