Recensione Outlander Episodio 112: Lallybroch

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“Portami a casa”.

Tornare a casa, a volte, è un bisogno del cuore, più intenso e più sferzante di una necessità fisica e tale diventa così che appena lo sguardo si posa sulle mura della casa agognata, che sia una capanna, una casupola, una reggia o un appartamento in mezzo a cento altri, il sollievo e la gioia diventano così forti che divengono fisici, tangibili. Il tuffo del cuore è reale, il sangue che corre di più è reale e quel dolore in mezzo al petto provocato dalla gioia è reale. È un ritorno a casa quello che vediamo in questo episodio. Gli antichi li chiamavano Nostoi. Qui non è un greco ma uno scozzese purosangue che torna a casa ma questo passaggio verso il compimento del bisogno del cuore è compiuto con altrettanta liricità. Scritto da Anne Kenney e diretto di nuovo da Mike Barker, “Lallybroch” si apre con due scene altrettanto intense: il fuoco che crepita in un camino, due cani vicino che riposano. L’immagine di una casa calda, abitata e accogliente e quell’immenso blu e verde, che poi è la colonna pittorica portante della serie, delle colline e del cielo e del lago, punte di grigio ferro, spruzzi di blu intenso, un blu fiordaliso che buca lo sguardo e un verde che emerge dalla terra scura. La Scozia nel suo splendore più vivo. La musica, non stanchiamoci mai di dirlo, stupenda, è una versione a cornamuse della sigla e a volo d’angelo vediamo i due viaggiatori che attraversano il paradiso scozzese. Si parla sempre delle gradazioni di verde dell’Irlanda, ma avete notato quante ne ha la Scozia? Non è mai uguale a se stessa! Jamie ascolta Claire che gli parla di cose del suo tempo (aerei che volano così in alto da vedere come vede Dio!) e poi le chiede quanti anni ha e alla risposta di Claire non è deluso, la pensava più giovane, ma avrà sempre 200 anni in più, (o 200 in meno!) anno più o anno meno. E poi, oltre la collina, ecco casa: Lallybroch. Come l’abbiamo immaginata? In oltre venti anni di lettura del libro, conservo la prima immagine che m’è arrivata alla mente ed è quella più turrita e più disadorna di questa dignitosa dimora quasi inglese. Eppure, anche questa, è Lallybroch. Perché è il posto del cuore e dunque è cara quanto una capanna di fango. Jamie però è turbato dai ricordi: l’ultima volta che è stato li  Jonathan “Black Jack” Randall lo ha fatto frustare e ha usato violenza sulla Fraser donna. È questo che Jamie sa. Così la meravigliosa accoglienza di un piccolo Jamie e il sorriso e l’abbraccio di Jenny non placano quel testone perso di Jamie Fraser che aggredisce la sorella senza neppure ascoltarla. Qui la scena è un po’ diversa, Jamie ha i pantaloni, ma l’espediente di Jenny per averne l’attenzione è forte lo stesso sebbene a parole. Quantunque sia sempre stato un pezzo del libro che mi lasciava un po’ infastidita, ho sempre capito Jenny: accusata ingiustamente di condotta immorale, quando si è difesa da Randall come una leonessa, almeno nel libro. Ed ecco che Jamie incontra Ian Murray, l’amico di sempre, che scopre essere il marito di Jenny. La quale però non accoglie altrettanto bene Claire e una volta dentro è Ian che si comporta da padrone di casa con un po’ di garbo. Del resto, i Fraser sono testardi, lo sappiamo, pure se uno ha i colori di Ellen e l’altra di Brian, sono uguali. Ed ecco il racconto di Jenny: all’inizio Black Jack sembra quasi dolce, sappiamo la sua dolcezza di che cosa sia preludio, ma poi ( e la scena è palese!) dopo che Jenny si ribella e tenta la fuga e lui la picchia (ha bisogno della violenza per portare a termine quanto vuole fare altrimenti non può) che cosa succede? Le risate di scherno di Jenny sono terribili per un uomo che non ama le donne. A differenza del libro in cui sappiamo bene perché Randall non riesca, qui Jenny ci lascia un po’ a bocca asciutta e ce la lascia anche un po’ amara perché non è proprio educatissima con Claire, a differenza di Ian che è assai più amabile. Ma Jenny Murray non è una donna semplice, come suo fratello non è esattamente un tipino tranquillo. Conquistata la camera del laird che spetta di diritto a Jamie, questi racconta alla moglie di quando era piccolo e poi di suo padre e inevitabilmente, certo, di come è morto e, soprattutto, perché. Quanto vale l’onore di un brav’uomo? E la sua integrità? È questo il fulcro. Nel terribile racconto che Jamie fa della sua fustigazione, delle circostanze insultanti che l’hanno preceduta, dei dubbi e delle decisioni, il mio stomaco si torceva come una corda messa ad asciugare. Quanto meschino è l’essere umano che rapina quello che potrebbe chiedere, solo perché ha l’impunità delle spalle coperte? Vi ricordate che ci chiedemmo perché non avessero parlato di Brian Fraser durante la fustigazione di Jamie? Perché non era il tempo e, adesso che è arrivato, il cuore ci fa male. Black Jack ha davvero l’anima nera. E dannata. E chiunque provi pietà per lui usa in maniera inutile il suo tempo. Raramente ho detestato personaggi letterari come disprezzo e biasimo Jonathan Randall. Mentre la cattiveria di Laoghaire è stupida, scioccherella sebbene pericolosa, quella di Randall è consapevole, scientifica, determinante. Non è funzionale all’accadimento di un fatto,  è, invece, causa ed effetto. Randall è imperdonabile. Provoca la morte di un uomo rispettabile come Brian Fraser perché si accanisce contro suo figlio, altro che per “il capolavoro”, perché non essendo riuscito con le buone a sodomizzarlo, ora lo possiede così, sangue e morte. E distruzione. Un punto di bassezza tale che non ha uguali. Quella morte di crepacuore, si diceva così una volta, è raccontata da un Jamie desolato, con la moglie ai suoi piedi, nel conforto di una stanza e questo la rende anche più desolata e straziante. Jenny continua a non trattare molto bene Claire, la quale per una volta tanto lascia da parte il suo carattere impetuoso, qualche battuta a parte, e resta tranquilla. Il giorno dopo i fittavoli rendono omaggio al laird e signora nella Festa del Trimestre e con Claire sono molto più gentili gli estranei che la stessa Jenny. Ma Claire non è una che si arrende e mentre Jamie riscuote i profitti, abbonando e chiudendo un occhio, Claire trova il modo di salvare un bimbo dalle percosse, il piccolo McNab. Ed è un episodio importante questo, teniamolo a mente. I festeggiamenti continuano ma Claire non sembra molto ben inserita e la sera quando cerca di dormire le piomba addosso il marito, ubriaco fradicio, come “un elefante”. Il mattino seguente fratello e sorella hanno uno scontro molto Fraser style dal quale emerge che ci sono problemi al Mulino. Jamie va a vedere e nel mentre arrivano le Red Coats. Jenny è lì per avvisare il fratello e lei e Claire riescono a salvare il salvabile e dopo che Jamie riemerge dalle acque, tipo Venere, Adone in questo caso (in tutta la sua prorompente e ferita bellezza), Jenny lo attacca ma poi deve fare dietrofront perché le cicatrici sulla schiena di Jamie sono terribili da vedere. E sono la dolcezza nonché il garbo di Ian Murray che spiegano a Claire, e a noi, chi sia Jenny Fraser Murray. Subito dopo Claire entra in camera, Jamie dorme e lei lo sveglia in maniera decisa a dir poco e seguendo alla lettera un implicito suggerimento di Ian, affronta il marito su quel che sta accadendo. Il giorno dopo, una scena, di enorme impatto emotivo, ci fa traboccare il cuore e capiamo perché Jenny sia così: incolpa se stessa di non essersi concessa a Randall, così il fratello non sarebbe stato picchiato e quasi ucciso dalla fustigazione e il padre non sarebbe morto. Chiaramente Jamie le spiega il suo punto di vista, che è anche il mio e sono certa che sia anche il vostro: l’unico responsabile della morte di Brian Fraser è Randall, che è un diavolo, non un uomo. Fratello e sorella fanno pace, finalmente e tornano vicini. Jenny Fraser Murray non è una donna come le altre. Può farci arrabbiare la sua cocciutaggine, possiamo volerle assestare un calcione nel fondoschiena, ma non la si ignora, mai e quando la si capisce, la si apprezza, non fosse altro che adora suo fratello. Non fosse altro perché è una vera Fraser e come dice Ian con una certa dolce rassegnazione “I Fraser sono così.”.

