Recensione Outlander Episodio 115: Wentworth Prison

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Ci sono cose che non vorresti fare, frasi che non vorresti dire, atti che non vorresti compiere, episodi che non vorresti mai vedere. Ma questo ci è dato e questo accogliamo, fuggire dinanzi al dolore è da vigliacchi, direbbe qualcuno e Jamie Fraser ci insegna che se non hai paura del dolore, esso non ti fermerà. Siamo arrivati al penultimo episodio della prima stagione della serie televisiva Outlander, tratta dal bestseller omonimo scritto da Diana Gabaldon nei lontani primi anni ’90. Anche se fossimo a questo punto del libro, non ci sarebbe posto che per un nodo allo stomaco e una fitta nel cuore. Vederlo, poi, rende tutto più difficile. Non ho mai sofferto così tanto nel dover recensire un episodio, prima di scriverlo, mi sono posta tante domande, come rendere la violenza deflagrante di certe immagini, in quale modo far percepire il dolore in altre, come diamine spiegare la efferata, abominevole e ingiusta diabolica crudeltà di altre? Poi ho pensato che quando si tratta di argomenti così delicati, la nostra mente è portata da par suo a costruire uno scudo tra sé e ciò che ferisce, quindi vi spiegherò la mia visione, la mia percezione, il mio dolore, così che su quello che è vostro scenda il velo del rispetto.

Scritto per la tv da Ira Steven Behr il quindicesimo episodio è diretto da Anne Foerster, la ricordate? La regista del matrimonio e della notte di nozze. Ho avuto un sussulto quando ho letto il suo nome, mi sono sentita come se un’amica mi tenesse per mano per affrontare insieme l’indicibile che si cela dietro ogni bassezza dell’animo umano.

Il cielo è pulito, l’erba è di un bel verde, la pietra della fortezza è grigia, le prime immagini, quasi l’ultimo tuffo nel positivo ( giacchè il quadro s’è aperto con gli strumenti di tortura) prima di vedere le esecuzioni degli uomini della Guardia. James Fraser e Taran MacQuarrie commentano quel che vedono, a noi non è risparmiato nulla della sistematica, fredda ed efficiente esecuzione di ognuno di loro, dai passi, al collo che si spezza, alle note delle Red Coats che in grafia svolazzante scrivono la sorte dei condannati. Quando tocca a Mr. MacQuarrie ho apprezzato moltissimo che abbia parlato in quella maniera, come ho apprezzato che James Fraser of Lallybroch si sia ribellato giusto per dire come la pensa in merito. Però, non può, legato com’è e circondato di soldati inglesi di sua Maestà Re Giorgio III. Il cuore, nostro e il suo, batte in gola, Jamie sale sul patibolo, sistemano la corda e poi… Il colpo di scena, calibrato, perfetto, inaspettato: a spron battuto arriva l’inglese più odiato di Scozia, il Capitano Jonathan Wolverthon Randall. Fa togliere la corda dal collo di Jamie e in quel momento mi sono chiesta: che cosa pensa Jamie? Si butta per non finirgli tra le mani? No. Lui è James Fraser of Lallybroch, uno scozzese cattolico di 23 anni, alto come una quercia, testardo come un mulo, buono come il pane croccante. E allora, mi dico, a che cosa pensa? A Claire. Magari gli frulla l’idea che se resta vivo, può rivedere Claire. In fondo, finché c’è vita c’è speranza. Dicono.

Jamie incatenato in uno dei sotterranei mangia con avidità il pasto che gli viene portato mentre cerca di liberarsi di catene che nemmeno Godzilla staccherebbe, non sa che “l’amica di famiglia, Mrs. Beauchamp” è da Mr. Fltecher a implorare di poter vedere il condannato, per portare alla famiglia di lui un conforto del congiunto prima che sia tardi. Qui mi sono detta: che stomaco ci vuole per trattenere le parole, per farne salire alle labbra altre, per non lasciare che un respiro di troppo mandi all’aria tutto? (Avete detto grazie all’uomo che impersona Sir Fletcher? E’ stato vedendo lui in un episodio della serie Doctor Who che Diana Gabaldon ideò il nostro amato James Fraser). Purtroppo Sir Fletcher non ritiene opportuno far scrivere al condannato Fraser una lettera che Mrs. Beauchamp recapiterebbe ma le consegna una scatola con gli effetti personali di Jamie (quello che ha sempre con sé nello sporran) e quando Murtagh solleva tra le braccia Claire, una volta fuori da Wentworth, dopo che la donna ha vomitato il dolore e la tensione, ve lo dico, ho pensato che solo un altro uomo poteva meritare stima dopo Jamie, ed è Murtagh Fraser, è sempre stato solo lui.

