Recensione Outlander Episodio 204: La Dame Blanche

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Settimana dopo settimana il mondo di Outlander si apre per noi, sempre di più. Eccoci al quarto episodio di questa seconda stagione, “La Dame Blanche”. Scritto da Toni Graphia e diretto da Douglas MacKinnon (aria di casa?) si apre con un quadro molto interessante che ci rivela, in pieno, il cuore di quanto stiamo per vedere: c’è del marcio in Danimarca e anche a Parigi. E vediamo subito come mai. Ci troviamo immediatamente in piena partita di scacchi tra il ministro delle finanze, Monsieur Duverney e James Fraser, che ha accanto la gentile consorte. Stanno parlando della scelta dei nomi del bambino e, in quella serena occupazione, tra scartare nomi che somigliano a starnuti e altri che sono troppo inglesi, piomba monsieur Le Comte de St. Germain. Siccome è un estroverso per natura, svela il gioco del ministro anzi tempo e poi fa alcune considerazioni brillanti sulla noia che lo incoronano per diritto divino simpaticone dell’anno. In base a questo il ministro, molto accondiscendente, adduce la sconfitta di Jamie alla distrazione operata dalla moglie e lei si allontana. Claire accetta il bicchiere di vino che le porge innocentemente un servitore, mentre beve ha quel bel corvo alle spalle che la fissa e, di colpo, si piega su se stessa per il dolore. Notiamo una cosa interessante, oggi ci saremmo affannati a soccorrerla, vero? <Signora che ha? Sta male? Venga, si sieda…> mentre all’epoca, alla Corte, no. Non si mostrano i sentimenti, non si cede alle passioni, se lo si fa deve essere al buio di un’alcova e, di sicuro, non ci si sente male in quel modo. Disgraziato chi lo prova, ma non è una cosa da etichetta. E’ disdicevole e questo rende il soccorso di Jamie, torreggiante tra quei piccoli cortigiani incipriati, ancora più efficace. Il nostro porta via la moglie sotto lo sguardo piacevolmente soddisfatto di Monsieur Le Comte. Una volta al sicuro, Claire, dal profondo delle sue conoscenze, rivela che cosa sia stato a darle quel problema. La cascara amara. Ve la ricordate, l’altra volta, nella bottega di Maitre Raymond? Non serve ad uccidere ma è sufficiente a dare coliche e questo, per una donna incinta, è fatale, perché può provocare un aborto. Si ipotizza una partecipazione diretta del loro principale nemico francese  ma, senza prove, non si può suscitare uno scandalo che allontanerebbe Jamie dal Principe. Per distrarsi Claire si fa mettere al corrente dei progressi del marito col ministro delle finanze. Così man, mano, tra il buio in cui si trova Claire e la fievole luce delle candele e del camino (avete fatto mai caso a quanta luce produce una sola lampadina?) veniamo a conoscenza del piano di Jamie per screditare il Principe, invitare il Duca di Sandrigham a cena, invitare il Principe e lasciare che questi si scopra dinanzi al Duca, per quello sciocco che è. Il punto è che nonostante Claire dica al marito che è un buon piano, deve per forza, adesso, rivelargli dell’esistenza in vita di Black Jack Randall. Guardatela, è immersa nella paura di una reazione di Jamie e che ha attorno? Solo buio, è lì che si dibatte Claire, nel buio, da giorni e giorni, come reagirà Jamie alla sua rivelazione? Quasi esulta di gioia e, ve lo dico, assieme a Claire c’ero io che lo fissavo, un po’ basita. Perché è così felice il nostro che sa che il suo mortale nemico è vivo? Perché così può dissanguarlo con le sue mani! E’ questo il pensiero che gli fa ruggire di piacere il sangue nelle vene, poter ammazzare Black Jack con le sue mani, di certo non torna in Scozia, e almeno questo è scongiurato, e non abbandona il piano di fermare la ribellione, ma adesso ha <qualcosa cui aggrapparsi, un grande dono.