Recensione Outlander Episodio 108: Both Sides Now

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Siamo arrivati al primo giro di boa di questo viaggio, un cammino che ci ha condotti per mano in un altro mondo. Idealmente, infatti, abbiamo varcato anche noi il cerchio di pietre e siamo giunti nella Scozia del 1743, con l’infermiera Claire Randall che è qui in Luna di Miele. Salvo poi ritrovarsi nei  medesimi posti ma non con le stesse persone e in questa nuova vita, violenta, bella, appassionante, pericolosa,  lei è una Straniera, una Sassenach, sull’orlo di due mondi e deve fare una scelta: restare e vivere con il neo sposo, quel ragazzone scozzese così appassionato e innamorato, essendo sua moglie e la guaritrice del clan, oppure tornare indietro da quell’uomo che ha sposato per amore e che per la sua repentina scomparsa sanguina come se fosse stato ferito in Guerra?

L’ottavo episodio si apre con due cartine geografiche, una nuova e una antica, appaiate, una sull’altra, mentre vediamo che la sceneggiatura è di Ron Moore e la regia della bravissima Anne Foerster, colei che ci ha regalato il matrimonio. Ed ora seguitemi, immergiamoci in punta di piedi nei pensieri di Claire che, ci porta dentro alla storia, come sempre. Ci troviamo in una stazione di Polizia, in Scozia, il trillare del telefono e quelle scene successive non lasciano adito a dubbi,  il detective entra e si lamenta col sergente di essere perseguitato…Da chi? Da Frank Randall, di nuovo li per sapere qualcosa circa la scomparsa della moglie. Il detective sembra imbarazzato, non sa come affrontare l’uomo, il sorrisetto del sergente che lo compatisce è prova che Frank è stato li ogni giorno in quelle sei settimane dalla scomparsa di Claire. Sei settimane, un tempo così corto per familiarizzare con qualcuno, se non a forza e così lungo per cercare di riannodare i fili strappati via da una mano invisibile che ci ha separato da colei che si ama. Si, quest’ultimo episodio lo vedremo con il punto di vista di Frank, di Claire e di Jamie. Il  nostro sarà quello che narrerà l’intera storia. Torniamo in ufficio, siamo seduti davanti questo poliziotto scozzese che cerca di annebbiare con l’alcol l’imbarazzo di non affrontare di nuovo le solite chiacchiere. La discussione degenera, il detective dice qualcosa che non  ha nessun senso, che Claire è scappata con il suo amante, l’uomo dell’identikit, quello col berretto e il kilt,  di quella notte di pioggia (bella trovata quella di associare il fantasma alla sparizione, un fatto strano con  un altro strano, perché quando succede l’imponderabile, tutto sembra importante, anche quello che a priori avremmo scartato)e non si può sentire una simile idiozia in silenzio! La reazione di Frank è veemente, in un uomo che rifugge la violenza, uno storico, un  professore, ma questo Frank è un  uomo la cui passione e il cui amore non sono solo verso i suoi libri, lui ama profondamente sua moglie e qui ce lo dimostra.  Il fatto che vesta abiti quasi contemporanei invece che un kilt e che brandisca una penna ( come aveva brandito una pistola in Guerra) non vuol dire che sia da meno di chi usa lo spadone a due mani. Finora è stato strapazzato, povero Frank, dal libro, in cui la sua figura è appena accennata e dalle orde delle fans, che lo vedono se non come un ripiego ma non come “il vero amore di Claire”. Lasciatemi la facoltà di dire questo: Frank non  sarà “IL” grande amore di Claire, ma lui la ama profondissimamente e questo gli rende quella dignità e quello spessore cui ha diritto. Frank Randall è un uomo disperato e in questo momento, con i poliziotti che lo guardano attoniti o al più con  aperta irrisione, trovare la dignità per non sfasciare tutto, restare nella legalità, perché nel suo tempo è così che funziona, ci vuole una forza d’animo enorme. Si, Frank Randall merita almeno l’onore delle armi, giacché cadrà sotto la scure di quel meccanismo impietoso che ha portato via sua moglie da lui e che, suo malgrado,  nonostante il suo amore, l’ha condotta da un  uomo che ella amerà. Di più. Ma mi fermo qui. Continuiamo con l’episodio.  Che si sposta, adesso, sulla donna amata e cercata e sul suo neo sposo. Qui il nostro punto di vista saltella come una capretta montana, diventa quello di Jamie. I due sposini in “luna di miele” stanno mangiando, nella splendida brughiera scozzese, quando Jamie, nella sua innocenza, nella sua baldanza di uomo innamorato, chiede a colei che ama ( e della quale si fida assolutamente, del resto lei è quella vedova che lo ha amato davvero nella notte di nozze, giusto? Perché non dovrebbe fidarsi di questa donna coraggiosa e limpida? Jamie non è uno sciocco, sa che Claire ha delle ombre, ma probabilmente pensa che lei non nasconda che cose del tutto sue. ) ecco le chiede se quello che succede tra loro, quell’intesa perfetta, quel sentirsi così attratti verso l’altro, sia normale. Claire è costretta dalla sua onestà a dire che non è usuale, non è normale. È un’intesa che succede poche volte. Qui siamo Jamie e ci sentiamo scoppiare il cuore dal piacere di questa risposta, lei è più esperta in certe faccende, se dice che va così, va così. Una freccia attraversa l’aria in questo cielo