Quando Jamie dice a Claire perché l’ha sposata (per il suo didietro tondo e la testa dura!) e le dice che la ama (dalla notte in cui pianse tra le sue braccia a Castle Leoch il che tradotto è la notte dell’arrivo) beh…A voi il cuore non si è fermato? La ama da sempre e l’avrebbe lasciata andare, perché lui desidera solo che lei sia felice. E lei? Lo ama! Ecco, questo è un punto di svolta. Claire qui ha davvero sposato la Scozia, Jamie, la sua vita di duecento anni prima. Non di fatto, è successo prima, ma qui, beh qui lo ha ammesso a se stessa. Mi sono emozionata, ve lo confesso.

La scena finale mi ha lasciata col cuore in gola: chi sono gli uomini che irrompono nella residenza del Laird e lo minacciano? E’ un episodio che non esiste nel libro. Non resta che aspettare la prossima settimana! Per farci di nuovo emozionare, perché questi Fraser sono testardi come i muli ma hanno un cuore grande, perché la Scozia di due secoli fa è lontana e affascinante come la più bella Luna di una notte d’estate e perché, ammettiamolo, non ne abbiamo mai abbastanza di Jamie e di Claire!

Recensione a cura di Cristina Barberis.

2 Risposte a “Recensione Outlander Episodio 112: Lallybroch”

  1. Recensione perfetta, io avrei aggiunto solo una piccola cosa: il dettaglio del vaso e lo sguardo di Claire. E’ palese il parallelismo con il primo episodio, la nostra cara protagonista non ha mai avuto un vaso perchè non ha mai posseduto una dimora stabile, ora ne ha uno ed è sinonimo che lì, anche semplicemente accanto a Jamie, è a casa 🙂

    1. Hai ragione 🙂 ottimo spirito di osservazione, si. Il vaso, che non può comprare, che poi nel libro effettivamente invece acquista e sono ben tre vasi, con somma gioia di Frank così che “non metterai più i tuuoi pezzi di verdura tra i miei libri”. Grazie mille per la tua gentilezza.

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