Quando proprio pensiamo che Rupert e Angus siano due pesi morti, se ne stanno a bere allegramente e a  giocare ai dadi con altri uomini, loro ci convincono che nessuno scozzese sano di mente con un pizzico di orgoglio è così facile alla dimenticanza di un membro del clan. Ve lo traduco: Rupert e Angus hanno giocato ai dadi con due secondini della fortezza di Wentworth e sono venuti in possesso di informazioni su Sir Fletcher, cosa che Claire mostra di apprezzare. Molto.

Non molto apprezzato da Jamie è l’arrivo di un incredibilmente sorridente Black Jack Randall, che gli brucia dinanzi la richiesta di grazia, sottratta al Duca di Sandringham. Al di là di ogni considerazione sul personaggio, non sono riuscita a non incantarmi dinanzi a Tobias Menzies. E’ un attore strepitosamente bravo. Non un cenno fuori posto, non uno sguardo più compiaciuto, nemmeno un tono sbagliato. Si, certo, hanno a disposizione molti ciak, ma resta incredibilmente bravo. E di solenne bravura è quella ricerca del terrore, che Jamie ammetta di essere stato terrorizzato da lui, che lo sia ancora, così gli concederà una morte solenne, pulita e dignitosa. Perché, gli ha detto, non può salvarlo dalla morte certa. Mi sono chiesta: è davvero questo che vuole? Che Jamie ammetta questo, piegarlo, averlo balbettante ai suoi piedi, o piuttosto, che Jamie lo irrida così da poterlo torturare ancora, che è la sola cosa che gli permetterebbe di intromettersi violentemente nell’anima di questo Scozzese Ribelle? Quello che mi ha colpito, mentre Black Jack parla, è che metà del suo viso è quasi sempre nascosta dall’ombra mentre James Fraser anche nell’oscurità è ben visibile, tutto. Espediente molto fine, molto acuto, molto figurativo. Quasi perfetto.

Nel mentre Claire e il “suo servitore” scozzese (meravigliose le due espressioni da servo beota che Murtagh rifila al sottoposto di Sir Fletcher) cercano invano una mappa per capire come raggiungere Jamie. Quando, all’improvviso, l’inglese ritorna, Murtagh è costretto a stordirlo, prende le chiavi, le dà a Claire: lei cercherà Jamie e lui, legato il servitore di Sir Fletcher, si allontanerà con una scusa per aspettare Claire (e Jamie?) nei boschi dietro la fortezza.

Pausa. Lo so, lo so, ho letto il libro un numero di volte tale che ho perso il conto, ho riletto questa scena la settimana scorsa. Eppure, lo ammetto, credetemi, per un solo infinitesimo momento benedetto ho sperato, ho creduto, che sarebbe andata diversamente. Perché al male inevitabile non ci si arrende mai, si cerca sempre la via di fuga, è il meccanismo che ci tiene vivi. Solo quando siamo senza nessuna via di uscita, allora siamo già morti, pure se fisicamente siamo ancora vivi, perché la nostra mente e il nostro spirito rifiutano la possibilità del non avere scelta.

Claire scende nell’infero oscuro che è la Fortezza di Wentworth e mentre chiede a chiunque, un uomo le dà un’indicazione, che prima di essere geografica, è mentale: Jamie è lì dove la forca è un dono. Ci ha appena detto che essere impiccato per Jamie sarà la parte più piacevole. Il mio stomaco si è contratto. È stato come prendere un colpo, improvviso. La regia dell’episodio è magistrale. Non ci risparmia nulla ma lo fa torcendoci i nervi, con una grazia squisita, come un chirurgo che apre una ferita in suppurazione. Il dolore irradia cocente sui nervi e vorremmo solo che finisse presto, ma, nel mentre, c’è metodo e rigore.