> E guardiamola, Claire, che sorride, quando vorrebbe piangere. Ricordiamo che se Jamie mette le mani sul capitano dei dragoni, anzitempo, Frank Randall non nascerà. Lo vediamo negli occhi di Claire e in quel sorriso addolorato. Ma un momento dopo, Jamie le contagia la sua gioia e lei cede. In fondo, non è ancora successo nulla. Al mattino seguente, prima di recarsi da Maitre Raymond, Claire rivela ad un felice Murtagh che l’allegria di Jamie è dovuta al sapere che Black Jack è ancora vivo e l’espressione del padrino è uno spettacolo da sola. Il noto erborista conduce Claire, tra uno sfavillare di verde e di blu (che bello l’abito blu coi decori rossi, le rende dignità e forza) in un luogo segreto dove non possono essere visti. Nel libro si fa notare che l’armadio delle erbe di Maitre Raymond ha i simboli cabalistici sugli sportelli e sebbene lui stesso ammetta di non saperne usare, pure spaventano e tengono alla larga. Introdotti con un colpo di teatro nel luogo (nel libro il passaggio per cunicoli, inginocchiati, tra ragni e polvere è assai più affascinante e più misterioso) possiamo vedere ossa di vari animali. E siccome il Re non ha simpatia per le <arti mistiche> esiste quel luogo. A occhio e croce Claire prende in mano il cranio di un cucciolo di T Rex, ma le mie conoscenze sono scarse. Affascinato da tutto ciò che è antico, Maitre Raymond fa gettare la sorte, a Claire, con delle falangi di pecora e non fa una piega quando lei gli rivela di essere stata in Africa con lo zio e di averlo visto fare con ossa di pollo. Quante donne nel 18° secolo potevano affermare una cosa del genere? Questo vorrei chiederlo agli sceneggiatori, mi sembra una piccola pecca. Magari Maitre Raymond, pur considerando Claire diversa dalle altre, avrebbe potuto emettere un “Oh!” di meraviglia no? Ed è sulla pelle di una zebra che Claire apprende che rivedrà Frank! E’ un gioco degli incastri, dove i pezzi si svelano e si nascondono, chi è creduto morto è vivo e chi si ritiene ormai al di là di noi, potrà esser ritrovato. Galantemente l’erborista regala a Claire una pietra per rivelare sostanze nocive e…Cucù! Il nuovo orologio di Louise, che per noi è un giocattolino ingenuo, suscita la meraviglia della dama francese. La quale ha un pesante fardello, anche lei, sembra proprio l’episodio di chi ha pesi da portare e di cui si vuole liberare, che deposita sulle spalle di Claire: è incinta e vuole sbarazzarsi del bambino. Altrimenti il marito potrebbe annullare il matrimonio, o farla incarcerare oppure segregarla a vita in un convento. Claire, molto praticamente, le suggerisce di avere rapporti sponsali col marito e fargli credere che sia suo. Non è una bella cosa, certo, ma almeno il bambino, che è il figlio dell’amato di Louise e lei stessa, sarebbero vivi e sereni. Alla domanda di Louise <Ma come potrò mai crescere il bambino al fianco di un uomo che non è il padre?> mi sono immedesimata, immediatamente e, come voi, sapendo il resto, conoscendo la saga, ho atteso anche io la replica di Claire <Quel che importa è che il bambino sia cresciuto con amore.> Vi risuona? A chi toccherà in sorte tutto questo? A volte diamo pareri su cose che, pensiamo, non ci toccheranno e, poi, la vita stessa ce le pone davanti e allora siamo costretti, nostro malgrado, a ripensare a quel consiglio dato con serena leggerezza o, se anche ponderato, dato ad altri. E se fossimo noi in quelle condizioni? A volte l’empatia è più che condivisione, diventa immedesimazione. Questo fa di noi persone migliori. Scende la notte, finalmente, che copre tutto. O quasi. Finalmente Jamie ha intenzione di dare alla moglie la sua parte di attenzioni coniugali, ma lei gli vede un morso vicino l’inguine e lì scoppia la lite. Mentre Claire si sente umiliata perché Jamie ha ritrovato interesse sensuale tra le braccia di una prostituta e crede che lui abbia ceduto, lui stesso si difende, in un modo tenero e pasticcione, dicendo alla moglie che non ha ceduto, ma solo ritrovato finalmente la passione. Perché è stato grazie a Claire e alla sua rivelazione che ora lui non è più così angosciato e si sente di nuovo vivo. Pur volendo dare il giusto peso a queste asserzioni, sono certamente delle bastonate per la povera moglie. Parlavo di empatia, in questo frangente io avrei preso Jamie a testate, ve lo dico. Solo un uomo può dirti che è grazie a te che stava morendo di desiderio per una prostituta quando sono mesi che ti lascia sola nel letto. E sentirsi anche contento per questo. E in un crescendo che lascia senza fiato, Claire rimprovera a Jamie di essersi sentita sola, di averla lasciata sola, costretta ad essere comprensiva e accogliente per mesi, mentre lui ribatte di esserci stato per lei, di esserci ancora e che lei non sa che cosa sia stato il post Wentworth. E noi siamo in quella implorazione gridata di Claire e, lentamente, scivoliamo nel silenzio, sospesi, tra i loro due visi, nel buio appena rischiarato dalle fiamme delle candele, in bilico, perché se Jamie dice di no, il matrimonio è finito. Ma