livido che promette pioggia, Jamie  fa sdraiare Claire  e sfodera il pugnale, ma la freccia è di Hugh Munro, un vero amico di Jamie, un personaggio che se nel libro è raccontato come un mendicante piuttosto strano, non bello, qui è più atletico, più “pulito” e meno rude, anche se ha la stessa caratteristica di parlare un suo linguaggio del tutto avulso dal resto. Jamie raccoglie notizie da Hugh e ne scambia, in quel linguaggio dei gesti, perché, come spiega a Claire, Hugh non può parlare, gli hanno mozzato la lingua i turchi, oltre ad altre torture, quando fu catturato su una nave e non volle abiurare la propria fede. Questo gli da diritto di mendicare in più parrocchie, con le gaberlunzie, un permesso speciale guadagnato sul campo, giacché un mendicante poteva chiedere l’elemosina solo nella sua parrocchia. Torniamo al nostro trio che festeggia davanti ad una fiaschetta e Hugh, che è un uomo gentile, regala a Claire un pezzo di ambra con una libellula dentro (Dragonfly in Amber). Hugh parla a Jamie di Horrocks, un personaggio che, per Jamie, ha un certo rilievo. Qui i due non si danno tutte quelle  pacche sulla schiena che si scambiano nel libro ( e che Claire nota parlando della resistenza al dolore degli uomini) ma è Claire che fa qualcosa di bello, da un  bacio sulla guancia a Hugh, che si congeda, in cerca di altre notizie. Jamie spiega a Claire succintamente chi sia Horrocks e le fa quella piccola dichiarazione di intenti che è di una tenerezza incredibile: poter tornare a casa, con Claire Fraser, sua moglie, la Signora di Lallibroch. Non dimentichiamo che la taglia sulla testa fa di Jamie un esule. La tenerezza per questa dichiarazione sfuma in  un abbraccio, che pone Claire dinanzi alle due fedi, quella di Jamie viene abbassata ed eccoci davanti ad un’altra fede nuziale, alla mano di Frank.  Piccola digressione: la regista è quella del matrimonio, capacissima di tenere più fila aperte nell’altro episodio, con diversi piani narrativi e qui è concentrata su due soli piani, che si intrecciano e si aprono, di continuo, uno nell’altro. Un vero talento. Torniamo da Frank. È nella casa del reverendo Wakefield (personaggio che adoro sia nel libro che qui, nella serie tv) e stanno discutendo su Claire e del fatto che la Polizia non ha voluto considerare che Claire potrebbe essere finita nel fiume, riparata in una grotta…Il reverendo le tenta tutte. Invano. Ed eccolo, il piccolo Roger! Che tenerezza! Che cosa ha pensato Frank guardandolo? Lui che vuole una famiglia sua con Claire, quella donna che è scomparsa nel nulla? All’offerta di una tazza di tea caldo da parte della governante del reverendo, Frank dice che ha bisogno di qualcosa di più forte, non vuole compagnia e scivola nella notte a bere al Pub. Del resto, come si affronta l’angoscia di combattere contro l’imponderabile? Quando mai le persone scompaiono così, che non se ne trova più la minima traccia? Qui è agganciato, è il caso di dirla così, da una donna, che gli dice di chiamarla Sally, non è il suo vero nome e gli offre la possibilità, dopo mezzanotte, di avere notizie dell’uomo dell’identikit e di portare quindi i soldi della ricompensa. Frank chiede di Claire, ma la donna gli gela le speranze. Si parla solo del presunto rapitore. La donna va via, lui continua a bere e bevono anche davanti al fuoco gli uomini del clan, mentre Rupert racconta una delle sue storie. Quella sui cavalli d’acqua e Dougal se ne sta da solo più oltre e gli sposi per conto loro, a scambiarsi carezze quando i cavalli diventano nervosi, tutti si rendono conto che qualcosa non va e di li a un momento arriva Murtagh versione angelo custode, gli uomini del clan pur fingendo che tutto vada bene, Rupert intanto continua a parlare, iniziano ad armarsi e Jamie intima a Claire di non muoversi e restare a terra quando lui glielo dirà ma a scanso di equivoci la arma. Ed ecco Jamie lancia il segnale, gli uomini della spedizione sono attaccati, si battono valorosamente, Dougal e Jamie su tutti, anche se la classe di Ned Gowan nel salvare la pelle a Dougal con un colpo di pistola è encomiabile e tutto finisce di li a poco: sono stati attaccati dai Grant, da Malcom Grant e dai suoi figli cui sei settimane prima i McKenzie hanno rubato il bestiame. Il bottino è esiguo e nessun morto nei McKenzie. Ed ecco Frank, passiamo di nuovo al piovoso 1945, che si reca all’appuntamento. Una trappola, il nostro storico viene aggredito e si difende con una forza e una veemenza che non si addice ad un professore di Oxford, non è così? Ma nessuno è mai bidimensionale, nemmeno un  uomo che la disperazione sta rendendo più duro. Vi ricorda nessuno, in questa scena? Nessuno di noi è tutto buono o tutto cattivo, a meno di non essersi fatti ingoiare dal Lato Oscuro della Forza e se Darth Vader ci perdona il paragone, Frank non è Black Jack, ma sa essere molto duro quando la necessità lo richiede. È stato in Guerra, era nell’Intelligence, è letale, se vuole. Purtroppo però quell’aggressione non porta nulla di nuovo a Frank. Il reverendo lo prega di lasciare il lato oscuro e di tornare alla luce e di lasciare Inverness. Gli  dice di accettare che Claire possa essere andata via con un altro e cita Sherlock Holmes, “Uno studio in Rosso” con quell’indimenticabile “Una volta eliminato l’impossibile, tutto quello che rimane, per quanto improbabile, deve essere la verità.”