Outlander un Anno Dopo

outlander_nvQualche giorno fa stavo sistemando, per l’ennesima volta, la libreria. Ovviamente, indovinate le mie mani verso quali libri si sono subito dirette? Ripensavo al fatto che è passato un anno dalla prima messa in onda, con la programmazione statunitense, del nostro amatissimo telefilm e, di colpo, mi ha invasa la nostalgia. Che si traduce semplicemente in quel miscuglio di emozioni che si nutre di attesa, si sfama di curiosità e si fortifica di speranza. Sembra che dobbiamo salvare il mondo, vero? In fondo, pensiamoci, ogni volta che ci siamo seduti davanti allo schermo per guardare Jamie e Claire, ci siamo sentiti davvero catapultati a “salvare” qualcuno, Jamie, Claire, o noi stessi. Perché, senza di loro, sarebbe stato difficile ammettere che ci piacerebbe tanto vivere nella Scozia del XVIII Secolo, dove se ti ferisci una mano con una punta di lama devi pregare sette Santi e fare due scongiuri perché non venga il pus e non ci sia bisogno di operare, che non arrivi la cancrena, la setticemia e un altro paio di accidenti per soprammercato, giusto per farti arrivare allegro all’ora del caffè!

Dove se partorisci, oltre che alla Vergine Maria e a tutti i Santi del giorno, è meglio che ti raccomandi pure alla levatrice, ma non scegliertela inglese e in odore di indemoniatura o ti arriverà addosso quella calamità di prete con simpatie per i mezzi di tortura, che è padre Bain, che potrebbe persino trovare il modo di far morire te e il bambino giusto per farti capire chi “è che comanda”.

Dove se è il tuo giorno fortunato, incontri per caso, dopo che ti hanno sottratto alle cure di un ufficiale dei dragoni, un bel pezzo di scozzese cattolico di ventitré anni, alto come una quercia, buono come il pane e forte come un toro. Se ti va male cadi in un agguato e finisci a Fort William, amena località di villeggiatura raccomandata da Sua Maestà britannica Re Giorgio III.

Dove, a stare lontana dai cerchi di pietre, magari ti perdi il divertimento ma ti scoli due pinte di quella buona al Pub locale del villaggetto dove passi, era ora, la Luna di Miele con tuo marito (assicurati che non sia uno storico, per favore!) ma se ti avvicini a un Cerchio di Pietre e hai animo avventuroso (e una scorta di “disinfettanti” diversi dall’aglio tritato) allora fai in modo che sia in uno dei Giorni: si consigliano Calendimaggio e 31 Ottobre!

Dove, se hai passione per i vasi blu, comprane a tre a tre in quel delizioso negozietto che vende di tutto, ma stai lontana dalle foglie di tea, potrebbero dirti cose strambe e, soprattutto, se ti pettini solo alla luce dei lampi, fa in modo che il fantasma entri in casa a scaldarsi le vecchie ossa, è più divertente che rincorrerlo per dieci libri!

Vivere nella Scozia del XVIII secolo, quel Paese verde e blu che si immerge nel mare e svetta nelle cime aspre dei monti ricoperti di erica e di muschio, in cui i cervi hanno palchi di corna che i loro simili di altre parti del mondo se le sognano e gli uomini girano in kilt, che è quell’anticamera alla curiosità femminile che dovrebbe essere messa in ogni buon manuale di bon ton per educande ardimentose.

Dove se capiti bene finisci nel bel mezzo di un raduno dove ci si spaccano ossa e denti per puro divertissement e tu dovrai ricucire, strappare, cavare e dare amichevoli pacche con tanto di sorriso a 32 denti (i tuoi, e fa che restino dove sono) ma se finisci male ecco che arrivi da un sospettoso Laird che ti “regala” il laboratorio di cure di uno che sembrava un adepto delle SS e ti tiene lì al Castello, giusto per capire quando potrà consegnarti senza troppo danno alle autorità locali (leggi “Il tour dei sette roghi per streghe e affini”, è un best seller di quell’anno, ti servirà!).

Insomma, ero lì che ricordavo e ho ripreso in mano il Primo dei Libri di quel vulcano di donna che è Diana Gabaldon e mi sono seduta a leggere. In fondo, quando vogliamo viaggiare, che cosa c’è di migliore di un libro?

A cura di Cristina Barberis.

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