Jamie Fraser è stato abituato da sua moglie a parlare e, soprattutto, non vuole che finisca tutto e, allora, inizia a raccontare e noi siamo  portati dentro la sua sofferenza più cruda, dentro quell’essere stato lacerato nell’emotività, nel cuore, nella mente prima che nella carne e le rende quella confessione che, invece, ha già fatto nella saga. Ma sentirla qui, dalle sue labbra, vedere quel dolore nei suoi occhi, in quel blu dello sfondo, in quella poca luce, in quelle ombre e nella plasticità muscolosa del corpo di Jamie, che sembra la fortezza stessa e che si erge, adesso, come l’unico appiglio in mezzo a quel mare di dolore, sentirla è emozionante. La moglie ascolta attonita e addolorata, ma non fa un solo gesto per fermarlo quando lui le comunica di voler dormire altrove. E qui i maestri delle luci di questa serie ci regalano un interno meraviglioso, la dama in blu, che si aggira furtiva nella notte e che apre la porta per vedere un uomo, il proprio amatissimo uomo, che dorme nudo su un sofà, immerso nel blu. Che è il blu del buio e della notte di Luna e che rende corporeo il dolore e i pensieri cupi che accompagnano quel matrimonio. Una unione che si diceva salda, resistente a tutto. Rammentate quello che notammo la volta scorsa? Il non detto tra i due, quella piccola cesura che li ha allontanati? Quando le crepe si ignorano, non restano ferme, in genere si allargano e minano in modo a volte irreparabile quello in cui sono uscite. Nel blu del buio non c’è suono, non c’è musica, c’è silenzio, c’è solo spazio per i pensieri. E per l’azione. Il fruscio della vestaglia che cade per terra, la corporeità di un gesto che rende palese l’intenzione di non far allargare quella crepa. Una unione finalmente piena che lega, che mette del materiale in quella cesura, che la pareggia e la leva da lì. E, dopo, un chiarimento che riallaccia (Mi hai costruito un riparo per tenere lontana la pioggia). Ma siccome non c’è assenza di vita nel buio, tutt’altro, i nostri due sono disturbati da rumori sul tetto e muovendosi nel blu del buio, che non è quasi mai del tutto nero, tra la luce del fuoco della loro camera vuota, accolgono con un pugnale sguainato niente meno che sua altezza, il Principe Charles Stuart. Il quale da quanto rivela, non uso a passeggiare sui tetti di notte nonostante il divertimento, fa capire ai nostri che sia lui l’amante di Louise e il padre del bambino che ella aspetta. Nel libro è una cosa che si sa da un bel po’, ma qui il filo è stato condotto con logica e abilità e mette in condizione Jamie e Claire di fare una brutta cosa per una buona ragione, portare gli amanti alla cena per il Duca e fare si che il Principe, ad apprendere la notizia della gravidanza di Louise, sia così sconvolto da apparire uno sciocco agli occhi del Duca e, quindi, addio reputazione e addio finanziamenti. Seguiamo l’apparecchiatura della tavola, qualcosa di sontuoso, cristalli e argenti, luci di candele e tessuti di pregio per catapultarci fuori nel grigiore di un giorno importante, quello della cena. C’è stato in incidente tra i soldati del Re e sono all’Hopital des Anges e Claire va lì, scortata da Murtagh e Fergus, giacché non può fare nulla per la cena di quella sera. Mentre attendono Claire, Fergus ha modo di fare le sue congetture, azzeccate, su Mary Hawkins, triste ma felice, innamorata di uno e promessa ad un altro e quando Murtagh si sente dire da Fergus che anche Suzette è innamorata, si, ma di tutti quelli che varcano la sua soglia, non reagisce bene e noi siamo catapultati nel bel mezzo di una operazione in cui, finalmente, c’è l’espediente del chiodo. Monsieur Forez, che usa grasso di criminali impiccati, è oltre che medico anche boia e questo lo porta ad essere un personaggio singolare e, tra un complimento a lui e uno più sentito a Claire da parte di mere Hildegarde, la nostra guaritrice è costretta da un guasto alla carrozza ad andare a casa a piedi. Ed eccolo, il quadro iniziale, ricordate le mani di qualcuno attorno alla ruota di una carrozza? E’ per aggredire Claire che tutto è stato ordito, Murtagh viene messo fuori combattimento, la piccola Mary è violentata da uno dei criminali, e credetemi ero lì che sentivo la rabbia e il dolore scorrermi nelle vene, perché l’estremo oltraggio che si fa ad una donna non è mai di natura diversa, siamo trattate sempre come spazzatura, in qualunque