. Vi confesso che ho fatto un  salto, meraviglioso mettere un libro nel libro, poi adorando Holmes e avendo letto tutti i libri di Conan Doyle su di lui, sentirlo citare, Holmes che era un non  credente, da un uomo di chiesa è di una finezza incredibile, è quasi come sentirsi dire: credere è un atteggiamento, è aggrapparsi alla fede o alla logica, ma vuol dire non arrendersi mai. E qualche volta  non arrendersi vuol dire accettare quello che abbiamo davanti. La regista ci porta ad un altro uomo che riflette, Dougal, che affila la sua arma, mentre gli altri cercano il pugnale che Claire ha fatto cadere nella notte ed ecco la risoluzione di tutti: Claire deve imparare a difendersi da sola, soprattutto “se è sposata con un Fraser”. Le insegneranno ad usare lo Sgian Dhu. E mentre Ned Gowan si fruga impudicamente e Claire lo guarda perplessa, ecco che l’avvocato le da il piccolo pugnale e maestro di Claire è Angus, che sembra aver recuperato con Claire un buon rapporto. Stupendi Murtagh che dice “Continuo a pensare che la migliore arma per una donna sia il veleno “ e Dougal che replica “Si ma ha qualche difetto in uno scontro faccia a faccia”. E mentre la lezione continua, tra scherzi e battute (non uccidetelo mistress …) ecco che torniamo da Frank, che fa le valigie. La disperazione è un mostro acquattato nel fondo del cuore, non molla mai e quando lo sentiamo ringhiare, possiamo solo farlo bere e tacitarlo per un po’. Ma la vita continua. Quante volte ci è stato detto? Ed è vero. Oggi, perdonatemi la digressione, leggiamo fatti di cronaca sempre più aberranti e non  parlo dei femminicidi, ma di quei ragazzi che uccidono le proprie ragazze che hanno tentato di lasciarli o che si suicidano. Sapete come mai? Perché non sono stati educati al dolore, non perché debbano essere presi a legnate, no, sto dicendo che il dolore fa parte della vita (“la vita è dolore, chi dice il contrario lo fa per convenienza”. Lo dice un personaggio di un film che ho amato molto,se vi capita, vedetelo, “La storia fantastica”, lo dice Westley a Bottondoro) e dobbiamo imparare a conviverci e poi a lasciarlo all’angolo di una strada e proseguire. Non dimentichiamo il dolore, ci regaliamo una tregua ed è quello che fa Frank, organizzando il suo ritorno a Oxford. Perché il dolore va affrontato, in un modo o nell’altro. Ed ecco, la valigia di Claire, ancora piena. È li. Mentre Frank guarda con dolorosa disillusione la foto del giorno di nozze, Claire fa l’amore con il nuovo marito, che le confessa che non  ha mai fine il desiderio di lei e stanno perdendosi uno nell’altro, sempre più complici, sempre più amanti (ma avete notato, tra le altre cose, le calze di Claire? Quelle del matrimonio e queste? Sono stupende…Si lo so, stavate guardando altro, al prossimo passaggio guardatele, siano rese lodi alla costumista, è favolosa!) quando ecco l’imprevisto. Due Red Coats che li sorprendono e minacciando Jamie con una pistola, decidono di violentare Claire. Ma le lezioni ricevute danno frutto e Claire pugnala il suo violentatore, mentre Jamie uccide l’altro. Scivoliamo da questa tentata violenza ad un altro scontro, verbale, stavolta, la regista è bravissima, intesse, la vedete intrecciare i fili dei due piani, tra Mrs. Graham e il reverendo Wakefield, discutono di Frank e a lui, che arriva, la governante racconta delle ballate e del potere del Cerchio di Pietre di Craigh Na Dunn. Delle persone che si, scompaiono, ma che tornano. Frank decide di non crederci ma ringrazia e sulla porta guarda Roger. Ed ecco siamo di nuovo nel 1743, perché ci si può non credere, ma è così che vanno le cose, le donne viaggiano nel tempo e una di loro è li, sconvolta per essere stata quasi violentata e sconvolta per aver ammazzato un uomo, col marito che le chiede scusa, di non aver capito, di non essere stato attento. Arrivano Dougal e gli altri ed ecco, capiscono che i due inglesi erano disertori e che Horrocks che lo è a sua volta potrebbe tendere una trappola a Jamie e decidono di andare tutti insieme. La spedizione riprende ma Claire, ce lo dice lei, è arrabbiata anche se non sa contro chi e, quando Jamie le dice che deve lasciarla per andare in cerca di Horrocks, lei non reagisce bene. Intanto Frank lascia la valigia della moglie a casa del reverendo, perché non ha senso portarla con sé, perché, in  fondo, Claire potrebbe averne bisogno, se torna. Quella Claire che è arrabbiata con Jamie, con i disertori ma ancor più, nonostante abbia detto, promesso, a Jamie di aspettarlo, perché lui tornerà, ancor più è arrabbiata con se stessa, per aver dimenticato il suo piano di tornare a casa attraverso le pietre. Al suo tempo, da suo marito, Frank. Che quando passa davanti alla deviazione per Craigh Na Dun mentre sotto si sente la notizia della morte del generale Patton (Craigh Na Dun 5 miglia, eh che darei per vederla davvero una scritta così!) resta a pensarci su, il razionale Frank, lo studioso, per poi cedere all’irrazionale (la battuta di Holmes) e tentare. Perché, come ha detto Mrs Graham, poi tornano.