Jamie è lì seduto che medita, arrendersi o no? Se fosse stata una gara di nervi a chi sarebbero ceduti prima? Ed ecco, sotto lo sguardo avidamente attento di Black Jack si alza, e sembra immenso, quando dice che no, lui non si arrende. Lo avete sentito il tono della sua voce? Va giù, è la voce di chi parla con una enorme, ferma convinzione. La voce virile di un uomo che sa che anche se lo aspettano dolore e tortura, non si inginocchierà mai.

Avete fatto caso alle ombre e alle luci generate dalle fiamme? È un continuo spostarsi, un continuo inquadrare ora Jamie ora Black Jack in ombra o in luce e non c’è nulla di lasciato al caso, le ombre e le luci si alternano alle parole, le seguono, le precedono, le sottolineano.

Naturalmente Randall si aspetta quella replica e anzi, ne è quasi sollevato. Perché, diciamolo, vedere Jamie inginocchiato gli leverebbe davvero il gusto di spezzarlo.

Back Jack chiede a Jamie di potergli guardare la schiena, Jamie annuisce e un istante dopo attacca Randall, atterrandolo. Purtroppo nonostante la sua ferocia guerriera non può sopraffare il Marley che è con Randall, che colpisce Jamie, strozzandolo quasi. Black Jack però glielo impedisce. Poi, con una ferocia che nasce solo dal suo cuore nero (“Non lo chiamano Black Jack per il colore dei suoi capelli, Claire, ma della sua anima”) per punizione Randall  spezza le dita della mano sinistra di Jamie, con secchi colpi di martello.

Uno dei dolori più terribili che esistano in natura è quello di un osso che si spezza, perché le terminazioni nervose e i vasi sanguigni si spezzano con esso. Durante la scena della prima tortura mi sono resa conto solo dopo di essere in iperventilazione, completamente contratta.

Anche perché per scrivere le recensioni non mando avanti di un fotogramma, non tolgo l’audio, ho bisogno di sentire e vedere, per raccontarvelo. Capitemi, oggi è stato pesante.

Vedere Black Jack che si fa toccare intimamente, mentre è iper eccitato, lo possiamo serenamente definire sadico nel senso etimologico del termine, ci dà la misura di chi sia quest’uomo. Lui vuole Jamie, lo ha sempre voluto, con tutto se stesso. Ma non mescoliamo gay con depravato, ve lo chiedo idealmente in ginocchio. Black Jack è un sadico depravato, il che non è vero per tutti gli omosessuali, in quanto la depravazione, la crudeltà, non hanno né sesso, né orientamento religioso, né ceto sociale. Black Jack vuole Jamie, non è innamorato di lui, no, ma lo desidera così tanto che se non può averlo come lui lo desidera, non avrà pace. E sappiamo bene quanto quest’uomo non conosca nemmeno che cosa significhi la parola pace. Si fa toccare e mentre Jamie lo minaccia (Io ti ammazzo) Black Jack si domina e lo lascia solo (No, non così.).

Ne approfitta Claire la quale trova la porta aperta (dopo essersi assicurata di avere pronta quella che sbuca all’esterno) e cerca in ogni modo di liberare Jamie, ma, purtroppo, Randall torna e la sorprende.

Il tentativo di Claire di farsi portare via dalle due guardie sopraggiunte è inutile, Randall le manda via con un patriottico “Dio salvi il Re” e seguendo quel filo nero che si srotola dal suo cuore, prima prova a terrorizzare Claire dicendo che la farebbe violentare dall’ottuso bestione, Marley, poi, quando Claire riesce a sorprenderlo e a sbatterlo contro la parete e Jamie uccide Marley, Black Jack arriva al primo dei gradini che scendono in quel baratro cupo che è il suo animo. Per avere salva Claire Jamie accetta di porsi completamente alla mercé di Black Jack il quale, ovviamente, non può che essere se stesso e in una sequenza raccapricciante inchioda la mano di Jamie, martoriata poco prima, al tavolo. La regista è una maestra nel dosare le emozioni e tutto è chiaro e scuro e tutto è cupo e dolente in questo episodio. Per ogni colpo di martello, per ogni sguardo determinato di Black Jack, sentivo il sapore acre del conato in gola. Sono un’empatica, mi immedesimo e soffro. Mi immedesimo e gioisco. Empatica, nel vero senso del termine. Il cuore in gola e le mani intorpidite, ho guardato la discesa di Black Jack nell’antro, dove sta per chiudere anche Jamie. Perché questo è il suo capolavoro: spezzare quello scozzese ribelle per il solo gusto di farlo. Sadico, psicopatico, assassino, Black Jack Randall è uno dei villain meglio riusciti sullo schermo che abbia mai visto, Tobias Menzies è insuperabile. Merita davvero un applauso a scena aperta. Non appena le mie mani avranno smesso di essere rigide.