epoca, violate, picchiate, umiliate…Ma la stessa sorte non tocca a Claire, perché la riconoscono, è La Dame Blanche e al pari del nome del demonio, quel riconoscimento fa scappare gli assalitori. La scena è stata girata senza compiacimenti, la regia ha fatto un ottimo lavoro, ma resta lo stesso cruda, terribile, la scena di uno stupro e non è di certo leggera da far scendere giù. Soprattutto perché, di tante persone, ha colpito la piccola Mary innamorata del suo Alex Randall, così romantico. A nessuna donna deve essere mai perpetrato un simile orrore, tanto più ad una vergine. Ad una ragazza. Intanto Jamie riceve i suoi ospiti, tra i quali spicca di sicuro il Principe, di certo il Duca di Sandrigham e poi quell’Alex Randall che non fa fare una piega a Jamie, nonostante la cattiveria del Duca nel presentarglielo e, naturalmente, crudeltà che il Duca usa anche quando invita in casa altrui due suoi amici, Le Comte e la Comtesse de St. Germain. È una cosa che non si fa, è sgarbato e fuori etichetta, non solo è anche rivelatore del carattere del Duca, che è un essere doppiogiochista di natura spregevolmente bassa. Invitare da Jamie il suo nemico. Ovviamente il padrone di casa è all’altezza della situazione e con il principe che si inchina un po’ troppo a Louise e Le Comte che è accolto nella casa di Jared, la serata ha inizio. Claire torna con Mary svenuta e Alex si mette a disposizione della ragazza, mentre Claire si veste per la cena e impedisce al marito di mozzare la testa di St. Germain e di disdire la cena. Dinanzi agli invitati, lieti dell’arrivo della rosso vestita padrona di casa, è solo Le Comte che resta impalato, rigido, nel vederla sana e salva. Un indizio? Facciamo come Claire, calma, respiro profondo e via. Sediamoci con loro alla  cena. Accanto a Claire ci sono gli ospiti non invitati mentre il Principe è di fronte al Duca, come è giusto che sia e dall’altra parte della tavola c’è l’elegante padrone di casa, questa sera davvero più del solito. Guardiamoli come se fosse un quadro: le donne sono splendenti e ingioiellate o perfettamente acconciate,  gli uomini gareggiano per ricami e orpelli, fazzoletti, fiocchi, colori e in mezzo a tutto, uno sfoggio di cristallo, di luce di candele che disegna morbidamente i visi e lo splendore della frutta, lo scintillio delle posate, il brillare delle fiamme. Sembra di poter annusare l’odore del cibo, di chinarsi sulla tavola imbandita, perché non c’è nulla che sia lasciato al caso. Nemmeno le espressioni o i gesti e se guardiamo Monsieur Le Comte che occhieggia di tanto in tanto Claire, capiamo quanto la regia di questo episodio ci abbia catapultati all’interno della scena. Non che sia l’effetto della sindrome di Stendhal a darmi voce, ma ho percepito una immersione più piena grazie ad una serie di inquadrature che invece che porre distanza, mi hanno portato all’interno della scena, nel blu di un rapporto sensuale, del marrone livido di uno stupro o nel giallo fioco di una dichiarazione di amore e, per finire, in questa rutilante cascata di colori che è la cena. Una cena che si rivela estremamente imbarazzante con Louise che umilia il Principe cambiando discorso quando lui ha appena iniziato, con Jamie che fa le congratulazioni ai marchesi per la gravidanza di Louise, con il Principe che “porca miseria” sembra un piccolo imbarazzante ubriacone. La simpatica battuta de Le Comte sul dover tutti portare una pietra che sveli il veleno, al collo, rintuzzata efficacemente da Claire, non ha l’effetto voluto così a lungo: Mary si sveglia e si impaurisce di avere un uomo che non (ri) conosce, vicino. Nonostante Alex faccia di tutto per trattenerla, lei scappa e arriva quasi nella sala da pranzo. Richiamati dalle urla della ragazza, tutti accorrono ed è il putiferio: costretto dalle circostanze, il  guerriero che è in Jamie deve intervenire per non far ammazzare Alex Randall dallo zio e dal promesso sposo di Mary, che trova rifugio tra le braccia di Claire, non ascoltata nelle richieste di smetterla. Jamie e Murtagh sedano a modo loro la questione, dando prova ai raffinati francesi della rude forza scozzese, quando Le Comte mette a segno un’altra volta un punteggio alle spalle di Claire e di Jamie, fa allontanare il Principe con sé e la moglie e fa chiamare i gendarmi. In tutto questo, uno solo se la gode alla grande: Fergus, che mangia e beve come se non fosse successo nulla.