Ed eccola, Claire, che sconvolta da quel che le è accaduto non ha riconosciuto la strada ma che adesso, giacché Willie si è allontanato un momento, si sposta, girovaga e finisce davanti a Craigh Na Dun. È meraviglioso vedere la incredulità, la gioia, l’emozione densa come sangue, che passano sul viso e negli occhi di Claire, che finalmente, adesso, può fare quello che deve fare, tornare a casa, lei che è Claire Beauchamp, Claire Randall e Claire Fraser e mentre non sa chi è, sa che cosa deve fare. Mozzafiato la corsa di Frank e di Claire verso le Pietre, con la musica della danza delle Donne al primo episodio, che si scioglie e si allarga in un sottofondo che diventa un abbraccio ideale, per quella corsa, in cui, quasi per un momento, i fili che la regista ha tirato per l’intero episodio stanno per intrecciarsi, i due piani per incontrarsi. Mentre Frank compie quell’atto di fede verso l’imponderabile e si aggira per il Cerchio di Pietre, piangendo poi quando invoca la moglie, Claire corre verso la possibilità di tornare da lui e, per un solo, emozionantissimo istante potrebbe persino farcela. Le loro voci, che si chiamano, si alzano nella bruma di quel mattino, si “sentono” chiamarsi, ma eccole, le immancabili Red Coats che la portano via. (In realtà nel libro Claire cade nel fiume e le incontra così, non  arriva al cerchio se non in altro, doloroso momento). Frank torna alla macchina. L’emozione, la speranza, è finita. Si torna alla vita “vera”, che non contempla strane sparizioni. Claire è strappata da Frank dalle giubbe rosse, portata da Randall, perché le disgrazie non vengono mai da sole e anche se Claire dimostra di saper tenere abilmente testa a Black Jack, non può certo salvarsi dalla sua violenza fisica e dopo una scena in cui ogni donna violata nella storia dell’umanità ci chiama a guardare con pietà verso di lei, a questo ho pensato mentre la vedevo,  ecco che arriva Jamie, come l’imponderabile, che è il filo che unisce tutta la serie, l’elemento distorcente, il Deus Ex Machina: intima a Randall di lasciar andare sua moglie, puntandogli contro una pistola, arrampicato su una finestra. E tutto si chiude così.