Come lo merita Sam Heughan, che negli occhi spalancati dal dolore e pieni di pianto, che nelle espressioni di furibondo dolore, che in quei primi piani in cui lo ascoltiamo soffrire, è uno degli attori più bravi degli ultimi anni. Può solo migliorare, il talento enorme c’è.

Siccome non si va all’inferno da soli, non c’è mai fine al peggio. La prova di sincerità richiesta a Jamie per salvare Claire non è farsi inchiodare la mano maciullata, ma baciare Jonathan Randall davanti alla moglie. Uno spregio, un insulto tale, una simile piena vittoria che nulla può uguagliarla, nulla. E mentre Claire singhiozza, Black Jack bacia con autentica passione Jamie, il quale non si rifiuta, non si muove.

E resta fermo nella decisione di mandare via Claire, perché la sola cosa che vuole è che lei sia salva. C’è chi ha detto che Jamie sia stato posto in questa situazione per “colpa” di Claire. Per salvare lei. Permettetemi di dissentire in maniera perentoria: Jamie è condannato a morte e alla mercé di Randall, credete davvero che lui non avrebbe approfittato della circostanza per il suo proprio personale godimento, qualunque esso sia, Claire o non Claire? Lei è solo accidentale, in un piano che è di per sé scellerato. Ce lo ha detto il prigioniero che manda Claire nei sotterranei dove coloro che vi si trovano vedono la forca come una salvezza.

Black Jack porta via Claire ma fa l’errore di parlarle del processo di stregoneria e lei, allora, lo maledice rivelandogli la sua data di morte. Questo è diverso dal libro perché nel libro Randall terrorizzato la colpisce prima che possa parlare e la stordisce, tanto che Claire si sveglia solo molto dopo, da sola e deve uscire dalla Fortezza.

Claire viene spinta da Randall in una botola, tra i corpi dei morti impiccati, da lì risale e dopo aver invocato i suoi amici viene trovata da Angus che la porta in una casa. È la residenza di Mr. MacRannoch il quale, pur essendo un ex spasimante di Ellen MacKenzie, le perle che Claire vuole usare per pagargli degli uomini da avere in aiuto le ha date lui alla madre di Jamie, non ha nessuna intenzione di rischiare sé o la propria famiglia in una impresa che giustamente vede come disperata. L’arrivo di Absalom, mandriano di MacRannoch, con sole diciannove vacche invece di quaranta, suggerisce a Murtagh come liberare Jamie dalla fortezza.

In realtà nel libro Murtagh capisce che mancano le vacche e capisce che cosa ha fatto Rupert tutto il giorno e poi realizza il seguito, ma le fila sono state spostate e seguono coerentemente quanto intessuto sinora.

Che dire ancora? Un episodio che ci sta facendo sprofondare nell’inconoscibile baratro che un essere umano può celare dentro di sé. Ma, a dispetto di tutto quello che ho visto e sentito e sofferto e pianto, riconosco la enorme bravura di Anne Foerster, di Sam Heughan (quando piange, in quell’impercettibile assenso a Black Jack è da straziarsi l’anima) e di Caitriona Balfe. Se avevamo un infinitesimo dubbio che sarebbe stato un episodio indimenticabile, c’è stato fugato. Ora, non ci resta che discendere nelle viscere del dolore. Perché, dopo, si può solo risalire alla luce.

Recensione a cura di Cristina Barberis.

Una risposta a “Recensione Outlander Episodio 115: Wentworth Prison”

  1. L’ho visto tutto d’un fiato, mi ha fatto piangere e imprecare concordo su ogni parola da te scritta,non ci resta che aspettare per vedere come sarà l’ultimo episodio

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