Se pensavamo che la Francia fosse noiosa al confronto delle fangose scazzottate rudi delle Highlands, dobbiamo ricrederci. Le Comte si rivela un avversario in grado di dare del filo da torcere ai nostri due e, soprattutto, la presenza del Duca di Sandrigham rende, al di là di altri crucci, quali Black Jack vivo e la Ribellione da fermare, la vita assai pungente da vivere. Claire e Jamie hanno sopportato dei colpi non da poco in questo episodio, un presunto tradimento, ancora non del tutto smentito, un’aggressione, una cena finita con il probabile intervento della Gendarmeria e, soprattutto, la continua e costante preoccupazione di non svelare a nessuno, nemmeno a Murtagh, perché si trovano lì sul serio. Ed è quello che, invece, ha portato Claire ad una accusa di stregoneria, ad un matrimonio che non voleva e poi li ha condotti da Wentworth fino alla corte del Re di Francia: il fatto che Claire, non dimentichiamolo, è una viaggiatrice, di quelle ballate scozzesi che iniziano con “Duecento anni fa…” e questo è e resterà sempre sia un vantaggio che il suo più grande impedimento ad una vita serena. L’episodio ci ha portati all’interno di una esistenza fatta di inganni e di pesi da levare, è stato un continuo rimando a bugie o presunte tali, a pesi emotivi e talvolta fisici di cui sbarazzarsi, confessioni, bambini inattesi, bambini voluti ma che legano e impediscono, fortezze abbattute e fili d’erba, richieste di aiuto e visite notturne, scontri verbali accesi tra buio e luce e fisici, tra spettatori divertiti o disgustati. Questo episodio ha avuto una corporeità quasi plastica, tessuti e pelle e luce e espressioni, il regista ci ha catapultati dentro ogni scena, è questo che ho vissuto e spero che vi sia piaciuto quanto è piaciuto a me. Un voto alto anche stavolta ad attori e attrici e, se permettete, due meritano un plauso, al di fuori dei sempre perfetti Jamie e Claire, in tal caso sono il Duca di Sandrigham, interpretato in maniera perfetta e Le Comte de St. Germain, cui Stanley Weber regala una credibilità a tutto tondo, mai una sbavatura né una mossa in più. Pur essendo molto bello, questo non gli diventa ostacolo, ma mezzo per esplicitare quanto sia bravo, Le Comte è uno di quelli che arricchiscono una narrazione già perfetta. Lunga vita a Outlander.

Recensione a cura di Cristina Barberis.

2 Risposte a “Recensione Outlander Episodio 204: La Dame Blanche”

  1. Bellissima ed esatta recensione. Adesso la riguardo e me la godrò sicuramente di più….
    Certi particolari sfuggono, solo una mente attenta come quella di Cristina ce li fa notare… perciò mano ai fazzoletti (Con Jaime mi sono commossa) e GRAZIEEEEEEEEEEEEEEE
    un abbraccio

    Luciana

    1. Grazie infinite Luciana 🙂
      Per me è un piacere recensire gli episodi e sono molto felice che questo sia condiviso nel leggerle. Le tue parole mi sono di stimolo e di incoraggiamento e lo dico sul serio. Ti abbraccio fortemente.

      Cristina

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