Sapevo che sarebbe stata una puntata intensa, c’è chi parlerà di ritmo lento, io la definirei densa, intrecciata e piena di pathos, di sofferenza, di dolore, derivante dalla rinunce e dalle scelte. La vita di tutti noi è fatta di scelte, continuamente. Dalle più banali alle più profonde. Può esimersi Claire, che è divisa tra i suoi due mondi, i suoi due amori? Può esimersi Jamie, dal compiere la scelta di riprendersi quella moglie che non gli ha obbedito? Può far finta di nulla Black Jack, che ha un’occasione insperata adesso e vuole sfruttarla? Può non scegliere Frank di tornare a casa?Nessuno può esimersi dallo scegliere. Io non lo farò,  continuerò a seguire questa serie, passo dopo passo e se l’attesa è terribilmente lunga, mi consola che Ron Moore ha tratto dal libro di Diana Gabaldon un gioiello. Stilisticamente parlando, come attori, come scenografie, come musiche, come costumi, come fotografia, come registi, come scrittura dell’intero libro. Per adesso, posso solo dirgli tutto il mio commosso, appassionato e sincero: GRAZIE.

Recensione a cura di Cristina Barberis.

3 Risposte a “Recensione Outlander Episodio 108: Both Sides Now”

  1. Mi associo: GRAZIE a tutti i creatori e realizzatori di questo show! E grazie a te per le tue recensioni: in questi giorni ne sto leggendo parecchie – molte sono divertentissime – ma il tuo sguardo così empatico coglie qualcosa in più. BTW anche io ho notato le calze, specie quelle dell’ultimo episodio, sono fantastiche!! Se le mettessero in vendita, magari con quei meravigliosi colli e scialli tricottati, sarebbero subito mie!

    1. Grazie a te 🙂 fa sempre piacere sapere che quel che si scrive è di aiuto, stimolo o solo divertimento…e per le calze e gli scialli *_* la pensiamo allo stesso modo!

  2. Lo scoprirà l’ingenuo jemie la differenze che c’è tra sesso , amore, e bisogno li proverà tutti e tre con mery la serva di jenny proverà il bisogno dopo anni di isolamento nella grotta , con ginevra sesso con ricatto e con claire l’amore!

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